mercoledì 30 dicembre 2015

Buon Anno




                                                                   A TUTTI:

A CHI SPERA, A CHI SBUFFA, A CHI POLEMIZZA, A CHI SORVOLA, A CHI PROGETTA, A CHI ATTENDE, A CHI AMA, A CHI VORREBBE AMARE, A CHI CERCA, A CHI E' SOLO, A CHI VORREBBE ESSERE SOLO, A CHI E' IN LOTTA CON SE STESSO, A CHI E' SEMPLICEMENTE IN CERCA DELLA FELICITA', A CHI VA CONTROCORRENTE, A CHI DESIDERA SOLO PACE E SERENITA'.
                                                               BUON ANNO

martedì 22 dicembre 2015

Buon Natale

                 


   AUGURO UN SERENO E FELICE NATALE A TUTTI VOI, AMICI NOTI, NUOVI AMICI E VIANDANTI OCCASIONALI. A CHIUNQUE PASSERA' DI QUI AUSPICO DI TRASCORRERE       MOMENTI LIETI CHE PORTINO LUCE E SPERANZA PER LA NASCITA DI UN MONDO MIGLIORE. SARA' UNA COSTRUZIONE LENTA, MA STRAORDINARIA: DOPO UN PERCORSO DIFFICILE, CIO' CHE SCATURISCE, E' SEMPRE MIGLIORE! E FORSE, FORSE, I PRIMI LUMICINI SI STANNO ACCENDENDO, SONO FIOCHI, MA CI SONO. 
                                UN ABBRACCIO DI STIMA E AFFETTO A TUTTI!
                                                        BUON NATALE!

giovedì 17 dicembre 2015

Rincorrere il passato

                            


  La mestizia del tempo passato, del tempo che non ci appartiene. Esiste una mestizia del passato che vorremmo rivivere in quanto glorioso dal punto di vista affettivo e emozionale ed esiste una mestizia più deleteria quella senile, quel volersi riappropriare dell'aspetto fisico giovanile che per alcuni è vissuto come condizione di benessere fisico e per altri invece, fortunati loro che il benessere lo possiedono ancora,  significa voler tornare alla bellezza giovanile, al fascino dell'attrazione. 
   Ora considerando che spesso non siamo in grado di accettare il presente al quale attribuiamo diversi difetti, in età infantile non viviamo tanti aggrovigliamenti celebrali, tante elucubrazioni: sinché i genitori sono prodighi d'affetto, pensieri negativi non ne nascono, anche quando le condizioni economiche non possono esaudire ogni desiderio, conta l'affetto e la presenza. 
   In età adolescenziale nascono conflitti con se stessi e con il mondo, per cui se dovessimo ricordare quel periodo nonostante la giovane età, forse non vorremmo tornare indietro. Ma vi sono casi eccezionali, il mondo è variegato, vi sono casi in cui il periodo di transizione è vissuto con grande distacco e la percezione di trovarsi al confine fra infanzia e giovinezza è quasi latente. In quel caso sarebbe bello fare passi indietro. 
   Il periodo successivo, la giovinezza, è un'esplosione di sensazioni, di esperienze, di lotte, di emozioni,di creatività, anche di delusioni, tutto procede perché è la giovane età, l'aspetto fisico, il propellente per tornare a galla, per emozionarsi ancora. 
   L'età matura, già bel traguardo, matura nel senso di pienezza interiore, di percorsi compiuti, di esperienze scelte o rinnegate, di condizioni di vita che a volte rispecchiano i sacrifici fatti e altre in cui accade l'impensabile col quale intraprendere una lotta estenuante per tornare a percorrere la strada della vita.
    Ma esiste per un essere umano la consapevolezza dell'accettazione del momento che gli appartiene? Esiste quella gratitudine che lo porti a pensare che ogni stadio della vita è giusto e va vissuto per quello che gli appartiene? 
   La mestizia del passato, la nostalgia del passato, è giustificata quando vorremmo rivivere quei momenti speciali che hanno costellato la nostra vita e soprattutto a quando le responsabilità e sacrifici erano delegati ai genitori: non è facile essere adulti, anche se è quello il desiderio che vive nei giovanissimi cuori. La mestizia del tempo maturo, inteso come il periodo che va sino alla mezza età, è fatta di considerazione del proprio presente che non ha rispecchiato le aspettative, quindi è una tristezza che nasce da delusioni per ogni sorta di esperienze di vita. 
   Ma come dicevo all'inizio, quella più deleteria è la mestizia senile, quella non accettazione del corpo che cambia, quell'accanimento a voler sembrar giovane a tutti i costi, quel ridicolizzarsi con interventi estetici che trasformano i volti in mummie impressionanti, quella goffaggine estetica con look inappropriati. Esiste un comportamento adeguato per ogni età, come esiste un modo per non apparire vecchi bacucchi, ma attraenti signori che possono essere al passo con i tempi senza eccedere in mancanza di buon gusto e tanto altro.   

venerdì 11 dicembre 2015

Il viottolo

                                                                  

