giovedì 27 settembre 2012

Il Camminante

      

   Un Incontro Nazionale politico, premetto che non ho mai partecipato in passato a tali manifestazioni, un incontro con una tre giorni di spunti riflessivi inframmezzati da una serata dedicata ad una rappresentazione teatrale e da un'altra impastata di satira politica davvero interessante per la qualità dell'intervento.  La rappresentazione teatrale si è svolta con un monologo interpretato da un bravissimo giovane attore, il cui regista ha messo in scena uno spettacolo che ha preso il via l'anno scorso in memoria di un attivista poeta "Arturo Giovannitti", noto a noi per il Premio Nazionale di poesia a lui dedicato. La storia, di quest'uomo di cultura, accadde in un contesto socio-economico simile ai giorni nostri: dopo un secolo, l'evoluzione dello scorrere del tempo non ha cambiato le cose e il lavoratore continua ad essere sfruttato e a combattere il disagio della crisi. 
   Giovannitti, anche appartenendo ad una famiglia benestante, fu dalla parte dei più deboli, degli ultimi diremmo e si impegnò nelle lotte operaie. I genitori a tale scopo per allontanarlo, all'età di diciassette anni lo inviarono in America dove completò gli studi umanistici intrapresi in Italia. Giovannitti oltre oceano partecipò ugualmente alle lotte operaie, aderì alla Federazione Socialista Italiana e in seguito al Sindacato Rivoluzionario; fu editore e grande oratore in difesa degli operai. Durante uno sciopero fu uccisa una sedicenne operaia tessile e lui, assieme ad altri due organizzatori, fu ritenuto responsabile dell'accaduto, venne processato e poi prosciolto: riuscì a convincere la giuria fornendo un'accalorata autodifesa, un monologo in perfetto inglese passato alla storia come un inno di civiltà che esaltava le lotte lavoratrici. 
   La rappresentazione teatrale è intitolata "l'Autodafè del Camminante" ed è tratta da "The Walker" (il Camminante), scritto da Giovannitti durante i mesi di permanenza in carcere. La recita comincia con il rumore dei passi sopra la testa dell'unico interprete, rumore di tacchi pesanti che scandiscono il tempo come una goccia insinuante e penetrante che ricorda il luogo e l'accusa ingiusta. 
   In difesa dell'intellettuale si mossero le associazioni di mezzo  mondo, ma fu con la sua celebre oratoria che convinse la giuria, infatti nel monologo verso le ultime battute Giovannitti sottolineò l'importanza della cultura, dicendo: "Se non avessi avuto cultura, non avrei potuto difendermi allo stesso modo."
   Giovannitti continuò a impegnarsi nelle lotte operaie e successivamente si adoperò per la causa di Sacco e Vanzetti, due lavoratori anarchici ingiustamente accusati e purtroppo finiti ugualmente sulla sedia elettrica. 
   Perché mi ha colpito quest'intervento culturale? Primo per la bravura dell'attore e secondo per la storia facilmente rapportabile ai giorni nostri, infatti il regista nell'intervento iniziale ha sottolineato la similitudine con l'attuale momento di crisi e sfruttamento dei lavoratori. Ancora una volta l'uomo non impara dai suoi stessi errori: la storia si ripete. 
   A quell'epoca giunse la crisi del '29, poi la seconda guerra mondiale e dopo circa vent'anni si poté assaporare il benessere, ora quanto dovremmo attendere? L'uomo crea, ma disfa a velocità supersonica. Il titolo dell'opera lo trovo così allusivo: ne abbiamo di passi da compiere! 

mercoledì 19 settembre 2012

Patologia affettiva


            

