martedì 16 giugno 2015

Macchinazione (parte decima)

 


   Victor aveva abbandonato l'atteggiamento remissivo e ossequioso di un tempo: mostrava ora la sua vera natura. Dall'ultimo furibondo scontro con sua moglie egli era se stesso, un uomo dal piglio sicuro, privo di scrupoli, determinato, una persona che cavalca l'onda per giungere quanto prima all'approdo e quel porto era per lui il denaro, l'arricchimento. Il matrimonio l'aveva elevato al rango borghese, ma le sue origini erano da retro bottega di un modesto stagnino del paese che lo sfruttava e umiliava in più occasioni; Victor era stato adottato all'età di otto anni e durante la sua formazione, anziché ricevere un briciolo d'affetto, aveva dovuto lavorare e sgobbare duramente, in lui cresceva il seme dell'odio.
   "Ti ricordo che sei qui perché mi servi!" urlava il padre adottivo che di mestiere faceva l'idraulico a pochi denari, niente a che vedere con i nostri artigiani di oggi. "Ti ricordo che invece di prendere un aiutante, ho preso te, mi costi meno. Ma devi muoverti, devi darti da fare, devi scattare come una molla e capire al volo!"
   E quando Victor bambino non riusciva a esser svelto, intuitivo sul genere d'attrezzi che avrebbe dovuto porgergli, in due parole avrebbe dovuto leggergli nel pensiero, eran cinghiate, sputi e calci. Quell'inviperito senza cuore lo trattava come un schiavo.
   Nicola era rimasto vedovo dopo pochi anni di matrimonio: sua moglie era morta per dissenteria e non gli aveva lasciato niente, neanche un figlio; e in lui crebbe la convinzione che la donna che aveva scelto per moglie fosse malata da prima e per questo gliel'avevano proposta, gli avevano tirato un raggiro. Lei era sì, servizievole e comprensiva anche quando la puniva per la civetteria che scorgeva nel suo sguardo; e nonostante non fosse bella, aveva gli occhi della gazzella in amore e lui si sentiva tradito da quegli occhi ad ampio raggio, chissà quante immagini avrebbero potuto scorgere, quante tentazioni?
   Nicola aveva un aspetto goffo, per nulla attraente, e non era un conversatore: esternava pochi pensieri sempre uguali, era quasi un misantropo. Lavorava dal mattino presto e, poi, dopo aver mangiato, si accomodava in assoluto silenzio sull'unica poltrona della casa. Quando rincasava, salutava la moglie con risentimento e mugugnava frasi poco comprensibili: secondo lui in sua assenza lei se ne andava in giro a civettare, ecco perché il pranzo o la cena erano rimediati all'ultimo momento.
   La casa era costituita da una camera unica di dimensioni ridotte, per cui l'arredamento era essenziale; il letto matrimoniale era stato dato via, al suo posto un letto a una piazza per far più spazio al monolocale, in quella stanza non v'era posto per Victor che fu sistemato nel retro della bottega adiacente alla casa, uno spazio angusto e buio, dove fu collocata solo una branda poco stabile; i pochi indumenti del bambino erano posizionati su di una mensola di quella striscia abitativa. Sotto il letto il ragazzino conservava gelosamente un libro che gli avevano regalato all'orfanotrofio, "Il Piccolo Principe" e lo leggeva di sera con una lampadina tascabile che si era fatto donare un giorno in cui Nicola era soddisfatto per un lavoro andato bene.    

(continua)

sabato 6 giugno 2015

Macchinazione (parte nona)

                  

