sabato 10 ottobre 2015

Riflessioni di lettura

                                                        
                                                                            
                                      
                                                                      
  

   Il titolo di un libro è come un incipit adescatore: invoglia, seduce e stuzzica, poi entra in gioco il nome dello scrittore, della casa editrice, in questo caso non vi sono domande da porsi: l’autrice non ha bisogno di presentazioni e di quest’ultima creazione narrativa se n’è parlato. Nonostante ciò il titolo del libro mi ha incuriosita e mi ponevo delle domande, anche sapendo che avrei letto una saga familiare. E allora mi immaginavo che le ciliegie fossero gli avvenimenti felici appartenenti alla famiglia in questione, il cappello come grande paniere di dolcezze, di amori, di conquiste a lieto fine. Poi sono stata introdotta alla storia dalla splendida prefazione di Pierluigi Battista e apprendo che il “cappello pieno di ciliegie” era il copricapo di Caterina, l’arcavola di Oriana, che vive le sue peripezie nel settecento toscano alla vigilia della Rivoluzione Francese. E da qui parte il romanzo, una storia a ritroso che abbraccia circa due secoli, una ricerca nel tempo andato che, per la mole di lavoro, costò alla Fallaci dieci anni di fatica e sempre con lo stesso interrogativo: “Se non fosse andato/a, se non avesse preso quella decisione, se non ci fosse stato quell’evento, "IO non sarei nata?”
   Ed è tutto qui: siamo quello che siamo attraverso i cromosomi che s’intrecciano, i geni che riceviamo, per cui se un tale avo si fosse unito con un’altra persona, le nostre caratteristiche non sarebbero le stesse. Ma la storia di Oriana che scava nel tempo che fu, è un vero trattato di storia che un libro scolastico non ci racconta e il tutto legato alla famiglia Fallaci che ne ha fatto parte.
    Il romanzo, oltre che essere un’opera storica ricca di dettagli e dovizie di particolari impensabili, persino il numero dei componenti dei reggimenti che parteciparono alle varie guerre e rivolte, poi date, descrizioni degli armamenti e luoghi, parla, anche, di scienze e medicina dell’epoca, architettura, storia dell’arte, ricette culinarie. Scopriremo così abitudini e gusti, le origini di ciò che ci è giunto in eredità e cosa più triste sarà l’impatto con la crudeltà umana unita alla sete di potere che va oltre qualunque pensiero logico. Siamo abituati alle nefaste notizie d’ogni giorno, ai necrologi, alle barbarie più turpi, ma ciò che sconforta è leggere che le stesse atrocità essendo state perpetrate in passato quando la cultura era di pochi, continua a essere emulata anche oggi. In più riprese, Oriana dice, quando entra in prima persona nel personaggio familiare più crudo, avrei voluto non essere nata. Nel settecento vigevano leggi assurde e oppressive, l’Italia era una nazione ambita dall’Austria, dalla Francia e ne subì i vari governi, le varie occupazioni; ma dominava anche il potere della Chiesa feroce come un aguzzino spietato e corrotto.
   Tornando al titolo del libro, Caterina è l’arcavola trasgressiva che nel lontano settecento va al mercato con un cappello pieno di ciliegie per farsi riconoscere da Carlo, prossimo coniuge; Caterina sfida quell’epoca in cui le donne popolane non potevano indossare copricapi, ma lei ha nelle sue vene il sangue eretico di Ildebranda che fu martirizzata per aver consumato un cosciotto d’agnello durante la Quaresima. Caterina non ha timore delle spietate leggi dell’epoca e al mercato ci va anche per smerciare “tubi di decenza”, mutande femminili copiate da quelle della Regina di Francia. Nel settecento alla donna non era concessa nessuna frivolezza, trine, pizzi, nastri, fiocchi e la donna non doveva saper leggere e scrivere, meno sapeva meglio era, dicevano i più. Caterina, desiderosa di istruzione, sposa Carlo anche perché sa leggere e possiede alcuni libri importanti. Caterina detesta Napoleone e combatte per i suoi ideali, impara a leggere e a scrivere velocemente e vive un matrimonio d’amore che, se inizialmente nasce come un incontro voluto, dopo diverrà un’unione ricca di sentimento che continuerà fino alla fine dei giorni fra mille peripezie.
