martedì 29 marzo 2016
Impegno per la pace
E si raccolgono emozioni, sensazioni, dolori per ricominciare in un clima esacerbato dalle vicende disumane e vili. Il passaggio dalla morte del peccato alla bellezza della vita lascia con molti interrogativi e ci si chiede se davvero un sacrificio emblematico possa o potrà donarci la pace, l'unione e l'amore? E quand'anche quel sacrificio fosse frutto di alcuni pensatori, comunque offre spunto per comprendere che Pasqua voglia dire, nel suo significato etimologico, passaggio dalla schiavitù alla libertà. E cosa c'è di più importante della libertà, se non la libertà stessa di vivere secondo i canoni della giustizia, della possibilità di esternare un pensiero, di vivere la quotidianità fatta spesso di affanni, di lotte, di conquiste che migliorano la condizione di vita. E che dire della libertà di culto, di visitare il mondo, di studiare, di fare ricerche, di muoversi in tutta tranquillità, di festeggiare, di essere a contatto con la meravigliosa natura.
La libertà la si vive in un clima di pace e di giustizia e non là dove vi sono crisi di potere, di prevaricazioni, di lotte all'ultimo sangue, di insani e esecrabili progetti di asservimento.
L'uomo piange le sue miserie e tutto si ripercuote in un'onda di dolore e di riflessione e in quel mare vittime innocenti vengono travolte dalla pochezza d'animo, dalle superficialità, dagli antagonismi, dai crudeli fanatismi. Sarebbe comodo se "qualcuno" intervenisse a risanare quelle mancanze: dobbiamo noi porvi rimedio per poterci meritare il passaggio così tanto discusso.
Buon martedì post pasquale, buon cammino verso l'impegno di una vita più degna.
domenica 27 marzo 2016
giovedì 17 marzo 2016
Lettori o non lettori?
Ci troviamo in uno spazio dedicato alla lettura, se si scrive qualcuno dovrà leggere e se si legge si deduce che vi sia l'inclinazione a leggere anche libri, soprattutto libri. Invece capita che in questo spazio vengano letti articoli su argomenti vari e racconti, per l'amor di Dio sono letti perché sono letture di qualità e a molti blogger bisogna fare tanto di cappello alla loro bravura, capacità di sintesi, di critica e di splendida narrazione, per questo sostengo che i blog di scrittura sono uno spazio veramente culturale.
Ora se si legge con interesse quello che viene scritto perché non succede altrettanto quando si consiglia il tal libro? E badate bene che non parlo solo di me, io sono l'ultimo fanalino di coda, ho notato che anche in altri blog di un certo spessore quando si pubblica una recensione, quest'ultima non riscuote successo e i commentatori si defilano, ossia appena vedono che si tratta di un consiglio letterario anche fatto con eccellenza, fingono di non essere passati, vanno via in tutta fretta.
Allora scriviamo e non leggiamo? E come facciamo a essere letti se non leggiamo? Sarebbe un boomerang, un rovinoso boomerang. Oppure non ci servono consigli, presentazioni varie, le riteniamo inutili, una perdita di tempo: tanto se si decide si va in libreria e amen, cerchiamo d'istinto e non per consiglio di chi ha già letto e lontano dalle pressioni commerciali esprime il suo trasparente pensiero.
Ci basta questo spazio per approvvigionarci di cultura? Ci basta il web per essere informati o soltanto appagati, oppure il tempo è talmente succhiato dalla rete che non possiamo trovarlo per prendere fra le mani un libro o un ebook? Attenti perché se cadiamo nelle maglie di questo circuito finisce che i lettori dei blog, che comunque impegnano più dei social, finiranno per disamorarsi del luogo più impegnato e preferiranno la velocità di scrittura e lettura dei vari network, velocità tutta in un clic!
lunedì 7 marzo 2016
Riflessioni di lettura
Il titolo esplicativo ci introduce in una storia che ci riguarda e della
quale siamo spettatori non più ignari ma consapevoli e riluttanti. Una storia
scritta con capacità descrittiva e narrativa, una vicenda che accende i
riflettori sulla corruzione che non risparmia gli affetti; un romanzo che si è
aggiudicato il LXIX Premio Strega. Stiamo parlando del romanzo intitolato: “La
Ferocia”, scritto da Nicola Lagioia, nato a Bari nel 1973. Per Einaudi ha
pubblicato “Occidente per principianti” e “Riportando tutto a casa”.