   Puntualmente ogni giorno si recava a far visita alla madre e notava che era serena, ben curata, davvero entusiasta del luogo e delle persone che soggiornavano in quel posto. Non faceva che tessere le lodi degli ospiti e di come avessero avuto risonanza al tempo delle loro attività; quasi tutti avevano vissuto momenti degni di essere raccontati, mentre lei si era occupata solo della gestione familiare, mettendo da parte le sue passioni.
   “Nessuno ti ha impedito, mamma, di farlo; se volevi dipingere o scrivere o suonare avresti potuto, quando sono stata in grado di gestirmi da sola, potevi farlo, potevi ritagliarti degli spazi tutti tuoi.”
   “Non è la stessa cosa, avevo te da seguire, pensare alla casa, ai pasti, a tutto ciò che riguarda una famiglia, e la sera ero stanca. Le mie nuove amiche avevano i domestici e potevano dedicarsi  a qualunque attività. Ho perso molto della vita che mi apparteneva, ma sono sempre in tempo.”
   “Che vuoi dire, mamma?”
   “Voglio dire che Eugenio mi insegnerà a dipingere, ero bravina in disegno e da ragazza ho vinto anche un premio per un dipinto ad acquerello, poi il matrimonio e tutto il resto, finii per accantonare la mia passione che ho sempre conservato nel cuore.”
   “Perché non me ne hai mai parlato? Ti avrei incoraggiata! Possibile che non ci si parli a cuore aperto, che ci siano dei muri di silenzio fra madre e figlia?”
   Quando giungeva il fine settimana, Giuditta anziché provare gioia si metteva in agitazione e provava angoscia: la mamma preferiva rimanere nel centro residenziale ove organizzavano feste e spettacoli, oppure tornei di burraco. Colse anche gli sguardi di complicità fra Eugenio, un avvocato in pensione che aveva la passione della pittura e aveva partecipato a varie mostre, aggiudicandosi premi di tutto rispetto. Eugenio era vedovo, come sua madre, e non era poi tanto male d’aspetto; pareva anche più giovane della sua età, settantacinque anni suonati. Era garbato e gentile, fine nei modi per cui lei avrebbe dovuto essere contenta per sua madre; ma non riusciva a esserlo, anzi era gelosa di quell’uomo che forse prendeva il posto di suo padre morto prematuramente. Giunse il natale e Maddalena riferì a sua figlia che l’avrebbe passato al centro e che non si premurasse neanche di accompagnarla alla boutique per acquistare l’abito delle feste: Eugenio l’avrebbe portata in taxi.
   “Mamma, e i bambini? Loro ti aspettano! Che natale sarà per tutti noi?”
   “Se dirai ai bambini che la nonna è felice con i nuovi amici, vedrai che capiranno, loro sono più intuitivi di te. E poi non casca il mondo, dovresti essere felice per me. Passa il natale con quella coppia tanto a modo che ci faceva visita nell’ultimo periodo che stavo da te.”
   “Non è la stessa cosa, mamma.”
   “Che ti dicevo che sarebbe stato un bene per lei. Una vita di sacrifici, una vedovanza lunga e mai una distrazione, è ancora giovane e può riprendersi in mano la sua vita.” proferì Victor, quando si vide davanti sua moglie con il volto in fiamme per la rabbia.
   “Ti odio, non ti sopporto! Avrei fatto bene a non sposarti e forse la mia amica, che ho perso, come ho perso la mia mamma, aveva tutte le ragioni; potrebbe essere tutto vero, potrebbe essere vero il tentativo di violenza nei suoi confronti. Stai seminando il vuoto intorno a me e non ho compreso le finalità, ma ci arriverò prima o poi!”
   “Cerca di ricomporti, ma guardati sei patetica, e anche trasandata. Dov’è finita la ragazza che mi ha fatto innamorare? E a letto non mi entusiasmi più, sei apatica e quando lo fai, lo fai solo per dovere; lo sento!”
   “E tu che fai, cerchi forse altrove quello che ti manca? Avrei dovuto aprire gli occhi prima, ora vedo tutto chiaro. E la mia vista lo sarà ancora di più, quando ti coglierò con le mani nel sacco, e allora non ti resterà nulla, dovrai lasciare questa casa che, tra l’altro per tua geniale folgorazione, mi è stata già intestata!”



 (continua)

lunedì 1 giugno 2015

Macchinazione (parte ottava)

                               

   E la madre di Giuditta pian piano subì un lavaggio mentale: il caro genero le faceva visita ogni giorno e la convinceva sui vantaggi di una casa d'accoglienza, come lui la definiva.
   "Maddalena, questi luoghi sono delle belle pensioni dove ritirarsi per non pensare a nulla, non lavorare e divertirsi in compagnia. Dopo una vita di stress e fatiche è bello poter fare una vacanza a tempo indeterminato! E poi se ci si stanca, si torna alla casa d'origine, del resto è una prova."
   I semi quando attecchiscono producono germogli e le parole di Victor produssero l'effetto desiderato: Maddalena si convinse che era giunto per lei il tempo di voltare pagina, del resto nell'ultimo periodo della sua vita si era dedicata esclusivamente alla figlia, ai nipoti, mai un giorno di riposo, una vacanza, anzi se rifletteva bene in vacanza andavano il genero e sua figlia e lei restava a casa a far da baby-sitter, non che le dispiacesse, ma comunque era pur sempre una responsabilità, una fatica maggiore dovendo far tutto da sola.
   Tenne per sé queste considerazioni, non si sa perché ma vedeva nella figlia una nemica, una persona che voleva tenerla con sé: lei le faceva comodo, il suo aiuto le consentiva spostamenti in qualunque momento, era ora che crescesse, si disse, e che s'impegnasse da sola con i bambini e anche nella gestione della casa. Prese il documento di richiesta ospitalità, lo firmò e lo consegnò nelle mani di Victor.
   "Non ti pentirai, cara suocera, mi ringrazierai; è il migliore che ci sia e poi la retta non è alta, ho una conoscenza e avrai anche un trattamento di riguardo."
   Maddalena non volle sentir ragioni quando la figlia si recò in tutta fretta alla clinica, ebbe anzi un atteggiamento risentito e impose a quest'ultima di prepararle tutta la sua roba: l'indomani avrebbe lasciato quel luogo per entrare come ospite nel luogo d'accoglienza e finalmente avrebbe pensato a se stessa, le disse.
   "Mamma, ma chi ti ha ridotto così? Ti ho fatto mancare mai nulla, io e i bambini siamo stati di peso? Ti ho chiesto tante volte di venire con me in vacanza e tu hai sempre rifiutato, volevi che mi godessi quei giorni da sola con mio marito, dicevi che ciò che non avevi vissuto tu volevi che lo provassi io. Non è giusto quello che fai, sei ancora giovane, perché?"
   "Ho intenzione di cambiare la mia vita, tu devi camminare con le tue gambe per un po', poi tornerò a casa e nel fine settimana sarò con voi come ospite, vedrai ci vorremo più bene!"
   La rabbia cresceva nel cuore di Giuditta, la madre le mancava e non soltanto per il supporto domestico. Tutta la sua vita era stata improntata con il riferimento materno, era come se si sentisse abbandonata e tradita. Il marito comprese il suo atteggiamento e la scrollò dicendole che doveva crescere, era ora che divenisse adulta e che tagliasse il cordone ombelicale: sua madre aveva bisogno di relax e di conoscenze nuove!"
(continua)