sabato 30 marzo 2013

BUONA PASQUA

                     

   L'uovo simboleggia la nascita, l'uovo metafora dell'esistenza che si rinnova. Pasqua uguale passaggio che ci rievoca un altro transito davvero memorabile: la conquista della libertà da parte di un popolo schiavo e oppresso dal sistema. Oggi più che mai abbiamo bisogno di un messaggio forte di migrazione, ossia di un passaggio dalla mancanza di certezze che hanno generato il caos, ad una stabilità che riporti la crescita e dia speranze di una rinascita. 
   Con questi presupposti, auguro a tutti Voi, cari amici, una "Buona Pasqua!"

martedì 26 marzo 2013

E fu la luce


                                                                     


   “No! Dimmi che non è vero? Arrivo subito!”
   Era corsa a perdifiato: la sua auto si era ingolfata e a quell’ora di notte non c’erano mezzi in quel borgo abbandonato, un concentrato di poche anime. Una ventina di caseggiati sparsi sopra un’ampia collina scoscesa, dove si erano insediati i cittadini stanchi del caos urbano. Un villaggio che di notte assumeva le caratteristiche di una città presepe, per l’armoniosa disposizione delle sue case a mo’ di anfiteatro.  
   Nella fretta non aveva preso il cellulare e ora non le conveniva tornare indietro: la sua villetta era dalla parte opposta rispetto al posto dove si stava dirigendo, un bel tratto che si percorreva con quindici minuti di cammino fatti a passo veloce. La sua abitazione e quella dei genitori erano agli antipodi fra loro, le separava la campagna e un tratturo percorribile con la jeep. A quell’ora le convenne percorrere quel tratturo, lo fece con il fiato in gola e le vennero in mente tutte le volte in cui ci era passata, scherzando e giocando con il suo papà, quando le faceva vedere il gregge in transito che, durante l’inverno, si trasferiva al luogo mite. Quei belati e quell’odore erano nel suo cuore, sapeva che cambiava la stagione, non solo dagli alberi che si spogliavano, ma anche dalle bestie che per svernare si dirigevano altrove.
   Era buio pesto e le venne un certo timore: la campagna di notte non era rassicurante e nonostante il rapido passo, buttava un occhio ai cespugli. La pallida luna illuminava la vasta zona, infiltrandosi fra le fronde in riflessi perlacei. Scorse la traiettoria di un’ombra sinistra, una sagoma sinuosa. La paura crebbe accelerandole i battiti del cuore. Si sentì braccata e senza via d’uscita, non poteva neanche richiamare l’attenzione urlando richieste d’aiuto: non c’era nessuno e la prossima casa era ancora distante.
   Accelerò maggiormente il passo, una civetta stridette in uno sbattito d’ali che ruppe il silenzio, le volò sulla testa, fece giri concentrici come se volesse comunicarle un tragico evento. Si guardò le mani, erano libere: non aveva preso neanche la valigetta da medico. Quella telefonata l’aveva colta alla sprovvista, stava dormendo e la fretta d’accorrere l’aveva mandata in tilt. Un medico dovrebbe conservare il suo selfcontrol, ma erano i suoi genitori e con gli affetti le reazioni sono differenti.
   La porta di casa era aperta, l’interno era buio, ebbe paura: quella sagoma sinistra l’aveva seguita, se l’era portata appresso, come fosse stato il fantasma della morte che attende le sue prede. Cercò in tutte le stanze, dopo aver richiuso l’uscio. Invocò i suoi genitori, essi non risposero e d’improvviso si accese la luce e vide riverso sul divano esanime, un uomo che non era suo padre. Si avvicinò e notò prima d’ogni cosa la ferita sanguinante alla testa e lei si paralizzò. Era un medico legale, avrebbe dovuto conservare sangue freddo, invece il panico s’impadronì di lei, un buco allo stomaco e poi …
   Lo squillo del telefono la riportò alla realtà. Rispose a fatica con un pronto stentato.
   “Dottoressa, c’è un cadavere da esaminare!”
   “Arrivo subito!” Nonostante l’agitazione di quell’incubo si vestì alla svelta, oggi avrebbe effettuato la sua prima autopsia e non si sentiva per niente tranquilla. Le indagini lo richiedevano, andava smascherato il colpevole. La sera precedente s’era addormentata in ansia, temeva di non farcela e l’incubo le aveva dato ragione, ma lei aveva scelto quella professione specializzandosi in criminologia . Si ricordò le parole del suo maestro: “La prima volta, sarà dura, poi andrà sempre meglio; la giustizia non farebbe il suo lavoro senza di noi medici legali!” Senza indugi, indossò il camice, era pronta!
   Impugnò il bisturi, ma quello sbattito d’ali le ronzò nella testa, più forte, sempre più forte, un vortice la stava risucchiando e poi un paf.  
   “Amore, svegliati! Lo sciopero è terminato, oggi si ritorna a scuola!” mormorò Luca dolcemente.
   Federica si girò e, riaprendo gli occhi, riconobbe il suo ambiente. Schizzò dal letto, gettandosi fra le braccia del suo uomo. Tirò un sospiro di sollievo, mai la sua vita le parve così bella. Accantonò i problemi scolastici, le beghe con gli alunni, era così difficile insegnare, e disse:
   “Mai più un thriller dopo cena! Non uno, ma due sogni, un sogno nel sogno. Sai, caro, adoro fare l’insegnante!”
 