Siamo agli inizi anni settanta, la scalata al benessere è un passepartout per l’elevazione sociale, per approdare nel
mondo dei notabili della città. Si procede per astuzia, si raggirano gli
ostacoli con quell’intuito tipico di chi considera il potere dei soldi, l’unico
modo per ottenere considerazione e rispetto.
E allora, cosa c’è di meglio se
l’arricchimento può giungere velocemente, ottenendo ciò che avrebbe avuto
bisogno di tempi più lunghi o di rifiuti se ci fossero state trasparenza e
correttezza? Dilaga la corruzione, si chiude un occhio sulle gravità che potrebbero
nascere dai permessi illegali in ogni campo e il valore umano è messo in
secondo piano: l’obiettivo è arricchirsi per concedersi lussi e considerazioni
nell’ambiente che conta.
La famiglia Salvemini ha come capostipite un costruttore in vista che
farà largo uso di quella corruzione, comincerà il suo esordio nella scalata
sociale acquistando come dimora una villa adiacente al circolo più “in” della
città. Una villa appartenuta sotto la dinastia borbonica a un proprietario
terriero, in seguito a un podestà, poi era toccata a un senatore. Per Vittorio
Salvemini vivere accanto al luogo frequentato dalla gente più in vista, è una
sorta di trampolino di lancio per appartenere a quel mondo tanto ambito. Uno
stratagemma, un astuto stratagemma per poter entrare nella lista dei soci del
circolo tennis, ove l’ingresso è consentito a coloro che abbiano almeno cinque
amici iscritti. In seguito Vittorio vincerà la prima gara d’appalto, farà la
spola fra la Sardegna e la Costa Brava e la sua famiglia composta dalla moglie
e quattro figli si potrà permettere ogni sorta di lusso e circoli esclusivi. Tutto
è lecito per l’imprenditore barese che
corromperà alti vertici e ne resterà avviluppato sino alla fine, in un turbinio
di eventi difficili da disinnescare.
La moglie, Annamaria, è ben contenta di
beneficiare di cotanta ricchezza e poco conta tutto il resto; e per assicurarsi
tutto ciò, si fingerà generosa nei confronti di Michele, figlio illegittimo del
marito, allevandolo. Figlio che invece percepirà la mancanza d’affetto della
matrigna, ma stabilirà un contatto con Clara, sorella maggiore, il personaggio
chiave della storia che poi si tingerà di noir.
Nella famiglia protagonista vi sono altri due figli, un maschio e una
femmina; il primogenito diverrà un oncologo e Clara, la maggiore, anche essendo
sposata, passerà da un tradimento all’altro col tacito assenso del marito.
Clara è una ragazza sensibile che stabilirà un legame con il fratellastro, il
quale a causa delle distanze affettive avrà seri problemi psichici e passerà la
sua esistenza da giovane ragazzo nelle case di cura psichiatriche trasferendosi
a Roma, dove cercherà anche di coltivare la passione del giornalismo. Il vuoto
familiare si ripercuoterà su Clara che trascinerà la sua giovane vita fra
tradimenti e cocaina.
Nel frattempo i genitori impegnati nei loro affari di denaro per lui e
di come spenderli per lei, porteranno Clara all’atto finale, fulcro di questa
storia: Clara muore all’età di trentasei anni, l’ultima volta che è stata vista
viva stava percorrendo la statale Bari-Taranto con il corpo nudo ricoperto di
sangue e lividi. A questo punto della storia entra in scena Michele molto
legato alla sorella deceduta, egli indagherà su quella morte e scoprirà gli
scuri rapporti della sua famiglia con il mondo politico, economico e
accademico. Nonostante gli avvertimenti, Il figlio incompreso e non completamente
amato farà pulizia e chiuderà così un capitolo sulle corruzioni, trasgressioni,
connivenze sospette.
La vita alla fine porta il conto e per Salvemini senior sarà il male
incurabile, mentre per il resto della famiglia il fango della denuncia
scoperchierà un pentolone d'intrighi a catena che farà crollare l’impero economico
dell’imprenditore più in vista della città.
