martedì 22 maggio 2012

Riflessioni di lettura

                                     
 

  Ho terminato da poco la lettura del romanzo intitolato L'Isola" di Sàndor Màrai, scrittore ungherese di culto, e ho ritrovato lo stesso stile, la stessa minuziosa e raffinata lessicità del romanzo "Le Braci" sempre dello stesso autore.
   La storia comincia in un caldo pomeriggio estivo e presenta un gruppo di turisti ospiti dell'Argentina un hotel affacciato sul mare di Ragusa, la Dubrovnik degli anni trenta. Fra gli ospiti dell'albergo vi è il protagonista della storia, Victor Askenasi, professore di greco antico proveniente da Parigi e diretto in Grecia. Egli sembra distante dal gruppo dei turisti: non socializza e chiuso nel suo mondo pensa solo a raggiungere con ogni mezzo disponibile la sua meta, l'isola deserta, e a tale scopo chiede informazioni al portiere dell'albergo. Mentre lui è alla reception entra una donna vestita di bianco che pronuncia il numero della sua camera a voce alta, sembra lanciargli un invito che prosegue anche quando lei s'incammina ed entra nella sua camera. 
   Il professore sta vivendo un momento difficile a causa della separazione dalla moglie e dell'abbandono da parte della sua amante, Eliz, una giovane ballerina russa, per la quale non solo ha lasciato la moglie e la bambina, ma anche ha abbandonato la cattedra di greco antico. Egli è insoddisfatto e tormentato da un rovello unico d'una domanda sul "segreto della vita" e dopo l'abbandono da parte della giovane amante, situazione giudicata sconveniente dai suoi amici che lo ritengono un signore alle soglie della mezza età in cerca di emozioni, lui si metterà alla ricerca della risposta del segreto prima accennato. 
    La storia si snoda sulle vicende personali di Askenasi, sulle sue riflessioni squisite e colte intrecciate a riferimenti sulla letteratura greca e in un flashback il protagonista ci porta a conoscenza delle sue vicissitudini e della sua esistenza. Apprendiamo anche come si svolgeva la vita antecedente alla seconda guerra mondiale: le descrizioni dei personaggi e dell'interprete principale ci fanno entrare nel periodo degli anni trenta.
   Il professore è un uomo stressato dal lavoro e dalle vicende personali, lui spera che sull'isola deserta troverà la risposta alle sue elucubrazioni, in solitudine sarà più vicino al Creatore al quale formulerà quella domanda. Askenasi è ossessionato dalla risposta all'interrogativo che gli dilania l'anima: "Che cos'é l'amore?". Il finale è infatti un monologo con il cielo, un monologo estremamente interessante per lo stile narrativo, per le metafore di classe e per la descrizione accurata. Askenasi, dopo le sue cogitazioni in solitudine sull'isola, dove si spoglia di ogni indumento e si mette a nudo in un gesto che vuol far comprendere anche la nudità della sua anima di fronte a Dio, giunge alla conclusione che a muovere l'universo è la sofferenza e che la felicità non è che uno spicciolo di poco conto: l'amore stesso è contrassegnato da violenza e aggressività e comunque l'amore non dà un appagamento duraturo, l'amore è fugace. Askenasi capisce anche di non aver trovato la risposta che cercava, nonostante il gesto più infame da lui compiuto. In un delirante finale rivolto sempre al Creatore, dopo non aver ottenuto la risposta, conclude che l'amore è solo un'invenzione divina. Lui si sente ingannato dal Creatore e allora sottovoce gli chiede: "perché mi hai abbandonato?" 
   Il "segreto della vita", la ricerca della felicità, ricerca che poi si rivelerà fatale per l'insoddisfatto professore. Un romanzo dal quale trarre spunti di riflessione: l'uomo la felicità l'ottiene se non si pone molti interrogativi pretenziosi!

28 commenti:

  1. Ti lascio un saluto visto che, come sai, sono un po' lontano da questo genere di letture...belle, intense, ma anche un po' toste.

    Replicando alla tua risposta di là...non mi costa nulla commentare su due blog, visto che memorizzare un link ci vuole tre secondi e non mi costa nulla. Se si è amici di una persona, non costa nulla cliccare un link in più.

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    1. Non sono toste, Stefano, e poi bisogna leggere ciò che entra nelle proprie corde. Pensa che quando stavo pubblicando questa modesta recensione ho pensato a te e a come avresti espresso il tuo disinteresse. Comunque tu sei un lettore interessato, ti piacciono gli autori contemporanei, ciò che conta è leggere con interesse e tu lo fai con profondità. Hai scritto cose belle sul mio libro, ne facesti una bella recensione.