   "Ma dai cosa vai a pensare, diamine non cambi mai!"
   Si alzò di botto, si dette una sbirciatina allo specchio: a quella non avrebbe mai rinunciato, l'immagine, la cura dell'insieme di una persona erano essenziali per lui; aveva portato avanti una professione proprio per quella cura estetica dei particolari  e constatò che era piuttosto gradevole, allora uscì di casa in tutta fretta, così come era entrato. Paola, sua madre, lo conosceva, sapeva che sarebbe tornato; lei quando gli insinuava il dubbio e gli comunicava una notizia, inizialmente otteneva un effetto di incredulità, poi Dario ci ripensava e tornava concludendo che in definitiva doveva esserci un fondo di verità. Paola sapeva che anche questa volta il suo bel figliolo sarebbe tornato molto presto, anzi prestissimo.
   Fuori cominciò a sibilare un vento gelido, non c'era prima, e Dario si urtò per quel cambiamento climatico, gli scompigliava i bei capelli brizzolati; aveva quarant'anni ed erano spuntati i primi fili grigi da un bel po', servivano a conferirgli un fascino maggiore. Era un single ostinato e per ovvie ragioni non gli importava: si godeva la vita. Il lavoro nel mondo della moda, era il curatore delle sfilate più importanti, lo metteva in contatto con donne di ogni bellezza; non gli interessavano le modelle, troppo giovani e troppo secche, questo diceva; il corpo femminile doveva essere per lui in carne, rigoglioso e maturo quanto lui. In quel mondo, comunque, fare incontri non era difficile, la moda attrae molte donne, per cui ogni sfilata lo portava a intraprendere nuove conoscenze o a rinsaldare le precedenti; quando intraprendeva una nuova relazione, interrompeva le antecedenti, detestava la promiscuità sentimentale ed esigeva lo stesso dalla sua patner. 
   Dario cominciò ad infastidirsi seriamente per quel vento, aveva lasciato l'auto parecchio distante: quel giorno aveva sentito il bisogno di fare quattro passi in più; la casa della madre era dal lato mare di quella cittadina che si era sviluppata più a ridosso della collina, erano rimaste solo le vecchie dimore affacciate sul lungomare; sua madre aveva preferito abitare da quel versante per respirarne lo iodio: era una marinaia mancata. Dario ricordava ancora le traversate in barca a vela quando, da piccino, Paola lo conduceva con sé durante le sue imprese folli; ma sua madre era così, essendosi separata dal marito, che aveva preferito stabilirsi in Sud America, le decisioni le prendeva da sola e nessuno le teneva testa, tanto meno i suoi nonni che non avevano voce in capitolo. 
   Dario si fermò un attimo, si appoggiò alla balaustra del muretto affacciato sul mare, osservò lo specchio d'acqua increspato dalle onde, a tratti scorse il fondale e le rocce ricoperte di alghe, la schiuma marina che ricopriva ogni cosa interruppe quella la visione e come in un flash lo riportò indietro di qualche anno, a quel giorno in cui, nonostante gli avvertimenti materni, gli crollò il mondo addosso.
   "Non tornare a casa, resta ancora un po' qui con me!" raccomandò Paola. Dario s'innervosì e sfoderò una serie di parole contrariate: quella madre l'aveva scocciato seriamente, non ce la faceva più, doveva mettere un freno a quell'intromissione nella sua vita. Si tirò con foga l'uscio della casa materna dietro le spalle e s'avviò a grandi passi verso la sua abitazione, verso il nido dell'amore, come l'aveva soprannominato la sua dolce Angela. Quanto l'amava! Doveva sposarla: lei era diversa dalle altre, lei era speciale; casa e lavoro, casa e amore per lui. Decise all'improvviso, doveva farle una sorpresa, di solito le telefonava: "Amore, sto arrivando." Questa volta no, voleva sorprenderla con un bouquet di girasoli, i