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martedì 25 ottobre 2016

Un addio

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   (oggi voglio proporvi un estratto a caso di un mio romanzo che racconta la storia di un ufficiale dei carabinieri, ma soprattutto porta il lettore alla vera storia: quella di Francesco figlio, un'introduzione ampia per conoscerne il genitore e poi si alzerà il sipario sul protagonista.)
  
   Giunsero così nel Salento, in un paesino ameno e tranquillo distante dal mare qualche Km. Tutta la costa pugliese è bagnata dalle acque e il Salento è la parte terminale lambita da due mari, con città costiere che s’affacciano sull’Adriatico e altre che dalla parte opposta sono bagnate dal Mar Ionio. Il paese dove si stabilì Osvaldo con la sua famiglia era nell’entroterra ionico, mare differente dall’Adriatico per la colorazione delle sue acque verdi e cristalline, con spiagge ricoperte di sabbia fine e biancastra.
   Essi presero possesso dell’alloggio militare a loro riservato che si affacciava, anziché all’interno della caserma come nel precedente, su di un viale alberato di una zona semi-centrale del paese.
   Flora era al settimo cielo, non avrebbe più avuto davanti ai suoi occhi i muri grigi della caserma bozzolo come l’aveva denominata lei e della quale prigione di seta si era sentita crisalide, questa volta c’era sotto la casa, situata al primo piano di un palazzo, una comune via ricca della sua quotidianità, di quelle vicende semplici che avrebbe osservato dall’alto del balcone magari per curiosare, oppure direttamente in strada quando avrebbe portato a spasso i bambini per i vicoli del borgo; perché in fin dei conti ciò che più le era mancato negli Abruzzi era il contatto con la semplice realtà giornaliera.
   Ben presto Flora s'integrò in quel posto, con il suo fare amichevole e disponibile conquistò tutti gli abitanti e anche coloro che inizialmente avevano avuto timore ad avvicinarla, per inferiorità sociale o per soggezione; si resero conto che la moglie del capitano con la sua umanità non faceva distinzioni di sorta, bensì apprezzava nella gente le loro virtù morali.
   Azzurra e Iris ogni mattina venivano accompagnate da un attendente  all’istituto di suore, dove frequentavano la scuola elementare una e la materna l’altra, rivelandosi ben presto delle bambine educate con grandi capacità d’apprendimento; i maschietti ancora piccini erano con la mamma o con la balia che affiancava Flora nella loro crescita.
   Osvaldo s'integrò subito nella nuova caserma, riscuotendo stima ed apprezzamenti, di lui ammiravano quell’autorevolezza pronta all’ascolto, quella determinazione partecipe: egli era l’esatto contrario del precedente capitano che incutendo terrore mal disponeva i carabinieri all’operato, facendoli detestare l’Arma e la scelta stessa di aver intrapreso quella carriera.
   Un giorno Flora incominciò ad accusare strane nausee seguite da vomito, inizialmente pensò ad un’indigestione, ma poi i conati si susseguirono anche nei giorni seguenti, allora la balia dallo strano nome spagnolo “Consuelo” che viveva gran parte del giorno in quella casa e più che tata era divenuta un’amica, manifestò il suo sospetto:
   “Signora, tu sei incinta! Nascerà una nuova creatura, qui in questa bella provincia salentina.”
   “Non è possibile!” obbiettò Flora “Mio marito in Albania a causa del tifo è divenuto sterile!”
   “Ma Flora,” continuò la tata “i medici non sono il Padre Eterno! Perché non andiamo dal dottore? Una visita non ti costa nulla!”
   Quel sospetto di Consuelo fu avvalorato dalla diagnosi del medico che dopo la visita fece le sue congratulazioni: “Faccia tanti auguri anche al capitano per il quinto figlio in arrivo! In effetti… il mio collega, lì in Albania, non ha sbagliato diagnosi, l’infiammazione ai testicoli provoca la sterilità. Evidentemente… il buon Dio vuole offrirvi un altro dono!”
   Osvaldo, nonostante fosse in quel periodo quasi sempre di malumore, accolse la notizia con molta gioia e fu allora che ricordò nuovamente il volto del monaco che con il suo suggerimento gli aveva salvato la vita.
   “Flora, quel frate che mi è apparso al porto di Durazzo è San Francesco di Paola! L’ho riconosciuto fra le immaginette che custodisci nel tuo libro di preghiere. Sono certo che era Lui! Flora, i suoi bellissimi occhi sono ancora impressi nel mio cuore! Se nascerà maschio, si chiamerà Francesco!”
   “Anche se sarà femmina avrà lo stesso nome, ma al femminile, San Francesco di Paola è il santo della carità, il suo amore per noi va premiato non solo con il nome, ma anche con l’eterna devozione a Lui ed a Dio che l’ha inviato come messaggero!”
   Questa era una precisa allusione nei confronti del marito che, anche essendo credente, disdegnava le chiese per via dei loro ministri che riteneva ipocriti approfittatori. (continua)

martedì 27 novembre 2012

San Lupo


   

   Non sapevo esistesse in Italia un borgo di nome San Lupo, non sapevo neanche l'esistenza di un Santo con il nome di un animale che ancora oggi atterrisce. Le antiche fiabe narravano di lupi famelici che sarebbero giunti a divorare i bimbi cattivi, il lupo poverino ancora non gode di un'ottima fama, ma lui è un animale che non attacca propriamente l'uomo, si avvicina alle greggi per fame.
   Tornando al paese in questione, San Lupo, situato in provincia di Benevento, ho potuto ammirarlo qualche mese fa e i miei occhi sono rimasti conquistati dalla sua bellezza medievale, dalle sue viuzze strette inquadrate da archi e pontili. La chiesa maggiore del paese conserva al suo interno la statua a mezzo busto di San Lupo, venerato con profondo sentimento dai sanlupesi, i quali, in parte emigrati da tempo, non mancano di partecipare alla festa patronale: anche trovandosi oltre oceano, puntualmente giungono in occasione della festa che si tiene alla fine di luglio. Il comitato feste, in precedenza, convoca le varie bande e sceglie la migliore per affidarle la parte musicale che darà quel tocco particolare ai solenni festeggiamenti in onore del Santo che tanto amò il suo popolo. 
   Si racconta che l'adorato Santo compì nel 1831 il miracolo della pioggia abbondante: essendo un paese prevalentemente agricolo, la pioggia era considerata condizione di benessere per i suoi abitanti.  Quindi una popolazione attaccata alla sua storia e compatta nonostante la migrazione, una popolazione che non dimentica e tiene alte le proprie origini.
   Il paese è caratteristico anche per altre bellezze artistiche, come la Fontana Sant'Angelo dotata di tre getti d'acqua, Palazzo Iacobelli risalente al settecento e altri siti interessanti. Il borgo offre inoltre un bellissimo panorama: è situato a circa 881 m. d'altitudine e dal belvedere si può ammirare la bellezza dei monti e delle vallate lussureggianti e variopinte.
   Il tempo sembra essersi fermato a San Lupo: si respira un'atmosfera retrò così lontana dal caos cittadino, ma pregna di sentimenti che non si disperdono nelle distanze causate dalla migrazione forzata di una parte del suo popolo.