      Lo so che non costa nulla cliccare un link in più, ma non tutti sono così pazienti e tu mi hai dimostrato di tenere molto all'amicizia, grazie Stefano.

      ricambio in affettuosità
      annamaria

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  2. Lettura impegnativa, ma degna di nota ;)

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    1. Certamente, cara Stefania, è comunque una lettura scorrevole, Màrai per quanto sia un autore di culto scriveva in maniera molto fruibile e qui sta il fascino dei suoi pensieri: tanti tentano con ampollosità di essere ermetici, ma è un'incomprensibilità che non porta da nessuna parte.

      un caro saluto
      annamaria

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  3. Che desiderio di leggerlo mi hai fatto venire!!!!! In casa c'è. Farò del tutto per trovare il tempo. Grazie Annamaria, un abbraccio fortissimo

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    1. Il tempo... hai ragione Rossella, questi sono romanzi che vanno letti con una certa continuità: anche essendo fruibili richiedono attenzione.

      Grazie a te, di vero cuore.
      con affetto
      annamaria

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  4. Leggendo questa bellissima recensione, da leggere sicuramente per la ricerca di un bene perso...nella mia "isola" sai quante volte ci ritorno!
    ti lascio una mia meditazione in poesia, meditazione dopo un temporale "dell'anima"...
    ti abbraccio*
    ...
    Ritorno sempre qui
    quando cerco la quiete
    e mi assedia la malinconia.
    Ritorno sempre qui
    con l’anima pallida
    affamata di colori
    assetata di purezza
    povera di TE.
    Ritorno sempre qui
    alla TUA ombra
    tra questi rami in fiore
    nella cella del vino
    dove il TUO vessillo su di me
    è amore.

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    1. E' bellissima, cara Luisa, non sapevo fossi così brava a esternare emozioni sotto forma di poesia. La serberò con gioia, anzi ne trarrò in seguito delle riflessioni.
      Grazie infinite!

      con affetto.
      annamaria

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  5. Màrai forse è più un filosofo sofista che uno scrittore di romanzi, chi non ha confidenza con questa corrente di pensiero fatica a tenere il passo, cosa comprensibilissima.

    Complimenti per la recensione, efficace nella sostanza e stilisticamente perfetta nella forma.

    TADS

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    1. E' una filosofia comprensibile, basta leggere con attenzione. In questo romanzo la scrittura è scorrevole per niente ermetica, certo non è una storia da leggere in una notte, ma per la qualità scrittoria merita.

      Ti ringrazio per il giudizio davvero gratificante.
      un saluto
      annamaria

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  6. cara (con il massimo rispetto) Annamaria,
    io e il sofismo siamo come il caffè e il latte nel cappuccino, la linea analitico/interpretativa creata da Socrata è tutto fuorchè comprensibile ai più

    mi spiego meglio riportando una frase del tuo post:

    "...In un delirante finale rivolto sempre al Creatore, dopo non aver ottenuto la risposta, conclude che l'amore è solo un'invenzione divina. Lui si sente ingannato dal Creatore e allora sottovoce gli chiede: "perché mi hai abbandonato?..."

    mille lettori di fronte a questa frase danno vita ad una interpretazione contestualizzata, questo è il "comprensibile", l'aspetto sofista sta nel fatto che quasi nessuno di loro coglie ciò che Màrai intendesse veramente dire

    Molto probabilmente lo scrittore, in preda allo sconforto, elabora una metafora per giungere alla negazione dell'esistenza di Dio stesso, non dell'amore, cosa che ha già fatto in altri testi, sempre mascherando il concetto. Partendo da questa riflessione il finale assume contorni diversi.

    un cordialissimo saluto.

    TADS

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    1. Condivido, anche secondo me Màrai rifiutava l'esistenza di Dio, e esprimeva il suo diniego attraverso storie che giungevano all'affermazione del suo concetto, in questo romanzo il finale esalta quella mancanza di fede. Egli, infatti, si rivolge in un delirante monologo finale esclusivamente al Signore rinnegando l'esistenza dell'amore in quanto sentimento, dicendo che è solo un'invenzione divina e che il diavolo conosce molte cose su Dio stesso, perché se così non fosse non porterebbe gli uomini in tentazione. Quel tergiversare, quel girarci intorno con doviziose parole è per me interessante, certo è capzioso ma ha i suoi lati positivi, la sua narrativa raffinata, ovvio che ognuno legge ciò che piace e a me non dispiace Màrai nonostante tutto, nonostante io non approvi le sue convinzioni.