    

  
  
 
         

lunedì 18 marzo 2013

Tribolata decisione


   
                                                                  
           
  


   Si era soffermata ad osservare il largo spiazzo piastrellato da poco, tanti giovani operai erano impegnati nei lavori di restauro e ammodernamento di quell’immensa piazza nascosta dal dedalo di vicoli. Era il suo paese e le piaceva passeggiare nelle viuzze strette che si aprivano sul belvedere. Un luogo incantevole che non finiva mai di stupirla, un posto in espansione per far fronte ai numerosi visitatori: ogni anno i turisti crescevano. Un paese dal duplice paesaggio, mare e monti, una cittadina ove si respirava aria buona tutto l’anno e che offriva l’opportunità di viverla ogni stagione, per questo Valeria non smetteva di frequentarla.  Lei non abitava più in quel luogo da tempo, ma tornava nel fine settimana, nei weekend lunghi e, ovviamente, nel periodo vacanze. Possedeva una casa in prossimità del mare, era l’abitazione dei suoi genitori, una villetta pregna di ricordi nostalgici. Quante esperienze e sensazioni! Aveva vissuto l’infanzia, la sua adolescenza, la prima cotta, poi la giovinezza e l’amore vero, il matrimonio; era uscita da quella casa al braccio di suo padre fiero di lei, amata figlia unica. Sempre in quel luogo aveva mosso i primi passi, suo figlio Alvise felicemente sposato e residente ora negli Stati Uniti. Da quanto tempo non lo incontrava, si chiese rammaricata? Ah, questa Italia che lascia scappar via i cervelli! E suo figlio era un cervello di grande ingegno, una multi nazionale l’aveva richiesto, gratificandolo. Ripensò a suo marito, lui era andato via non per prospettive di lavoro; era un valente avvocato che ebbe il coraggio di dirle in faccia: “Sono un gay, non l’avevi capito?”
   “No, che non l’avevo capito, abbiamo avuto un figlio e facevamo l’amore puntualmente una volta la settimana!”
   “Appunto, una volta ogni sette giorni, gli altri li dedicavo all’amore vero che ho incontrato!”
   Che delusione fu per Valeria, quella casa le ricordava anche l’ultimo incontro con suo marito, troppi amari ricordi! Le gioie c’erano state, ma ora prevalevano le rievocazioni tristi, aveva deciso di metterla in vendita quella casa, si augurava che i suoi genitori dall’alto la comprendessero: con il ricavato si sarebbe trasferita in America, dove vivevano suo figlio, la nuora e la nipotina che aveva visto solo alla nascita. Stava temporeggiando, doveva affiggere il cartello del “Vendesi”, sapeva che avrebbe ricevuto quasi subito un’offerta, era il luogo ideale per le vacanze e tanti ne andavano alla ricerca.
   Girava per le stradine quando fu attratta dallo stesso spiazzo ora verniciato di una sostanza vischiosa, cominciò a calpestarlo e vi rimase impantanata. Chiese aiuto: non sapeva come fare e sprofondava sempre più, le pareva di penetrare nelle sabbie mobili che aveva visto in un film. Allora esistevano per davvero, si disse. Ma perché nessuno veniva in suo soccorso? Ormai era alla fine: stava per essere risucchiata, quando una mano amica le fornì un lungo bastone, lo afferrò e scivolando sulla vernice appiccicosa tornò in piedi sulla strada asfaltata.
   “Cosa le è successo?” le chiese l’uomo sconosciuto.
   “Non lo so, mio salvatore!” esclamò lei grata.
   Ma la giornata strana non finì di stupirla. Si trovò come per incanto in una casa vetusta mai visitata, era chiusa in una camera e udiva in lontananza le voci di sua nuora e di altre persone. Dal soffitto pendevano strani pipistrelli, aveva terrore di quegli uccelli sinistri; essi penzolavano e sembravano pronti a spiccare il volo verso di lei, forse le avrebbero succhiato il sangue, doveva mettersi in salvo ma nel tentativo ruppe due anfore antiche di pregio. Dall’altra parte della porta le voci insistenti cercavano d’entrare, loro non dovevano accorgersi che era stata l’artefice del disastro: i cocci avevano anche danneggiato il pavimento completamente segnato da incisioni profonde. Pigiavano a quella porta, la spingevano, avrebbero visto. Che sarebbe stato di lei ritenuta una persona perfetta? Avrebbero detto che…
   “Mamma, svegliati, ti ho preparato il caffè!”
   “Da dove sbuchi, caro?” rispose lei risollevata. Si guardò intorno e si rese conto di essere nella sua camera da letto e che era stato solo un incubo. Ora ricordava la sera prima si era addormentata stremata e agitata per via di quella decisione che avrebbe dovuto prendere, aveva anche dato un ulteriore sguardo al cartello del vendesi.
   “Sono arrivato da qualche ora, non ho voluto disturbarti.” rispose allegramente Alvise “Sono in Italia e per sempre! Ho voluto farti una sorpresa! Ma cos’hai, ti vedo angosciata?”
   “Nulla, ora più nulla!” e dopo essersi alzata, all’insaputa del figlio, strappò con gioia l’odioso cartello.
  
  

giovedì 14 marzo 2013

Habemus Papam

                   


