domenica 24 novembre 2013

Amata tecnologia

                            

   Avevo un quadernetto fra le mani, di quelli con la copertina rigida simile ai vecchi quaderni del passato, l'ho visto e me ne sono innamorata. Ero in una caletta al mare, il luogo ideale per scrivere a penna, il quadernetto mi è venuto in soccorso, in quell'atmosfera intima è stato bellissimo cominciare così:
"E' da tanto che non scrivo a penna su di un foglio di quaderno. Le dita hanno perso la scorrevolezza di qualche anno fa, pare facciano fatica a impugnare la penna e la procedura sembra più lenta e persino poco creativa. Anch'io sono divenuta succube del computer dove la scrittura è meno faticosa e si ha la possibilità di correggere senza dover cambiare foglio e riportare tutto in bella dalla brutta copia, un lavoro quindi un tempo lungo e certosino. La macchina da scrivere, anch'essa, non aveva la funzione cancellatura ed era un po' come scrivere a mano pigiando tasti che inizialmente andavano premuti sino in fondo. La tecnologia ci permette invece di sfiorare i tasti, di correggere e di stampare tutto l'elaborato su di un foglio A 4, beato progresso: corre più veloce quasi del nostro pensiero e ci procura agevolazioni semplificandoci la vita. Dovremmo essere, quindi, una società più felice e più appagata, ma non è così: non sempre questi benefici ci donano la gioia interiore e i problemi esistenziali, tra l'altro, non svaniscono con i comfort creati dalla moderna tecnologia. Il bene interiore si riceve solo con l'amore, antico e sempre nuovo sentimento, non a caso chi ha tutto afferma con lo sguardo velato di tristezza che avrebbe voluto solo un po' d'amore. L'amore è quindi il propulsore che alimenta ogni cosa, è la forza naturale che fa apprezzare anche la tecnologia e sempre l'amore dà lo stimolo a chi si adopera nella nuova scoperta. Chi ha una marcia in più intellettivamente è animato sempre dall'antico sentimento: quando esso cessa, la creatività decade e l'ingegno ne risente fortemente.
   Solo cinque lettere "AMORE" e l'umanità non avrebbe conosciuto l'annullamento interiore, il peso della solitudine, le lotte interne, il ripudio delle famiglie, la mancanza d'affetto, i fraintendimenti, l'odio, l'eccesso di potere. L'amore non costa nulla, è per tutti ed è capace di mutare il corso degli eventi. Ma l'amore è anche  inteso come rispetto, bene per la natura, per l'arte, per la propria terra, per le persone; quell'amore che tutela, salvaguardia, abbellisce, fa crescere e non distrugge. La mancanza d'amore distrugge se stessi e il mondo che ci appartiene!  

lunedì 18 novembre 2013

Insaziabile avidità

           