La scrittura è coinvolgente ma in alcuni tratti ampollosa e nella parte
iniziale, per quanto ci introduca nel dramma del ritrovamento del corpo di
Clara, si perde il filo conduttore della storia per il ritmo complesso e
incrociato. Ma quando entra in scena il personaggio scomodo, il figlio
illegittimo, lo stile cambia struttura con frasi brevi, punteggiatura
sincronizzata, dialoghi secchi il tutto in linea con Michele, ragazzo rancoroso
e sensibile, amante della verità priva di fronzoli.
I flashback, con l’alternanza del presente, rendono la narrazione
interessante: Nicola Lagioia, con intensità, affonda la penna nei mali di
questa società!
martedì 1 marzo 2016
Il primo ricordo
Andare a ritroso nel tempo e soffermarsi nel primo ricordo che scandisce
l’inizio della nostra esistenza. Tutto secondo la memoria parte da
quell’evento, che assieme ad altri prendono corpo in un fotogramma a sbalzi,
che diviene sempre più cronistoria di noi stessi.
Quando nasciamo, nonostante sia un momento memorabile, non lascia
traccia nella memoria: non siamo in grado di richiamarlo dai meandri celebrali,
che pur conservandone il passaggio non riesce a restituircelo in immagini da
rievocare.
L’evoluzione dei primi anni di vita contiene momenti delicati e
fondamentali, ma pochi riescono a ricordare i loro primi passi, i primi sapori
graditi o le prime parole espresse di senso compiuto. Ci sono degli anni bui
che non ci appartengono e ne siamo a conoscenza tramite i nostri genitori o chi
per loro ha fatto le veci. La vita per noi incomincia da quel primo ricordo che
resta il più prezioso o il meno bello, dipende dalle situazioni vissute.
Io non avevo ancora quattro anni, per essere precisi mancavano cinque
mesi al compimento dei miei quattro anni quando nacque mio fratello, la mia
vita comincia da quell’evento che ricordo con dolore e tristezza mista a una strana
emozione che sento ancora tangibile.
Abitavamo in una piccola casa e c’era luce naturale nelle camere,
presumo fosse giorno, non ho mai approfondito questo particolare e ora non posso
più farlo: i miei genitori sono scomparsi già da tempo.
Nella camera, che aveva una finestra laterale, c’era un letto centrale
sul quale a sinistra era adagiata la mia mamma ricoperta da un lenzuolo bianco
come il suo viso, contornato da capelli neri sparsi sul cuscino. Sempre a
sinistra c’era una sagoma, non so dire a chi appartenesse, quello che so è che
mia madre sofferente si lamentava e reclinava il capo per la spossatezza. Io la
osservavo, per quanto tempo … non ricordo, come non so come fossi vestita: ero
piccina. Ma il ricordo che percepisco ancora è la tristezza che mi pervadeva nell'osservare la mia mamma: quella sofferenza mi apparteneva e mi penetrava
il cuore.
Questo ricordo doloroso si tramuta in qualcosa di diverso: compare mio
padre. Ricordo il suo sorriso e il suo richiamarmi a uscire dalla stanza, ci
appartammo in cucina e ci sedemmo intorno ad un tavolino d’emergenza, una
sedia, per giocare a carte: mio padre mi intrattenne con il gioco delle carte
napoletane. Presumo
che, anche non avendo quattro anni compiuti, sapessi riconoscere le figure e provassi
interesse per quel gioco, tanto da non tornare nella camera dove stava nascendo
mio fratello, proprio così: il parto avvenne in casa con l’assistenza di
un’ostetrica parente.
Di quella giornata non so più nulla, non ricordo d’aver sentito il
vagito di mio fratello, né cosa successe dopo o nei giorni seguenti, quindi non
posso rimembrare la crescita del fratellino o i suoi primi momenti: c’è un
vuoto, uno sbalzo ad altri episodi.
Ora riesco a rievocarlo, anzi lo faccio già da molto, ma per buona parte
della mia esistenza, quell’inizio temporale della mia memoria mi disturbava e
mi procurava tristezza e preoccupazione per il parto, al quale associavo il
volto diafano della mia mamma.
I ricordi che segnano, s’imprimono anche in tenerissima età: i dolori
hanno la precedenza sulle gioie!
Il terrore del parto era radicato
in me anche in seguito, la vita poi mi ha donato la gioia d’essere mamma, ma per un insorgere di
complicazioni non ho goduto della partecipazione in diretta della nascita: i
miei figli sono venuti al mondo con taglio cesareo, quasi che la natura temesse
di farmi provare le stesse sofferenze alle quali avevo assistito in diretta … precocemente.
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