   "Habemus papam" , il precedente post è dedicato alla storia, alla memoria del nostro vissuto che in qualche modo è la causa degli accadimenti contemporanei. Ovvio che nel presente chi è sulla scena è quasi sempre l'artefice delle situazioni e che l'uomo per certi aspetti dovrebbe imparare dagli errori del passato, del quale viene a conoscenza attraverso la storia, ovvero l'argomento del mio precedente modesto post.
   L'incipit di questo argomento c'introduce all'oggetto vero e proprio - "l'elezione del Papa" e a tal riguardo se mi si permette, farei qualche considerazione non prima di aver ricordato quale fosse il mio desiderio, ossia un vescovo di Roma semplice, umile e a disposizione degli ultimi, dei poveri. Guardavo, attraverso lo schermo del televisore, l'uscita del nuovo Papa, si sa il televisore a quell'ora serale è acceso e la mia attenzione è richiamata dall'edizione straordinaria, e mentre mi affaccendavo nella preparazione della cena ho seguito il rituale dell'habemus papam come fosse un rituale già sperimentato, così con non molta partecipazione. Poi all'apparire del vescovo di Roma, così lui si è denominato: non ha mai pronunciato la parola Papa, proprio per quell'umiltà che ho colto nella sua espressione, il mio interesse è cresciuto e la vista del nuovo Papa mi ha trasmesso gioia, serenità, dolcezza, disponibilità. Ho colto un sorriso buono che mi ha riportato indietro nel tempo al brevissimo pontificato di un altro Papa mite e disponibile, il compianto Papa Luciani, questo Papa gli somiglia anche nei tratti del volto e la sua semplicità l'ha dimostrata nella scelta del nome, "Francesco", mai nessun altro l'aveva scelto prima.
   Ebbene nel precedente post, accentuavo la figura dei frati che si rifanno al modello del poverello di Assisi, questo Papa ha tutti i presupposti che portano a pensare che voglia rifarsi al modello di umiltà di San Francesco. Mi è piaciuto il discorso, l'approccio con la gente, il suo sorriso comunicativo e esplicativo quanto le sue parole non costruite, ma dettate dal suo cuore. E' argentino, ma ha origini piemontesi, è estremamente colto, ama i film, lo sport, particolarmente il calcio e gli piace il tango, è un essere umano con le sue passioni alle quali in primis mette l'amore per i poveri. Ha chiesto la benedizione per sé, affinchè riceva l'aiuto giusto per ricostruire la chiesa cattolica che ha subito varie calamità.
   Auguriamoci che realmente ce la possa fare e che possa far rinascere ciò che sembrava perso; per ora abbiamo nuovamente un Papa che non ha nulla della precedente distante freddezza di Ratzinger che, anche se accennava un sorriso, era pur sempre un sorriso glaciale: ognuno ha la sua personalità!

domenica 10 marzo 2013

La storia

              

