venerdì 28 aprile 2017

Una vita vera (capitolo 4)



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     La cena si era svolta in una convivialità stentata, la cara cugina aveva lanciato frecciatine fastidiose che Giovanna volutamente non aveva colto: col suo sorriso moderatore aveva fatto in modo che Ernesto non andasse su tutte le furie. La cugina era una dei pochi familiari rimasti della parentela paterna e per lei era un legame con suo padre, morto da qualche anno. Teresa, figlia della sorella di suo padre, era cresciuta con gli occhi puntati sulla bella Marilena; la emulava in moltissime cose, solo nello studio le imitazioni erano mal riuscite: s’era fermata alla maturità magistrale conseguita a stento dopo una bocciatura. Era sposata a Oronzo, tecnico che riparava elettrodomestici e la loro vita si svolgeva nella bella cittadina di Ostuni; avrebbe, per alcuni versi, dovuto sentirsi appagata, ma quella vita di provincia, anche se meta di turisti,non la entusiasmava. Aveva, pressappoco, la stessa età di Marilena e nel confronto ne usciva perdente al punto di vergognarsi di sé sia per l’aspetto fisico, sia per l’intelligenza nettamente inferiore. Quella frustrazione cercava di mascherarla, come meglio poteva, ma erano le sue risposte distaccate, il suo mancato interesse, le sue acide parole a denunciare il suo avvilimento interiore.
   Giovanna aveva compreso da un pezzo l’invidia che Teresa nutriva per sua figlia e se ne dispiaceva: le ragazze erano cresciute insieme e Marilena non aveva creato situazioni tali da far nascere sentimenti di gelosia nel cuore della cugina. Molto spesso, Giovanna si era anche preoccupata quando coglieva quegli occhi di ghiaccio che scrutavano la sua bella figliola. Perciò il posto di bibliotecaria in un’altra città, e per giunta nel nord, era motivo di fastidio pungente per Teresa, sicuramente avrebbe voluto esserci lei a Verona e magari in cerca di belle emozioni. Ma Giovanna sapeva che sua figlia era appassionata allo studio e che era lì per arricchirsi culturalmente; la storia dell’arte era importante: sin da quando aveva scelto la facoltà di lettere, aveva manifestato le sue intenzioni future. 
   I cugini si accomiatarono in gran fretta, la telefonata aveva turbato quella serata e Teresa sembrava avesse il fuoco sotto i piedi.
   “Ma tu guarda, mi sono fatta in quattro per questa cena, ma cosa vuole dalla vita?” Disse tra sé e sé, Giovanna, cercando di non farsi udire dal marito: voleva evitare d’infiammarne l’animo e in quel momento stava tentando di spegnere il suo.
    Ernesto, come nulla fosse, si accinse a dare una mano alla moglie senza fare riferimento alcuno alla conversazione allusiva: quella sera non aveva voglia di polemizzare. Lui aveva compreso da un pezzo quanto la nipote acquisita invidiasse la bella figlia, per lui non era un disagio, tutt’altro era una constatazione della superiorità di Marilena e ne era fiero; per questo motivo aveva sempre vigilato, sua figlia attirava molti sguardi e la cattiveria umana andava arginata. Ovviamente non si riferiva a Teresa, che male avrebbe potuto farle: lei come parente non era una minaccia, ma il mondo esterno sarebbe potuto diventarlo e la figlia ancora si fidava del genere umano: la sua bontà d’animo forse non coglieva gli aspetti negativi della vita.
   “Sempre acidina Teresa.” Disse lui con ironia, mentre si affrettava a riporre i piatti nell’acquaio “Ricordati il verso di Dante, funziona, e poi lasciala bollire nel suo brodo, magari è solo insoddisfatta.”
    “Hai ragione caro!” esclamò “Sai pensavo che quel viaggetto a Verona potremmo anche farcelo, io non conosco quella città, sarà un motivo per rivedere anche Marilena, sapessi quanto mi manca!”
   “E poi sarei io il retrogrado, l’opprimente. Siamo uguali noi due, amore mio!” e l’abbracciò con passione, con immensa passione.
   Aveva una bella famiglia, si disse Ernesto, e guai a chi tentava di creare disturbo: la serenità andava difesa. Avevano fatto tanto, lui e sua moglie, per creare ciò che avevano. Giovanna era stata una moglie paziente, sempre pronta al dialogo costruttivo, un vero modello di saggezza e onestà. In fondo alla sua anima riconosceva i meriti alla sua preziosa moglie che comunque s’era prodigata in virtù dell’amore che lui le donava: da quando l’aveva conosciuta, con quell’aria da passerotto indifeso, lei gli era entrata nel sangue facendogli  abbandonare la precedente vita di bagordi. 
   Si accese una sigaretta e uscì in giardino, il cielo terso e l’aria fresca autunnale erano un’ottima cornice distensiva, Ernesto si accomodò sulla sua poltrona preferita in vimini. Giovanna avrebbe impiegato una mezz’oretta nel rigovernare la cucina e per lui quello spazio di raccoglimento tutto suo, era un dolce ripercorrere i momenti salienti della sua vita: amava addentrarsi nei recessi della memoria e abbandonarsi ad essa.  
   Osservò lo scenario dinanzi a sé, la bella vista che dava sul giardino verdeggiante; buttò l’occhio alla siepe d’hibiscus dai colori rossastri, quanto amava quei fiori, avevano vita breve ma bastava un solo giorno per portarli nel cuore. Fondamentalmente era un romantico, un signore dall’animo gentile che indossava i panni dell’austerità quando doveva impartire l’educazione ai suoi figli, ma nel fondo della sua anima coltivava ancora teneri pensieri, velati da un unico ricordo doloroso. Un refolo leggero al profumo floreale gli accarezzò le narici, chiuse gli occhi e tornò a quel giorno in cui spalancò le porte del piacere alla bellissima Giovanna.

(continua)

8 commenti:

  1. Torno dopo un'assenza, anche dal mio blog, e resto attratta da questa storia, narrata con estrema sapienza.
    Un abbraccio!

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    1. Bentornata, cara Alessandra, ti ringrazio per l'apprezzamento e ti auguro una buona domenica. Spero tu stia bene e che l'assenza non sia stata legata a problemi di salute?
      ricambio affettuosamente
      annamaria

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    2. Purtroppo blog spot oggi fa i capricci e non mi scrive il bentornata corretto, l'ho rimosso varie volte, nulla.

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  2. Un lavoro molto pulito, equilibrato. Sino a ora, per quel che ho letto, la direttiva che ti sei data mi sembra essere quello di una storia di quelle che, forse, oggi vanno più di moda, un misto fra Volo e Moccia.

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  3. "essere quella". Errore di battitura.

    Ne approfitto per augurarti buona giornata, buon 1mo Maggio.

    Cordiali saluti.

    Beppe

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    1. Ti ringrazio, Beppe, per il paragone con due scrittori noti di narrativa, il mio genere. Buon primo maggio anche a te.
      Un abbraccio
      Annamaria

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  4. Grazie a te, Annamaria.
    Oramai il 1mo maggio è alle nostre spalle.

    Un abbraccio a te, in attesa di leggere il seguito.

    Beppe

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  5. Che bel pezzo! Stavolta Giovanna e Ernesto ci regalano una buona serenità.

    E il tuo blog ha ripreso a accettare commenti e riconoscermi :-)
    Marirò

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