   C’era una vecchia strada, polverosa e contorta ricoperta di sassi, era una stradina di campagna che percorreva di nascosto. “Non andare in quella strada non asfaltata!” le ricordava l’amabile zia “Dicono che ci sia uno strano vagabondo accampato fra i cespugli.”
   Giorgia aveva solo quattordici anni e una curiosità fra le più fervide: l’incognita e il rischio la entusiasmavano. Voleva guardare con i suoi occhi, non credeva alle raccomandazioni e la sua avveduta sicurezza la portava a vivere ciò che le suggeriva il cuore.
    Lo stretto viottolo non aveva nulla di attraente, appariva desolato e sporco, l’unica bordura erano ciuffi d’erba incolta e frastagliata da canne filiformi e secche. Ma Giorgia s’immaginava di giungere in un posto bellissimo nascosto agli occhi di tutti, un luogo che voleva esplorare per prima. Quell’anno i suoi erano partiti per un lungo viaggio, non l’avevano mai fatto prima, e poiché quello era per loro il viaggio di nozze mancato per insufficienza di denaro, avevano affidato la loro unica figlia alla cara zia Giuseppina: l’aria di campagna sarebbe stata un toccasana per la loro ragazzina. Nonostante fosse coraggiosa, Giorgia non si buttava allo sbaraglio all’improvviso, lo faceva per gradi, valutava, agiva con circospezione: quell’astuzia l’aveva ereditata da suo padre che non agiva mai d’impulso, era un uomo intraprendente ma accorto.
   La prima volta percorse il viottolo sconnesso per un certo tratto: non proseguì sino in fondo, giunse a metà percorso e si voltò indietro, uno strano fruscio fra le canne l’aveva messa in allarme. Tornò a casa lievemente impaurita, ma non volle menzionare l’accaduto, se accaduto era stato, piuttosto un rumore sospetto che le aveva creato pensieri e paure.
   Zia Giuseppina era bonaria e briosa, la accolse col sorriso festoso e un succulento pranzo, vera prelibatezza di sapori. La tavola in massello di noce era apparecchiata solo per loro due e Giorgia, mentre sbocconcellava le tagliatelle al ragù, fingendo naturalezza, chiese: “Zia, com’è che non ti sei mai sposata?”
   Giuseppina non si aspettava una domanda così privata, ma sorridendo con indulgenza rispose: “Il vecchio zio, mio padre, allontanò il ragazzo che amavo. Nessuno più ha conquistato il mio cuore. Non preoccuparti cara, io sono felice così, ho questa fattoria che dirigo, le mie giornate sono piene.”
   Il giorno dopo la ragazzina tornò alla stradina polverosa e brulla e s’inoltrò, attraverso le canne vide due occhi scuri che la scrutavano, stava per scappar via, quando una voce la richiamò: “Non andartene, fammi compagnia!”
   Giorgia si fece largo fra i cespugli secchi e vide un uomo coperto di sporcizia, con una folta chioma che, ondeggiando al vento, gli copriva il viso anch’esso annerito dalla polvere. Non sapeva definire le fattezze di quella persona, l’unica cosa certa era lo stato di trascuratezza che scaturiva da quello sconosciuto.
   “Sei tu il vagabondo che vive qui?” chiese Giorgia, tenendosi a debita distanza. “Mia zia, mi dice di non venire qua a curiosare.”
   “Io non so neanche da quanto tempo sono qui, non ricordo. Non ho nessuno, questo lo so, ma perché sono qui, non lo so. Ho paura degli altri e mi nascondo. Tu sei la prima alla quale parlo.” Rispose lo strano tipo con voce roca e sguardo ferito.
   Giorgia custodì il segreto e tutti i giorni si recava nel posto celato, per conversare con lo sconosciuto che faceva progressi di giorno in giorno. Capì che era una persona colta, di nobili sentimenti e di bontà di cuore.
Viveva lì da un tempo non definito e si nutriva dei prodotti spontanei della natura dei quali andava alla ricerca, mentre la sua dimora era un cunicolo all’interno di una grotta. Una vita spartana, d’altri tempi, una vita annullata da chissà quali pregresse sofferenze e tribolazioni.
   “Non conosci neanche il tuo nome?” annunciò Giorgia quella mattina “Ti chiamerò Cosimo, ho un cugino che ti somiglia con questo nome.”
   Erano trascorsi svariati giorni e la ragazza pensò di convincere Cosimo a venire da sua zia, glielo voleva presentare e chissà, avrebbe potuto lavorare lì come contadino.
   “Ti ho portato degli abiti che ho trovato nell’armadio di mia zia, andiamo a quello stagno, ti lavi, ti cambi e poi andiamo! Non ti lascio più qui da solo!”annunciò la ragazzina.
   “Sei uno spettacolo! esordì stupita, quando lo vide comparire attraverso le canne. “Pensa un po’, come sarai dopo aver tagliato i capelli? Andiamo, farai un figurone!”
   Giuseppina, si portò le mani al volto, non credeva ai suoi occhi, la sua faccia sorridente si bagnò di lacrime e singhiozzava come se avesse visto un redivivo che credeva sepolto in un luogo oscuro.
   “Fratello mio, non ho saputo più niente di te. Papà mi aveva detto che eri morto in Africa, in un posto segreto durante un safari con i tuoi amici. Che grande pena! Ho passato anni di tormento!”
   Cosimo, come in un lampo si riappropriò della sua memoria che giungeva a fiotti lenti e poi improvvisi e rievocò quei momenti. Si vide con suo padre durante un alterco, uno scambio d’idee, stava difendendo Mattia, il fidanzato di Giuseppina, un bravo ragazzo con l’unica colpa d’essere povero, quando suo padre per farlo tacere lo colpì sulla testa con un bastone. Ricordò d’essere fuggito come un animale braccato e di essersi svegliato in quella radura nascosta nei campi e lì era rimasto sino all’arrivo di quella curiosa nipotina. Ricordò la ferrea disciplina del padre, la sua chiusura mentale, l’imposizione dei suoi comandi e l’assoluto assoggettamento di Giuseppina.
   Si abbracciarono e si guardarono negli occhi, il tempo avrebbe sciorinato le loro confidenze, il tempo avrebbe lenito i dispiaceri e steso un tappeto nuovo su quell’esistenza recuperata.