   Tutti noi conosciamo la storia, ne apprendiamo i primi rudimenti sin dall'inizio del nostro acculturamento, poi crescendo l'approfondiamo e se ne siamo interessati svolgiamo delle ricerche personali, anche perché la storia nella sua globalità riguarda il nostro passato, quella vita antecedente e lontana che pur sempre ci affascina. La storia ha una collocazione temporale, le date erano il mio cruccio, credo che al tempo scolastico non mi innamorai della storia proprio per le date. La storia va rispolverata, accarezzata, altrimenti finiamo per scordare avvenimenti importanti che spiegano l'attuale stato di cose. Vero è che il tempo muta il decorso delle situazioni, ma in molti accadimenti possiamo trovare la risposta guardando al passato, alla nostra storia e purtroppo l'uomo ancora non impara da essa, non impara da quegli errori.
   Sappiamo bene che il Papa si è dimesso, a memoria d'uomo solo un altro Papa ebbe il coraggio di rifiutare la carica: Papa Celestino V, il cui papato risale al lontano 1294, poi altri Papi lasciarono il pontificato in seguito ad un'abdicazione. Il nostro Papa dimissionario rifiutando la sua carica, ha portato con sé le motivazioni che gli hanno fatto prendere una decisione così drastica e importante, una decisione coraggiosa. La chiesa in passato ha commesso errori gravissimi, si è macchiata di colpe orrende, di crimini e di trasgressioni ritenute peccaminose anche per il normale genere umano, eppure la chiesa non ha imparato: quel passato pesante ancora riaffiora. Gli attuali ministri della chiesa li vediamo coinvolti in scandali di pedofilia e di chissà quali altri misfatti e allora guardando uno sceneggiato che sta andando in onda in tv, un lavoro ben fatto sulla famiglia Borgia, mi son detta che forse quel passato ancora ci appartiene. E' triste e avvilente e sinceramente mi mortifica constatare che chi ci dovrebbe dare dei riferimenti giusti, chi dovrebbe essere esempio di virtù ancora non ne è in grado, ed è un peccato perché ciò va a discapito dei tanti ministri  a modo che perseverano nel bene. E' ancora tutto l'insieme ecclesiastico che è sbagliato, le regole, il potere: dove c'è il denaro, il controllo sfugge di mano e la tentazione ha la meglio. Apprezzo la semplicità dei frati, la loro vita monastica, i loro sai privi di sfarzo, il loro attaccamento alla natura che curano con amore. Apprezzo i missionari che si dedicano con altruismo al bene comune e si sacrificano per esso, molti danno la vita o la perdono. I frati hanno imparato dalla storia che si è tramandata, quella storia cominciata ad Assisi da un uomo comune che rinunciò agli agi per somigliare ad un altro Grande della storia: Cristo. Se la chiesa non fosse catalogata in quella gerarchia ecclesiastica che non comprendo, se una parte del clero non vivesse in dimore lussuose e non godesse di tutti quei benefici regali, forse avremmo dei ministri semplici che scelgono per vocazione.
   La storia tramandata ci dovrebbe portare a riflettere, la storia è la nostra memoria, facciamone tesoro!