   Rimpiango i periodi in cui non vivevo le attuali preoccupazioni, rimpiango i periodi in cui credevo di averne; beata giovinezza ora beata, ma quando c'era non credevo fosse tale: mi arrovellavo in varie ansie tipiche del periodo giovanile.
   La prima che mi salta in mente era l'ansia dell'interrogazione, che patema, che batticuore! Gli sguardi della classe, il professore insidioso, il timore di fare una figuraccia.
   L'ansia del giudizio altrui, il doversi conquistare un posto fra gli amici, tenendo testa alle canzonature e riderne insieme, un po' fingendo e un po' soffrendo tacitamente.
   L'ansia della conquista dei diritti che sarebbero seguiti ai doveri: conquistare un plausibile diritto non era semplicissimo, i genitori non demordevano e tenevano ferme le loro idee.
   L'ansia del fidanzato, del ragazzo attraente e simpatico; il sottovalutarsi e non credere nelle proprie potenzialità, guardarsi allo specchio e ritenersi di aspetto mediocre; osservarsi sempre con occhi critici e soffrire, soffrire anche senza motivo.
   L'ansia dell'ottenimento del denaro da parte dei genitori, qualche spicciolo per le piccole necessità.
   Beata giovinezza offuscata anche dai motivi creati da una mente in crescita, farsi tanti complessi e desiderare di essere già grande per avere voce e dare una lezione a tutti i persecutori dei giovani indifesi. Un quadro patetico ora, un paradosso con l'attuale vita in cui i giovani hanno dalla loro genitori consenzienti e tolleranti, genitori che si schierano con i figli  e non insegnano ad affrontare le difficoltà: i rifiuti degli adulti fanno crescere.
   Le stagioni della vita, molto spesso viene usata questa metafora come analogia al trascorrere del tempo nelle varie fasi che ci caratterizzano. La gemma quando spunta e s'affaccia è timida, preoccupata: deve affrontare le avversità; non lo comprende subito, ma durante la crescita. Poi quella gemma diviene più sicura, più pronta, più capace e lotta per divenire frutto con le sue caratteristiche, peculiarità diverse ma altrettanto degne di considerazione. Il frutto raggiunge il massimo fulgore, esiste, è pronto per soddisfare se stesso e il probabile estimatore; quel frutto vive momenti di protagonismo, di vita, ma quel frutto comprende anche cosa implichi essere nel turbinio dell'esistenza. Una stagione della vita che lo vede impegnato e vittima del mutamento del cielo, dell'improvvisa folata di vento, del cataclisma paventato che non ha potuto arginare: gli è piombato addosso per il disinteresse di chi avrebbe dovuto vigilare e costruire un mondo degno d'essere abitato. Il frutto è allo stremo: difficile è la sopravvivenza. Allora ripensa al periodo in cui era un germoglio, ripensa alle sue insicurezze e ripensa anche alla fatica dello sviluppo, vorrebbe riappropriarsi di quel periodo, c'era l'albero maestro a sostenerlo, a incoraggiarlo, a donargli linfa. Ora invece deve cavarsela da solo e lottare contro i parassiti che si nutrono del suo corpo, sono parassiti avidi, insaziabili: non gliene basta  mai. ECCO, sentirsi simile a quel frutto e subire il potere dei parassiti in guanti gialli, parassiti desiderosi solo di soddisfare la loro insaziabile avidità!   


 

martedì 12 novembre 2013

Pioggia battente

          

   Scroscia furiosamente la pioggia, il ritmo incessante crea un'atmosfera cupa, l'acqua s'insinua ovunque, bagna tutto lo scenario e pare voglia entrare nelle case; il silenzio è interrotto dal rumore persistente dei goccioloni che s'infrangono. Uno sbattere di sportelli di anonime auto che hanno ricondotto a casa occupanti desiderosi di rientrare. Ombrelli variopinti di ogni misura proteggono il capo di coloro che sono per strada: la vita non si ferma e occorre andare. Si ode il rumore dei clacson: strombazzano maggiormente quando piove, le auto sono in coda e la visibilità si fa scarsa. La pioggia torrenziale non riesce a defluire totalmente, si otturano i tombini e le strade sono intasate d'acqua. I pedoni non riescono ad attraversare, immergono le calzature nelle pozzanghere, si bagnano, alcuni sono fradici di pioggia: non l'avevano prevista e non sono al riparo di un ombrello, cercano una sistemazione di fortuna, corrono, inciampano, si coprono alla meno peggio. Passa un carretto ricoperto di un telo plastificato, il guidatore è allo scoperto e si protegge con una mantella di gomma che il vento scosta e fa passare la pioggia inclemente. Un barbone si accomoda sotto un porticato, sistema il suo cartone paravento e pone il suo viso sotto l'acqua. Stende le mani e si ricorda di possedere un pezzetto di saponetta, lo strofina nei palmi producendo una schiuma profumata; le mani portano la schiuma al viso e si deterge con l'acqua piovana, una sala da bagno a cielo aperto, lui si lava e sorride. Le piante ringraziano, era da tempo che non scendeva acqua dal cielo, la natura tutta ringrazia. 
   Delia si sta recando al suo primo appuntamento di lavoro: deve andare, deve monetizzare, quell'Iphone di ultima generazione deve essere suo. Per l'occasione ha messo i tacchi a spillo, la mini similpelle e il bomber stretto grigio topo; quand'è uscita il cielo era solo leggermente nuvoloso, l'aveva ignorato e si era detta che il meteo non aveva preannunciato una pioggia imminente. La pioggia la sorprende all'improvviso, tenta di attraversare: difronte c'è un negozio di articoli vari e vuole comprarsi un ombrellino, giusto per ripararsi. Invece non ce la fa e si spezza un tacco lasciandolo nel tombino, i capelli acconciati di fresco si riducono ad una poltiglia gocciolante e per giunta il trucco si liquefa miseramente sul volto ora striato di nero. Giunge allo stesso porticato del barbone sorridente, lo guarda stranita e si ferma un attimo a pensare. Si toglie anche l'altra scarpa, stava anchilosando su di una, le getta in aria e s'avvicina al misterioso clochard, lo ringrazia, lui non comprende. Lei riprende la strada di casa, è felice, si sente leggera, corre persino: sa che ora potrà guardare i suoi ancora a viso alto.