suoi fiori preferiti. Immaginava già il suo bel sorriso, immaginava che poi sarebbero finiti a letto, immaginava e già la desiderava: mai donna lo aveva coinvolto così! Interruppe i suoi ricordi, ancora gli procuravano lacerazione al cuore, del resto, si disse, anche avesse dato ascolto alla madre, non avrebbe saputo, avrebbe portato avanti una storia improntata sull'ambiguità, e questo lui lo detestava. Forse avrebbe dovuto tener conto del fatto che Angela non era piaciuta da subito a sua madre che aveva espresso parere negativo: la ragazza non le sembrava sincera per via dei suoi occhi oscuri.
   Ma i ricordi dolorosi non si cancellano e Dario si rivide in quella camera da letto, alcova di un amore che credeva tale. Lei era sul loro talamo con uno sconosciuto, era avvinghiata e gli mormorava frasi di piacere. Li cacciò via e sprofondò in un'apatia pericolosa, sua madre lo trovò incredulo e molto irritato, occorse del tempo per riportarlo alla normalità.
   Seppe di un amico, di un caro amico che era in fase terminale; la notizia fu una doccia fredda che lo riportò in vita, si disse che lui aveva la salute e che c'era ancora tutto un mondo fuori che lo attendeva, ma mai più avrebbe annullato se stesso per amore anche dopo quella tremenda delusione. Ora non aveva una storia seria: non ne aveva più avute e allora perché la madre lo metteva in guardia?
   "Ma Dario non mi riferivo alle tue storie sentimentali, guardati le spalle dalla nuova arrivata, vuole scavalcarti e non ha un briciolo del tuo talento. Questa città non fa per te!"
   "Come fai ad essere così informata, dimmi come fai?"
   "Intuito materno, tutto qui!"
   Lui invece sentiva che si poteva fidare: ormai lo conoscevano, sapevano della sua professionalità. Era vero che quella volta Paola aveva subodorato la verità, ma non poteva essere sempre così, nonostante tutto, dopo essere risalito dalla china, lui credeva ancora nel genere umano. Se ci pensava, però, a sua madre non gliene andava mai bene una, intendeva di donne, come se avesse timore di essere accantonata. Dario rischiava di terminare la sua vita in solitudine, anche se questa volta riguardava il lavoro; comunque non credeva fosse, la tal Lorena, un'arrampicatrice sociale, lui era convinto che, per il fatto che fosse solo una donna, era vista da sua madre sotto una luce diversa.
   Lorena invece stava tessendo una tela ai danni di Dario, ormai credevano solo a lei e le proposte di lavoro si diradarono, quasi nessun stilista lo cercava più.
   "Te l'avevo detto." esordì Paola "Ma tu non mi credi. Dai, pianta tutto e andiamocene via da questo posto. Io ho già un acquirente della casa, tu ed io ci trasferiamo all'estero. Avrai altre chances ed io mi occuperò di te."    
   "Mamma questa è una faccenda che devo risolvere senza i tuoi consigli, non sono più il tuo bambino!"
   Dario l'aspettò all'uscita della sua abitazione, era furente; Lorena quando lo vide fece un cenno di assenso, non fu infastidita anzi sembrava quasi che non vedesse l'ora di parlargli.
   "Era ora!" esclamò "Ascolta, io in quattro e quattr'otto ti restituisco il tuo buon nome e restituisco anche quei soldi alla tua cara mammina. Sta a sentire, fila lontano, cambia aria, tua madre ti scava la fossa, ti vuole tutto per sé. Falla curare, caro collega."
   Il Central Park era molto frequentato quel pomeriggio, il polmone verde di New York era un'oasi irresistibile e Dario dopo la pausa lavoro vi faceva una capatina per ossigenarsi un po', prese il telefono e comunicò a Lorena che quella sera avrebbero fatto un salto nella Little Italy: aveva voglia di un piatto di spaghetti. La vita era davvero bellissima senza la "cara" madre troppo onnipresente.