venerdì 8 marzo 2013

Giornata internazionale della donna

                



   Dedicare due parole all'8 marzo... le parole sono scontate: sappiamo bene cosa accade ancora oggi alla donna, infatti è stata coniata una nuova parola "Femminicidio". Durante l'anno 2012 sono state uccise 120 donne e tutte per mano di uomini; le violenze domestiche sono aumentate, anche uomini in tarda età sopprimono le loro mogli. Donne uccise nelle loro abitazioni, donne violentate per strada o in altri luoghi, donne violate e private della loro dignità di persona, donne costrette a subire le ataviche regole di sottomissione all'uomo, alla casta, alla religione. Nel terzo millennio ancora, ancora, la donna subisce il misogino comportamento da parte di uomini mentecatti.
   L'8 marzo non è un giorno di festa, non vi è nulla da festeggiare, ma è un giorno di riflessione e di commemorazione delle "Donne Vittime" dell'uomo. Molto è stato fatto, ma molto c'è ancora da fare, ecco perché dobbiamo ricordare  per dare un nuovo avvenire alle donne del presente e del domani. Ricordare con forza per cercare il modo di arginare il problema per stroncarlo. In che modo? Più controlli ovunque, più tutela delle donne che chiedono protezione, maggiori pene che facciano riflettere il violentatore e l'assassino, detenzioni duri e protratte nel tempo.
                                  Giornata Internazionale della Donna, questo è l'8 marzo.  

domenica 3 marzo 2013

Tutto torna (seconda parte)

                 

