Sono
tortuose le vie della speranza, del raggiungimento di un sogno; poi tutto
accade e quando il momento è compiuto anche a distanza di anni la situazione si
ribalta e mai avremmo pensato che quel regalo così ardentemente agognato, fosse
un incrocio di frutti spinosi.
“Venuto
al mondo” libro prolisso, ma ben articolato, scorrevole e ricco di particolari
che portano a creare una quiescenza mentale, una sorta di allontanamento.
All’inizio ho dovuto abbandonarlo, poi lo osservavo e desideravo proseguire la
lettura: sentivo che mi sarei addentrata in una storia non banale. Infatti, poi,
tutto incalza e prende quota, l’interesse cattura e si coglie il bello della
scrittura e della storia che, anche se cruda in tante situazioni, è
coinvolgente, pregnante: la Mazzantini conosce l’arte narrativa.
Olimpiadi
invernali del 1984, la protagonista approda a Sarajevo per una tesi su di un
personaggio di spicco bosniaco, ad attenderla c’è l’amico poeta, Gojko, l’amore
mancato che le farà da interprete e autista. Gemma conoscerà il vero amore
della sua vita, il fotografo delle pozzanghere, Diego, un genovese strampalato.
Entrambi si innamoreranno e vivranno una relazione intensa che non distoglierà
Gemma dal rientrare in Italia e sposare il suo promesso sposo, ma quando lei si
accorge di essere incinta di Diego, interrompe il suo matrimonio e va a cercare
Diego a Genova, i due rientrano a Roma e vivono insieme. Purtroppo lei ha un
aborto spontaneo e da quel momento la gravidanza tanto desiderata non arriva; Gemma
ha una serie di aborti e dopo controlli vari apprende di essere divenuta
sterile.
E qui
il libro prende quota: comincia la storia fatta di aspettative, ricerche e
affanni per realizzare il sogno di maternità. Ultima spiaggia, l’utero in
affitto che porterà la coppia a tornare in Bosnia e vivranno la cruenta guerra
che coinvolge l’ex Iugoslavia. Entreranno
a far parte della storia personaggi interessanti per il loro vissuto, parteciperemo
ai dolori della sopravvivenza e di come finalmente Gemma realizzerà il suo sogno
di maternità. Una giovane musicista, Aska, sarà l’utero in affitto per il
concepimento con il seme di Diego che, pur di accontentare sua moglie, farebbe
qualunque cosa.
Gemma
resta in Bosnia per tutto il tempo della gravidanza e quando nasce il bambino,
mentre imperversa il cruento conflitto, dopo aver consegnato il denaro pattuito
ad Aska, scappa dalla guerra col neonato e all’aeroporto incontrerà il futuro
padre di Pietro, bimbo nato in circostanze disperate. Diego non salirà su quell’aereo,
dirà di aver perso il passaporto, ma solo verso la fine del libro comprenderemo
il perché.
La
storia ci riserverà un colpo di scena che mai avremmo pensato ed è per questo
che il libro “Venuto al mondo” è un elogio alla vita in qualunque modo e
sempre, e di come l’amore per la vita possa trasformare una distruzione in una
creazione.
La narrazione
non è consequenziale, ha sbalzi temporali che, intrecciati ai vari flashback, rimandano
al presente in cui il bimbo venuto al mondo è un adolescente costretto a
tornare con sua madre in Bosnia per conoscere i luoghi della sua nascita; luoghi
che mostrano ancora le ferite della passata guerra. E soprattutto per conoscere
Sarajevo, città dell’incontro fra sua madre e il padre, il fotografo delle
pozzanghere al quale è dedicata una mostra fotografica post mortem. Spunto per
riprendere in mano una storia che scorreva ormai nella tranquilla quotidianità
di chi vive la libertà di uno Stato in pace. Su quest’ultimo concetto si
sofferma la protagonista nel suo quotidiano, anche quando vede scorrere acqua
dal rubinetto di casa per funzioni di spreco e rimembra le difficoltà del
periodo bellico in Bosnia; considerazione banale per chi non ha vissuto il
dramma della guerra che tutto annulla e questa storia ci offre vari argomenti
sui quali riflettere.
E ci
offre nel finale a sorpresa una sconvolgente rivelazione che mai avremmo pensato,
anche se la bestialità umana dà il meglio di sé durante i conflitti, quasi
avesse il passaporto per compiere misfatti d’ogni genere.