      Buon fine settimana e grazie per l'ulteriore commento approfondito.
      ricambio il saluto
      annamaria

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  7. Anche io sto leggendo Marai in questo momento, che coincidenza... Non il libro che hai così elegantemente recensito tu, ma Il gabbiano, scritto subito dopo Le braci.
    Lo stile inconfondibile di Marai, che predilige il monologo-riflessione-confessione, consente sempre una lettura a più livelli, dove ognuno può fare entrare la propria storia personale e al tempo stesso riflettere su temi e interrogativi che fanno parte della storia dell'umanità. Con autori di questo spessore si va sempre sul sicuro...
    un caro abbraccio

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    1. Un autore di culto, cara Maria, un autore che ama filosofeggiare ma proprio per questo trovo interessante la sua scrittura di estrema qualità, ricca di metafore. Ora che mi hai parlato del "Gabbiano" penso che lo leggerò anch'io.

      Ti ringrazio per aver apprezzato la mia modesta recensione e ti auguro un buon proseguimento domenicale.
      ricambio affettuosamente
      annamaria

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  8. Cara Annamaria, questa tua accurata e ben costruita recensione de" "L'Isola" del nostro amato Màrai, mi ha fatto nascere la voglia di riproporre il mio pezzo - uscito anni fa nei consueti quotidiani cui collaboro - in occasione della prima proposta di Adelphi del romanzo.
    Trovo piacevole questo nostro agire in parallelo, poiché sai quanto io stimi la tua penna raffinata ed onesta.
    Un abbraccio domenicale molto stretto, in attesa di un tuo commento.
    grazia

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    1. Cara Grazia appena mi hai detto che avresti riproposto la tua recensione sono andata a leggerla e commentarla. Ovviamente la tua è veramente accurata, ma come tu sottolinei ed io confermo: io amo scrivere ciò che sento e che mi tocca il cuore.
      Anche per me è tanto piacevole il nostro interagire, anzi aggiungo è per me tanto gratificante.
      Grazie per la stima e per l'apprezzamento che mi onora.

      Contraccambio con infinito affetto
      annamaria

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  9. Recensione permeata da estrema sensibilità e capacità di trasmettere emozioni e sensazioni suscitate dalla lettura del romanzo. Un sicuro invogliare ad una lettura personale.

    Un personaggio tormentato questo professore di greco antico!

    Un romanzo dal quale trarre spunti di riflessione: l'uomo la felicità l'ottiene se non si pone molti interrogativi!

    Se fosse vero l'assunto, allora l'uomo non potrebbe mai raggiungere la felicità terrena perché è nel suo DNA porsi domande. Personalmente, sono convinta che la felicità non sia una condizione di questo mondo o, almeno, la intravvediamo per attimi fugaci.

    Un abbraccio affettuoso.
    Annarita

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    1. Proprio così, cara Annarita, un professore tormentato da un rovello costante, l'amore dà la felicità? Hai ragione a dire che l'uomo si pone domande: è normale anzi necessario per crescere, ma non interrogativi pretenziosi ai quali non vi sono risposte ragionevoli. Sappiamo tutti che la felicità non sempre ci appartiene, sappiamo anche che non tutti gli amori donano la vera felicità, ma lui il professore soffriva sicuramente di patologie interiori.
      Ti ringrazio per il giudizio davvero gratificante, per me è moltissimo non sono un critico, direi che mi cimento e cerco di farlo.

      ricambio con affetto
      annamaria

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  10. Bella presentazione, veramente brava, annamaria. Ma l'isola deserta dove denudarci non è fuori di noi, è la nostra realtà interna. Certo l'amore non è quello che il professore ha dato alla moglie né all'amante e nemmeno al suo lavoro. Hai voglia a denudarsi sull'isola deserta. La felicità carnale è fasulla, dura poco e non basta. E l'uomo non può fare a meno di porsi delle domande, è nella sua natura profonda. Egli non è mai contento tranne che nell'amore dato e simultaneamente ricevuto, ma cos'è l'amore? Toccarsi, godere, desiderarsi, possedersi, stancarsi e e poi ricominciare? Ci vuol altro. Non basta nemmeno l'invito a vivere con semplicità, senza porsi troppe domande, anche se è comunque un buon consiglio.

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    1. Grazie infinite, cara Mimma, per l'apprezzamento ai miei modesti pensieri sul romanzo di un grandissimo autore.
      L'isola è dentro di noi, ed è quello che penso anch'io, ma il protagonista a contatto con Dio nel silenzio assoluto dell'isola si denuda esternamente forse in un impeto di follia, ed io ho intravisto nel gesto un denudamento dell'anima, come se avesse voluto presentarla al Signore sgombra da ogni vicissitudine. La felicità l'uomo cerca di raggiungerla, solo l'uomo semplice ne può godere, ecco perché ho terminato il mio post dicendo che l'uomo che non si pone molti interrogativi può tentare di essere felice; ma io ho sintetizzato troppo, avrei dovuto dire che l'uomo che trova il bello nelle piccole cose raggiunge la felicità.