   Ispezionò il penitenziario a fianco di un'assistente capo delle guardie carcerarie, si finse estranea a quel mondo e manifestò vivo disappunto quando constatò il sovraffollamento delle celle: anche il penitenziario femminile ne viveva il disagio.
   "Dottoressa, è tutto vero, come vede le detenute vivono in una condizione disumana. In ogni cella predisposta per due detenute, ve ne sono cinque che occupano spazi angusti. La condizione forzata accentua l'aggressività, l'esasperazione e la depressione. La legge non porta a capo di nulla, in questo clima è difficile svolgere il lavoro di agente penitenziario, alcune di noi si sono tolte la vita."
   Giulia ascoltava distaccata, sapeva del sovraffollamento, al tempo di sua madre ancora non si risentiva del problema, ma constatarlo con i propri occhi era tutt'altra cosa.
   "Difficile credo sia anche per chi deve occuparsi della Direzione. Dobbiamo cercare di far funzionare ogni cosa al meglio e di impegnare le detenute in maniera che in cella vi stiano il meno possibile. So che siete fornite di una valida sartoria, un lavoro che restituisce dignità alle detenute. Dobbiamo avviare anche un nuovo progetto, il lavoro all'interno del carcere è sempre un monito alla legalità e al recupero."
   "Sono d'accordo, dottoressa, tutte lo siamo. Molte donne si trovano qui non per aver scelto di essere criminali, a volte le circostanze, le violenze..."
   "Già! Le spiacerebbe fornirmi il registro del personale, oltre che quello delle detenute. " disse Giulia all'assistente capo. "E vorrei prendere visione anche di un registro di vent'anni fa, giusto per analizzare l'epoca e fare un'analogia con quella contemporanea."
   Si calò perfettamente nella parte della Direttrice modello e nell'attesa che le fosse fornito il materiale richiesto, parlò al megafono e si presentò alle ospiti forzate come nuovo direttore che avrebbe tutelato i loro diritti.
   Ormai era già un mese che si occupava della direzione di quel penitenziario, conosceva tutte le detenute e riservava condizioni di agevolazione a quelle che erano state vittime di violenza sessuale. Conosceva anche tutte le secondine ed individuò le due che erano state guardie carcerarie al tempo della detenzione della madre, entrò in confidenza con loro e un giorno, con una scusa qualunque, fissò loro un appuntamento fuori dal carcere.
   Giunse al luogo dell'incontro in anticipo, pregustava il piacere di metterle sotto torchio, avrebbe ripercorso gli anni di sofferenza della mama; gli anni di umiliazione all'interno di quel carcere per una violenza atroce subita da un uomo lontano da ogni sospetto. Le avrebbe fatte penare, non sapeva come, ma il fatto stesso di andare a ritroso per rinfrescarne la memoria avrebbe sicuramente procurato un forte stress emotivo: loro avevano umiliato e ferito la madre vittima delle circostanze. Filomena era una ragazza che amava la giustizia e lavorava per essa, aveva studiato, si impegnava per la legalità ma la vita l'aveva mal ripagata, se non fosse entrata nei pensieri di un mentecatto avrebbe avuto una vita diversa: sono le coincidenze a deciderne il percorso. Il dolore non aveva mai lasciato il cuore di Giulia che desiderava ancora vendicarsi su chi non aveva compreso e aveva calpestato la madre nella sua dignità di persona, solo così avrebbe trovato pace. Lei l'avrebbe riscattata, ma non avrebbe lasciato tracce. Il luogo dell'incontro era un posto isolato, adiacente ad un boschetto, a quell'ora non passava nessuno, s'era appostata varie volte e aveva constatato che nel primo pomeriggio la gente non sceglieva di attraversare quel parco. Lei le avrebbe colte di spalle, era armata non potevano opporre resistenza; le avrebbe minacciate e poi condotte in macchina dove portava sempre delle manette e poi tutto sarebbe venuto da sé, ne assaporava anticipatamente la vendetta.
   Udì il suono di una sirena, chissà forse un'ambulanza; cominciò a chiedersi cosa fosse accaduto, a quel suono ne sopraggiunse un altro più sonoro; non voleva abbandonare il luogo dell'appuntamento, però ora forse non era più sicuro, e bando alle elucubrazioni senza risposta decise di verificare. Uscì allo scoperto sulla strada principale e notò al bordo della carreggiata una vettura addossata ad un camion, l'auto aveva i vetri in frantumi e la parte anteriore completamente distrutta, l'impatto doveva essere stato fatale per i passeggeri della monovolume. Si avvicinò con circospezione, ma gli agenti di polizia la bloccarono; allora rimase in disparte, aveva uno strano presentimento: le sembrava di riconoscere l'auto, ma non ne era completamente sicura. I suoi dubbi trovarono conferma, quando estrassero dall'abitacolo i corpi senza vita delle due secondine veterane.  A quel punto fu costretta a qualificarsi e a dichiarare le generalità delle due donne. Che strana la vita sembrava quasi che avesse voluto agire in suo favore, come se qualcuno dall'alto non avesse voluto farla precipitare nell'abisso della criminalità, proprio per non farle conoscere la reclusione e per farle godere la bellezza della libertà.
   Si allontanò da quel luogo in preda allo sconcerto e forse, finalmente, avrebbe cominciato a vivere!