venerdì 11 dicembre 2015

Il viottolo

                                                                  

   C’era una vecchia strada, polverosa e contorta ricoperta di sassi, era una stradina di campagna che percorreva di nascosto. “Non andare in quella strada non asfaltata!” le ricordava l’amabile zia “Dicono che ci sia uno strano vagabondo accampato fra i cespugli.”
   Giorgia aveva solo quattordici anni e una curiosità fra le più fervide: l’incognita e il rischio la entusiasmavano. Voleva guardare con i suoi occhi, non credeva alle raccomandazioni e la sua avveduta sicurezza la portava a vivere ciò che le suggeriva il cuore.
    Lo stretto viottolo non aveva nulla di attraente, appariva desolato e sporco, l’unica bordura erano ciuffi d’erba incolta e frastagliata da canne filiformi e secche. Ma Giorgia s’immaginava di giungere in un posto bellissimo nascosto agli occhi di tutti, un luogo che voleva esplorare per prima. Quell’anno i suoi erano partiti per un lungo viaggio, non l’avevano mai fatto prima, e poiché quello era per loro il viaggio di nozze mancato per insufficienza di denaro, avevano affidato la loro unica figlia alla cara zia Giuseppina: l’aria di campagna sarebbe stata un toccasana per la loro ragazzina. Nonostante fosse coraggiosa, Giorgia non si buttava allo sbaraglio all’improvviso, lo faceva per gradi, valutava, agiva con circospezione: quell’astuzia l’aveva ereditata da suo padre che non agiva mai d’impulso, era un uomo intraprendente ma accorto.
   La prima volta percorse il viottolo sconnesso per un certo tratto: non proseguì sino in fondo, giunse a metà percorso e si voltò indietro, uno strano fruscio fra le canne l’aveva messa in allarme. Tornò a casa lievemente impaurita, ma non volle menzionare l’accaduto, se accaduto era stato, piuttosto un rumore sospetto che le aveva creato pensieri e paure.
   Zia Giuseppina era bonaria e briosa, la accolse col sorriso festoso e un succulento pranzo, vera prelibatezza di sapori. La tavola in massello di noce era apparecchiata solo per loro due e Giorgia, mentre sbocconcellava le tagliatelle al ragù, fingendo naturalezza, chiese: “Zia, com’è che non ti sei mai sposata?”
   Giuseppina non si aspettava una domanda così privata, ma sorridendo con indulgenza rispose: “Il vecchio zio, mio padre, allontanò il ragazzo che amavo. Nessuno più ha conquistato il mio cuore. Non preoccuparti cara, io sono felice così, ho questa fattoria che dirigo, le mie giornate sono piene.”
   Il giorno dopo la ragazzina tornò alla stradina polverosa e brulla e s’inoltrò, attraverso le canne vide due occhi scuri che la scrutavano, stava per scappar via, quando una voce la richiamò: “Non andartene, fammi compagnia!”
   Giorgia si fece largo fra i cespugli secchi e vide un uomo coperto di sporcizia, con una folta chioma che, ondeggiando al vento, gli copriva il viso anch’esso annerito dalla polvere. Non sapeva definire le fattezze di quella persona, l’unica cosa certa era lo stato di trascuratezza che scaturiva da quello sconosciuto.
   “Sei tu il vagabondo che vive qui?” chiese Giorgia, tenendosi a debita distanza. “Mia zia, mi dice di non venire qua a curiosare.”
   “Io non so neanche da quanto tempo sono qui, non ricordo. Non ho nessuno, questo lo so, ma perché sono qui, non lo so. Ho paura degli altri e mi nascondo. Tu sei la prima alla quale parlo.” Rispose lo strano tipo con voce roca e sguardo ferito.
   Giorgia custodì il segreto e tutti i giorni si recava nel posto celato, per conversare con lo sconosciuto che faceva progressi di giorno in giorno. Capì che era una persona colta, di nobili sentimenti e di bontà di cuore.
Viveva lì da un tempo non definito e si nutriva dei prodotti spontanei della natura dei quali andava alla ricerca, mentre la sua dimora era un cunicolo all’interno di una grotta. Una vita spartana, d’altri tempi, una vita annullata da chissà quali pregresse sofferenze e tribolazioni.
   “Non conosci neanche il tuo nome?” annunciò Giorgia quella mattina “Ti chiamerò Cosimo, ho un cugino che ti somiglia con questo nome.”
   Erano trascorsi svariati giorni e la ragazza pensò di convincere Cosimo a venire da sua zia, glielo voleva presentare e chissà, avrebbe potuto lavorare lì come contadino.
   “Ti ho portato degli abiti che ho trovato nell’armadio di mia zia, andiamo a quello stagno, ti lavi, ti cambi e poi andiamo! Non ti lascio più qui da solo!”annunciò la ragazzina.
   “Sei uno spettacolo! esordì stupita, quando lo vide comparire attraverso le canne. “Pensa un po’, come sarai dopo aver tagliato i capelli? Andiamo, farai un figurone!”
   Giuseppina, si portò le mani al volto, non credeva ai suoi occhi, la sua faccia sorridente si bagnò di lacrime e singhiozzava come se avesse visto un redivivo che credeva sepolto in un luogo oscuro.
   “Fratello mio, non ho saputo più niente di te. Papà mi aveva detto che eri morto in Africa, in un posto segreto durante un safari con i tuoi amici. Che grande pena! Ho passato anni di tormento!”
   Cosimo, come in un lampo si riappropriò della sua memoria che giungeva a fiotti lenti e poi improvvisi e rievocò quei momenti. Si vide con suo padre durante un alterco, uno scambio d’idee, stava difendendo Mattia, il fidanzato di Giuseppina, un bravo ragazzo con l’unica colpa d’essere povero, quando suo padre per farlo tacere lo colpì sulla testa con un bastone. Ricordò d’essere fuggito come un animale braccato e di essersi svegliato in quella radura nascosta nei campi e lì era rimasto sino all’arrivo di quella curiosa nipotina. Ricordò la ferrea disciplina del padre, la sua chiusura mentale, l’imposizione dei suoi comandi e l’assoluto assoggettamento di Giuseppina.
   Si abbracciarono e si guardarono negli occhi, il tempo avrebbe sciorinato le loro confidenze, il tempo avrebbe lenito i dispiaceri e steso un tappeto nuovo su quell’esistenza recuperata.
  
     

  

5 commenti:

  1. Annamaria cara, non ti smentisci mai!
    Un altro bellissimo racconto, ricco di pathos.
    Buona domenica.

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    1. Grazie,cara Alessandra, per le gratificanti parole. Ti auguro una
      buona serata.
      Un abbraccio
      Annamaria

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  2. paola romani13/12/15, 09:00

    delicate immagini in una scrittura che cattura ,brava come sempre ...

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    1. Che piacere trovarti nel mio blog, cara Paola. Grazie per l'apprezzamento, ti auguro una buona serata.
      Un abbraccio
      Annamaria

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  3. Che bello! Sembra una delicata favola di Natale, di quelle che fanno bene al cuore.
    Ti abbraccio,
    Marirò

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