      Un grande abbraccio
      annamaria

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  11. Ti sei andata a cercare un autore non poco difficile, una di quelle letture che io dico essere Letteratura, con la "L" maiuscola. Sàndor Màrai, grande talento, non felice in vita: uno spirito inquieto, che bene si riflette anche tra le pagine de "L'Isola". Aborriva profondamente il regime, e quella nazista e quello comunista: le sue stoccate sono proverbiali, un uomo libero che non ha mai abdicato le sue profonde convinzioni. Proprio per la sua indole critica nei confronti del comunismo, ha purtroppo avuto non pochi guai: nel '48 fu costretto ad abbandonare l'Ungheria. Lutti gravi per Sàndor Màrai: la moglie per cancro, poi il figlio. Si suicidò poco prima della caduta del muro di Berlino, del comunismo. Fu cremato secondo le sue ultime volontà. Votato al realismo, fu tra i primi a comprendere la statura artistica di Kafka. Tutta la sua opera è tesa alla ricerca della libertà e della felicità: come purtroppo ben sappiamo, Sàndor Màrai non ha mai conseguito appieno né la felicità né la libertà.

    Ottima recensione d'un libro che non posso non raccomandare, così come tutte le opere di questo autore immenso.

    Buona serata e un forte abbraccio,

    beppe

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    1. Uno spirito inquieto, dici bene caro Beppe, un uomo che detestava il regime e lo ricusò aspramente. Nelle sue opere traspare la sua interiorità turbata, ma sapeva scrivere con grande bravura ed è quella che affascina anche se va letto con molta attenzione. Molti Grandi non hanno raggiunto la felicità, peccato: evidentemente sono fragili nel profondo.

      Ti ringrazio per il giudizio molto gratificante, io scrivo semplicemente le mie impressioni: non sono un critico come te Beppe, apprezzo tanto la tua professionalità e competenza.

      ricambio affettuosamente
      annamaria

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    2. Per certi versi, seppur alla lontana, è spirito affine a Orwell, anch'egli perseguitato dal regime comunista e nazista.

      Che Sàndor sapesse il fatto suo è fuor di dubbio: è, a mio avviso, uno dei massimi esponenti della Letteratura realista. Non è un autore facile, ma è ingiusto dire così: il problema è semmai da ricercarsi nei lettori, da troppi anni abituati a digerire lavoretti melensi, scritti senza stile alcuno, impastoiati dal minimalismo a tutti i costi.

      Bertrand Russell era un grande, un filosofo di tutto rispetto, premio Nobel, etc. etc.: ha avuto una vita avventurosa e molto altro ancora, ma era dotato d'una tempra come pochi, per cui la felicità l'ha saputa vivere momento per momento. Non è vero che l'artista debba essere inquieto e tormentato per creare della vera arte: questo è un cliché a cui ci ha abituati una critica spendacciona di parole a vuoto. Sicuramente esistono animi più fragili rispetto ad altri, ma questo vale tanto per gli artisti quanto per chi, ad esempio, fa il manovale.

      Ti assicuro che hai trattato il libro con acutezza critica, e non è facile recensire Sàndor e riuscire a farlo digerire ai lettori, per cui il mio plauso lo meriti tutto. La critica deve essere onesta e diretta, in questo credo: e tu recensendo Sàndor hai dimostrato d'aver delle ottime doti critiche.

      Un caro saluto e buona serata

      beppe

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    3. Grazie mille, caro Beppe, troppo buono, ma no non dovrei dirlo: tu sei sincero ed è ciò che apprezzo molto in te, hai sempre parole di verità.

      Grazie anche per aver parlato di altri autori, comunque io non intendevo dire che solo chi è inquieto genera capolavori, mi riferivo solo a Màrai, mi hai frainteso.

      Affettuosità
      annamaria

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  12. Come non essere d'accordo con la tua conclusione? :-) Eppure... è davvero possibile non interrogarsi sul significato della vita e la ricerca della felicità o... non sarà proprio questa un nascondere la testa sotto la sabbia per timore delle risposte? :-|
    Bellissima come sempre la tua recensione, hai una capacità riassuntiva davvero notevole! :-)

    www.wolfghost.com

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    1. Tutti s'interrogano, sarebbe ipocrita affermare il contrario, ma una cosa è la domanda costruttiva, un'altra è la domanda ossessiva come nel caso del nostro protagonista.
      Ti ringrazio per l'apprezzamento che mi rende felice, anche perché ti stimo come persona che sa interpretare il pensiero e lo sa esporre con bravura.
      un saluto
      annamaria

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  13. Un saluto d'affetto...ti leggo sempre anche se spesso non commento...
    ^^

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    1. Grazie, cara Carla. Affetto ricambiato,
      un abbraccio e buon inizio settimana.
      annamaria

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