lunedì 21 ottobre 2019

Il ritorno


Un boato improvviso la destò dall’avvilimento nel quale era sprofondata da qualche tempo. Corse fuori e vide altre persone che si spingevano e si dirigevano verso l’uscita di quel residence condominiale. Il percorso pullulava di volti angosciati appartenenti a gente ignota che abitava lì da poco: il grande condominio nel centro cittadino era sorto di recente e tutti gli occupanti probabilmente non si erano ancora incontrati, degli estranei uniti ora da quel frangente inspiegabile e allarmante. La luce dei lampioni rifletteva le loro perlacee espressioni ed Ethel immersa in quel bagno di folla fu trascinata come un automa: le sue capacità reattive erano bloccate dal panico dilagante. Il silenzio era agghiacciante, dopo il fragore, solo movimenti di corpi silenziosi: non si udiva né lo scalpiccio dei passi, né il mormorio delle voci, tutto era assente da suoni.
Ethel frastornata si sedette a un muretto appartato, angosciata e annichilita osservava quella calca umana in abiti desueti che proseguiva il cammino.
“Dove vanno?” si chiese. “Dove sono finita?” pensò stringendo il capo fra le mani.
“Cos’era quello scoppio? Perché nessuno parlava e anche lei non poteva esprimere a voce i suoi pensieri?” continuò ad interrogarsi in un’angoscia crescente.
Solo allora si accorse che quell’abito che indossava non le apparteneva: la variopinta gonna lunga sino alle caviglie non poteva essere sua, detestava le gambe coperte e la blusa con quegli strani fiocchi scoperta generosamente sul seno, dove l’aveva presa? No! Si disse, per un’assurdità inspiegabile si trovava in un altro mondo e non le piaceva, doveva riappropriarsi della sua identità. Rivoleva la sua precedente vita, l’aveva rifiutata per destino avverso, ma ora ...
Ripensò a tutta la sua esistenza, alle subdole manovre del suo prossimo, alle cattiverie infide e distruttive che le avevano obnubilato l’orizzonte un tempo roseo. Ripensò alla sua bellezza genuina, alla sua bravura merito delle naturali capacità, rivolse il suo pensiero al suo uomo pazzo di lei e votato a lei. Troppe frecce al suo arco, constatò, e per chi non ne possiede e si rode, l’unico scopo è quello di impossessarsi della faretra luminosa solo per ferire il suo possessore. La carriera precipitò in seguito a calunnie sparse come la zizzania che ammorbò e avvelenò anche l’amore, e si ritrovò vilipesa e sola, soltanto il vuoto intorno a lei che non ebbe la forza di combattere e precipitò nel buio interiore, rifiutando anche se stessa.
Ethel viveva in quel condominio da poco e non conosceva nessuno, si era stabilita in quella cittadina proprio per tagliare i ponti con il passato, ma non avrebbe mai immaginato che quegli inquilini fossero tutti insani di mente, e il loro abbigliamento retrò lo testimoniava .
Si alzò ... voleva capire, seguì quella muta onda umana e giunse a un baratro, uno squarcio enorme al centro della strada, uno alla volta tutti venivano risucchiati da una forza misteriosa. Lei stava per allontanarsi impaurita, quando sentì due mani poderose che la spingevano, si volse e vide un volto paonazzo che la inorridiva con i suoi occhi schizzati di sangue e l’espressione furente, era terrorizzata, voleva dileguarsi, ma non aveva la forza di opporsi a tanta forza; mancava poco e anche lei sarebbe finita nel tunnel dell’inferno.
“No, no!” urlò e la sua voce si udì finalmente, si girò e non c’era più nessuno, era tornata nella sua camera, nella stanza che dapprima aveva odiato e che ora amava.
Tirò un sospiro di sollievo, si asciugò la fronte; stancamente si osservò nello specchio che aveva davanti e sibilò:
“Ma è stato solo un incubo?”
Guardò fuori, era da tanto che non lo faceva con interesse, e vide una giovane signora che le indicava il vialetto, uscì sul balcone e si accorse di un cucciolo meticcio che guaiva. Aveva la zampetta ripiegata che sanguinava, doveva scendere e correre da quell’esserino bisognoso delle sue cure. Era un veterinario, un ottimo veterinario e il cagnolino non poteva attendere!