venerdì 8 novembre 2013

Un segno per sempre

                        

   Un paese attraversato dalla ferrovia, i binari vengono rimossi e la ferrovia non divide più il borgo in due, al posto di quelle rotaie viene creato un parco con panchine, aiuole fiorite e giochi per i bimbi. 
   Lui, originario di quel piccolo luogo di provincia, è contento: sua nonna abita di fronte all'attuale parco che un tempo ospitava il treno durante la sua corsa. 
   Lui è un giovane ingegnere, figlio di un ex ferroviere, è un figlio come tanti genitori vorrebbero avere: è perfetto nel comportamento sempre a modo, è scrupoloso, educato, affettuoso, ligio al dovere dapprima scolastico poi lavorativo, è una persona disponibile con tutti, ha il sorriso che nasce da un cuore umano. 
   Lui ha un rapporto di complicità con suo padre e gli manifesta un progetto che vorrebbe attuare con l'aiuto anche paterno: suo padre era stimato in ferrovia, dove all'interno ricopriva un ruolo di tutto rispetto. 
   Il progetto riguarda proprio quella piazza che sta difronte a casa di sua nonna, ecco gli piacerebbe che al centro fosse posizionata una vecchia locomotiva a ricordo del passaggio del treno. In fin dei conti lui vi era affezionato: gli ricorda la sua infanzia e tutte le fantasticherie di quegli anni. Ha ancora in mente i suoi nonni e i loro racconti gloriosi sugli occupanti senza volto del treno in corsa che lui osservava dalla finestra della casa: conosceva gli orari e da bambino si appostava dietro ai vetri ansioso. Crescendo ebbe modo di essere davanti al muretto che separava la ferrovia, aveva scoperto un pertugio e osservava il treno più da vicino, lo stridore delle rotaie era musica che gli accarezzava il cuore. A volte si era chiesto se l'attaccamento per il treno l'avesse ereditato da suo padre che gli aveva dedicato una vita, oppure semplicemente era da associare al periodo trascorso dai nonni e quindi aveva un valore affettivo. 
   Lui viene colpito da un male che non perdona, una malattia rara e inesorabile; un Killer che penetra silenzioso e s'impossessa di ogni suo organo, un killer soddisfatto di compiere la missione sino in fondo. In brevissimo tempo lui non c'è più e appare in sogno al padre ricordandogli il progetto, quel padre con la morte nel cuore trova la forza di avviare una serie di procedure impegnative, sia per i cavilli burocratici sia per il dispendio economico. Quel padre ce la fa e porta a termine il progetto. 
   Ora quella locomotiva trionfa nella piazza dell'anonimo paese di provincia, paese che anonimo non è più, e lui? Lui, per volere del padre, ha sulla sua amata locomotiva una menzione come segno per sempre del suo amore.