   (Vi sono genitori che, per affetto morboso, impediscono la crescita interiore dei figli e vi sono figli che si lasciano condizionare.)

mercoledì 12 settembre 2012

Riflessioni di lettura


                            



            “Mani Calde” di Giovanna Zucca (Fazi Editore, 2011)


   Un titolo dal significato importante: “Mani calde”. Un titolo di un libro d’esordio, un titolo che analizzato fa pensare ai sentimenti che trasmettono: il contatto tattile caloroso è sinonimo d’amore e in questo libro scopriamo che l’umanità è nascosta anche nei cuori che fingono un’algida distanza.
   La storia unisce un bambino colpito dal tragico destino di un incidente che vorrà condurlo nel baratro della morte; morte che, per caparbia volontà e grande professionalità, verrà strappata da un chirurgo ritenuto da molti un burbero senza cuore che si crede il Padreterno. La storia porta sul parallelo due esseri umani bisognosi l’uno dell’altro.
   Davide ha soli nove anni quando, nel breve tratto che lo separa dall’abitazione al negozio, finisce in coma a causa di un incidente stradale, la sua vita è appesa ad un filo, ma egli trova la forza di comunicare mentalmente col dottore burbero, soprannominato “cafone” per via del suo gergo triviale e il più delle volte crudele con i suoi colleghi di lavoro. Davide stabilisce il contatto mentale con il primario che  avverte la sua presenza: il bambino riesce persino a stringergli una mano e a guardarlo con un solo occhio. Il medico diviene così pian piano una persona umana che si scioglie alle tenerezze della vita. Nasce un innamoramento reciproco fra ragazzino e medico, un rapporto speciale che va al di là del verosimile. Il dottor Bozzi, da sempre ostile ai sentimenti, perché privato degli stessi durante l’infanzia, cambia atteggiamento e segue gli insegnamenti del piccolo che con la mente gli dice come comportarsi. Il dottore, stacanovista e irriconoscente con la sua equipe, si addolcisce e cambia il suo modus vivendi anche con la sua donna, una prostituta, che lascerà il mestiere per amor suo; ma non solo il dottor Bozzi, che rifiutava di conoscere l’unica figlia avuta durante un rapporto occasionale, scoprirà l’amore paterno. Il miracolo si compie durante il dialogo silenzioso fra il medico e il ragazzino che dopo una serie di interventi straordinari tornerà alla vita.
   Una storia narrata con una fluidità avvincente, con un’abilità appassionante, un libro in cui i personaggi parlano in prima persona e per ognuno di loro il linguaggio corrispondente. Questa è una tecnica narrativa molto interessante che fa calare il lettore nella storia senza stancarlo, ma lo prende per mano e lo conduce sino alla fine.  

lunedì 10 settembre 2012

La vita continua

                 


   Non si penserebbe mai di dover andare incontro a emozioni tanto diverse, non si penserebbe mai di dover conoscere momenti del tutto inaspettati che potrebbero coglierci impreparati, facendoci crollare il mondo addosso. 
   Diamo tutto per scontato, come se la vita dovesse scorrere nello stesso letto placido, irrorato da una sorgente d'acqua fresca; invece tutto accade o potrebbe accadere e quella vita che ci sembrava smorta, proprio perchè scontata, vorremmo riaverla con tutti i suoi colori spenti che ora sarebbero vivi. 
   Dove mi porta questo elucubrare, dove? Siamo lì e viviamo di progettualità, ci pesano, chissà? Ci muoviamo, siamo reattivi per quanto lo desideriamo, vorremmo alleggerirci di quelle progettualità che incombono e ci diciamo che ci piacerebbe fare altro: sempre la stessa musica. Poi... giunge una notizia inaspettata, mai avremmo pensato, mai avremmo voluto pensarla e perché avremmo dovuto? E a quel punto il mondo che ci appariva ingombrante, perché vedi caso ci tocca sempre farcene carico, diviene un macigno che opprime il cuore e quel cuore fa fatica a pompare sangue, quasi vorrebbe smettere di farlo.
   Ci guardiamo intorno e ci chiediamo dove sia la giustizia soprannaturale, perché tocca sempre ai giusti, ai mansueti, ai timorati di Dio, scomparire assurdamente e atrocemente dalla scena della vita, perché? Perché le carogne umane sopravvivono? Poi... si fa strada una voce, una flebile voce che ci ricorda che anche chi avrebbe potuto scegliere ebbe, invece, un epilogo drammatico e crudele. Secondo queste conoscenze il passaggio doloroso è riservato ai migliori, come una sorta di privilegio per conquistarsi un posto speciale per sempre. Difficile da comprendere, molto difficile. Chi vive intorno e soffre non ce la fa, non ce la fa ad assistere impotente e le domande si accaniscono e sfibrano fino all'inverosimile: la rassegnazione dilania il cuore.
    Forse un giorno avremo le risposte, per ora ci tocca ogni volta rialzarci e proseguire il cammino: chi nasce e chi c'è, ripone le speranze in noi che per quanto provati non possiamo ignorare quella vita che continua!

