
Albeggiava, s'era incamminata ancor con
quegli sprazzi lunari che lasciavano il posto ad un nuovo giorno; l'aurora in
quella zona aveva un fascino sempre nuovo: il fascino della malinconia, della
dolcezza, della perpetuazione della vita. Entrò in auto, la piccola campagnola
dalle ruote motrici adatte al luogo era sempre in attesa. Partì ad una velocità
moderata, accese la radio e si sintonizzò sulla frequenza preferita. Le
giunsero le note di Chopin, il suo autore classico preferito, il
"Notturno" era dolce e inebriante, proprio quello che le serviva per
lenire il suo cuore ancora lacerato dal dolore. Non sapeva ancora cosa
l'aspettasse, era sempre così quando s'avviava ad un'ora inconsueta. Era a
disposizione, reperibilità assoluta: l'aveva chiesta lei, nel nuovo alloggio nulla la tratteneva,
niente vincoli familiari, sola con se stessa e la sua umanità. Ed era quella
che le dava la forza per la sopravvivenza, era come una linfa che le consentiva
di continuare la sua amara esistenza, diversamente non sarebbe più risalita dal
baratro della disperazione.
Aveva scambiato il turno con una collega,
sarebbe toccato a lei fare il turno di notte in ospedale ma il bambino
dell'amica era ammalato, febbre alta per via della bronchite, e lei, Giovanna,
si era offerta di prendere servizio al posto suo.
"Non pensarci, per me non è un
problema, sai che Ugo è comprensivo. Ceneranno senza di me, il maritino e le
mie due bambine, dopo vedranno un bel DVD e andranno a letto, quando si
sveglieranno io sarò con loro."
Durante la notte era scoppiato un temporale,
mai s'era vista scendere tanta acqua dal cielo, Giovanna ne sentiva lo
scrosciare, un vero putiferio. Pensò con dolcezza alle sue bambine avvolte nel
piumone, la grande era da un passo per diventare donna: le si era gonfiato il
seno ed era comparsa la peluria sul pube. Aveva notato il suo imbarazzo quando
l'aiutava a farsi il bagno e non solo: l'aveva colta mentre si provava un reggiseno.
'Crescono in fretta.' si disse 'Magari fra
un po' mi presenta anche il fidanzato e sicuramente deciderà di truccarsi, poi
mi chiederà il permesso per andare in discoteca. Dovrò sbrigarmela io. Ugo è
troppo permissivo e tenero, non riesce a dire di no alle figlie e neanche a me.
Che perla di marito, non mi posso lamentare, un gran onesto lavoratore e un
uomo sempre innamorato.'
Durante la notte quando era in ospedale come
medico internista, se l'atmosfera era tranquilla, Giovanna finiva per pensare
alla sua vita privata e i suoi pensieri erano sempre benevoli: aveva una bella
famiglia unita e solidale, una vera rarità. Finì per addormentarsi con lo
scroscio della pioggia, si svegliò che il chiarore invadeva la cameretta. Faceva
giorno prima: erano in primavera inoltrata, la stagione del risveglio della natura
ma anche delle piogge. Non vedeva l'ora di tornare a casa, si era ricordata che
avrebbe dovuto accompagnare la più grande delle figlie a scegliersi un nuovo
pantalone, lo desiderava aderente di quelli tanto di moda da indossare con gli
stivaletti alla caviglia, c'era la festa di compleanno della sua migliore amica.
"Signora, " le disse il vigile
urbano "deve percorrere questa deviazione, c'è stata una frana." Più avanzava
e più si rendeva conto che era successo un disastro: la zona era allagata e si
notavano detriti e grossi massi come se pezzi di collina fossero scesi a valle;
giunse in un punto in cui fu costretta a lasciare l'auto e s'incamminò a piedi.
Mentre avanzava con ansia crescente, cercava fra la gente i volti comuni,
quelli della sua cittadina; nulla: non vi era una faccia amica, solo una gran
confusione, mezzi di soccorso e operatori della protezione civile. Non riusciva
ad avvicinare nessuno, erano tutti frenetici, sfuggevoli e molto affaccendati. Giovanna
desiderava giungere quanto prima alla sua abitazione, una casetta a due piani
con il tetto rosso. Era una delizia
collocata in uno scenario paesaggistico invidiabile e la casa era ai piedi della
collina, non proprio sotto, ma guardando dall'altra parte sembrava che la
lussureggiante vegetazione facesse da mantello alla villetta indipendente.
Restò senza fiato, impietrita e non ancora cosciente, le sembrava di vivere un
incubo: la sua casa era davanti a lei piegata di fianco, solo macerie e
nient'altro. Non le pareva vero, tutto le turbinava, immagini, suoni soffocati
e quel silenzio sinistro; le giunsero delle voci ovattate che commentavano la
notizia, sentì che avevano individuato i corpi dei suoi cari. Si buttò per
terra, in mezzo al fango, e urlò un "No" così disperato e fragoroso
che fece eco nel silenzio del disastro, dopo s'accasciò nella melma, si risvegliò
in un letto d'ospedale.
Visse
lontana dal mondo per un lungo periodo, in quell'ospedale la tennero in cura e
le assegnarono una piccola stanzetta che divideva con il medico di turno, era
la stessa che le toccava quando la sua vita era normale ed esercitava la
professione.
"Basta!" Che noia questo film, non potevi scegliere un altro
DVD? Siamo già afflitti dai nostri problemi, dobbiamo farci carico di quelli del
regista e dello sceneggiatore; perché per me chi scrive storie così e le mette
in scena non è tanto normale."
"Ma, Carlo!" esclamò la donna "Il film, come un buon libro, manda un messaggio, sta a noi
coglierlo per riflettere e migliorare le cose. Vedi per quanto riguarda il film
che tratta una storia vera, io penso che quel disastro non sarebbe accaduto se
la collina non fosse stata vittima della costruzione selvaggia degli anni
settanta, il disboscamento lascia via libera alle frane. Spero che quella dottoressa
abbia ripreso a vivere.”
Giovanna entrò in ospedale, non era più il
suo, quello del paese: dopo la sua ripresa interiore s'era trasferita in Africa
e faceva parte dell'organizzazione Medici senza Frontiere. Aveva dato il suo
manoscritto, riguardante la storia della sua vita, a un aspirante regista che
aveva realizzato il film inserendo scene vere che lui stesso aveva fotografato:
anche la sua famiglia era stata portata via dalla frana. Egli era un volontario che combatteva, come lei, contro la disperazione e il dolore della vita sconvolta dall'alluvione. Entrambi avevano
preso la destinazione Africa per mettersi al servizio dei bambini africani affetti
da infezioni gastro-intestinali causate dalla mancanza d’acqua, servizi
igienici e ripari. In quel clima ove si combatte per la sopravvivenza al limite
dell’impossibile, le azioni umanitarie ridanno speranza alla popolazione del
luogo e i medici impegnati nell’assistenza lasciano alle spalle il loro vissuto, per donarsi totalmente a chi vive in condizioni lontane dal nostro immaginario.
Il mantello paesaggistico delle loro radici
era solo un ricordo per Giovanna e il nuovo amico, ora le distese del
territorio africano, che si tingeva della luminosità del cielo, accompagnavano
la loro umanità, unico scopo della nuova vita.