domenica 2 settembre 2012

Ripresa

        

   Sono stati giorni di stasi: l'estate, con le sue priorità, allontana dalle normali passioni. Ma non averle coltivate, per esigenza di cose, e averle portate nel cuore come qualcosa di vitale, forse ha causato quella sorta di mancanza svilente che va al di là della gioia d'evasione. La pratica costante stimola la naturale inclinazione, mentre la ripresa, dopo un periodo eccessivo di allontanamento, risulterebbe non immediatamente facile e potrebbe creare per alcuni quella sensazione di mancata credibilità in se stessi. Tipo: "Non ho più idee! Ho un vuoto mentale! Dove trovo la scintilla dei giorni passati?" 
   Per continuare a scrivere occorre esercitarsi, fosse anche per mettere nero su bianco di scontati pensieri, come quelli appena enunciati. In definitiva, in questo momento, tento l'approccio all'esercitazione ed è bellissimo. Credevo di immergermi totalmente nell'estate ma non ci sono riuscita completamente: non è facile chiudere l'accesso alle idee e al fatto che per ricordarle, occorre vederle scritte per apportare quei ritocchi così necessari e appaganti. 
   Un pittore, uno scultore, un musicista, insomma un artista si comporta allo stesso modo: abbozza, smussa, perfeziona e contempla, poi, l'opera nelle vari fasi. Essi sono soddisfatti durante tutto l'iter creativo e alla fine anche esausti, non avvertono la stanchezza ma una grande gioia, una pienezza che forse tutti i diversivi non avrebbero procurato. Certamente occorre integrarsi nella solarità estiva: inverni grigi e freddi ci hanno tenuti al chiuso circoscritti nei medesimi metri quadri. Ma forse si può, come nel mio caso, sdraiarsi al sole e mettere giù qualche pensiero anche su di un block notes; ad un pittore, invece, un cavalletto mobile sarebbe utile per dipingere la natura che lo ospita, mentre un musicista dovrebbe avere uno strumento di riferimento in ogni luogo.
   Dicono anche che lo stacco temporaneo sia benefico per la ripresa e che porti nuove idee e nuovi stimoli. Spero sia veramente così, per cui mi auguro che ora io sappia farlo un tantino meglio, vedremo. Per ora sono felice di lasciare queste mie righe per continuare ad augurare "Buone Vacanze Settembrine" ai tanti che preferiscono settembre per ritemprarsi e non hanno torto: è il mese più tranquillo, meno caotico e, perché no, meno dispendioso, fattore non trascurabile in questo momento in cui i luoghi vacanzieri hanno avuto un calo di frequenze abbastanza significativo. Buone Vacanze ritardate quindi agli amici di sempre, che tesori: meriterebbero un premio fedeltà per il loro minuzioso ed esauriente pensiero che leggo sempre con tantissima attenzione. Altrettante "Buone Vacanze Settembrine" a coloro che passano, leggono e non entrano, peccato: è bello fare nuove conoscenze, fosse anche per scambiarsi un "Ciao". Poi vi sono coloro che non commentano perché ritengono non interessante il post del momento, ecco mi sarebbe piaciuto o mi piacerebbe conoscerne le motivazioni: è importante per migliorarsi, anche in uno scambio verbale vis a vis la sincerità discreta è stimolante, molto più di un pensiero taciuto.  
   Bene mi sono sfogata: è bello tornare a farlo! E' bello sapere che esiste uno spazio virtuale che ci accoglie tutte le volte che vogliamo. La tecnologia informatica, per quanto ormai non stupisca più, credo meriti ancora un riconoscimento ricordevole di tanto in tanto. 
     Buona ripresa a me, a voi, ai tanti; e buon proseguimento vacanziero a chi comincia, con calma cercherò di far visita ai miei  amici di sempre: ho da riorganizzare il tutto e non è semplice.