   Carlo fa il contadino, per meglio dire è un esperto di viticultura che avrebbe dovuto trasferirsi in Virginia per portare la sue conoscenze vinicole: all’epoca il vino toscano era già rinomato e lui riceve un’importante offerta di lavoro, ma per una casualità, che a leggerla ora parrebbe una sciocchezza, ritorna alla sua terra toscana. Oriana dice che se il suo arcavolo Carlo si fosse trasferito negli Stati Uniti, avrebbe sposato un’altra donna e lei non sarebbe nata.
   Il filo conduttore del romanzo è la cassapanca che di generazione, in generazione giunge a Oriana, cassapanca che all’interno contiene tanti pezzetti di storia sulla quale lei indagherà: consulterà archivi, si recherà in America, in Inghilterra e nelle ricerche riceverà l’aiuto dovuto; attraverso il baule, custode di frammenti di storia, Oriana potrà ricostruire la storia che le appartiene.
   Dicono che con i cromosomi ereditiamo anche i geni caratteriali ed è così, sappiamo quanto Oriana sia stata in vita una donna combattiva, amante della verità e della giustizia, una donna che sovvertiva le regole, ebbene la famiglia Fallaci era anch’essa combattiva e quasi tutti gli appartenenti portavano avanti i loro ideali a costo della vita.
   Questa non è una saga come tante e si spiega la corposità del libro che partendo da Caterina, nel lontano 1750, narra le vicende degli antenati ribelli succedutisi nell’arco di due secoli. Francesco Launaro che si ribella sgozzando venti algerini per vendicare il padre rapito vent’anni prima da pirati barbareschi: al tempo vigeva la spietata legge del mare e lui per questo scopo combatterà con il fuoco in corpo divenendo un abilissimo marinaio. Le barche erano a vela e la navigazione, quando sopraggiungeva una tempesta, era affidata alla perizia e alla forza umana.  Francesco conoscerà una bellissima antenata di Oriana, Montserrat, nata da uno stupro perpetrato da un nobile che sposa segretamente la vittima dell’abuso ma non vive mai con lei, essendo una cameriera. Il duca Grimaldi, questi era il nobile, pur occupandosi economicamente della figlia non vorrà mai conoscerla fino alla fine dei suoi giorni e quando la madre di Montserrat muore per il “mal dolent”, lei parte alla volta di Genova per conoscere il padre; il tentativo fallisce e lei s’imbarca a Livorno, dove incontra Francesco Launaro dalla bellezza intrigante, i due si sposeranno, nonostante i vent’anni di differenza, e la loro vita sarà costellata da gioie e anche da dolori che porteranno alla pazzia Montserrat.
   Giovanni e Teresa sono anch’essi arcavoli che si ribellano vivendo una notte clandestina d’amore dalla quale nascerà Giobatta che si ribella imparando a leggere e a scrivere, ma non solo diverrà uno scultore abile nelle incisioni, uno scalpellino come pochi. Giovanni è un antenato estremamente povero,per cui  conosceremo la cruda miseria del periodo, quella miseria che lo porterà ad arruolarsi nelle truppe napoleoniche e combatterà senza un addestramento; sofferenze e dolori lo tempreranno e come lui anche altri del periodo combattevano senza competenza, vestiti inizialmente dei loro stracci. Giobatta, bellissimo ragazzo, figlio di Giovanni, s’innamorerà di una ragazza goffa più grande di lui, entrambi parteciperanno alle rivolte popolari, ribelli anch’essi, condividono ideali ed esploderà l’amore che li vedrà sposi, ma la loro storia sarà molto travagliata e avrà un finale tragico.
   La saga si conclude con la storia di Anastasìa che non ha un certificato di nascita e non avrà neanche quello della sua morte suicida all’età di 40 anni, una donna bellissima e combattiva, una maliarda dalle intense avventure fra Italia e America dove giunge dopo aver affidato alla ruota il frutto del suo amore illegittimo: una bimba, Giacoma nonna di Oriana. Giacoma, il cui padre non se ne fa menzione essendo un politico troppo in vista, Giacoma dall’aspetto sgraziato, per un’atroce casualità, perderà un occhio che ne accentuerà la bruttezza.
   Il mal dolent era nei cromosomi e di generazione in generazione giunge anche ad Oriana che sapendo di dover morire, affida il suo manoscritto al nipote che ne curerà la pubblicazione.
    Ci sarebbe ancora tanto da scrivere su questo romanzo che meriterebbe una seconda lettura, infatti Oriana a più riprese si rivolge al lettore dicendo: “Ti ricordi?” e interviene sintetizzando i passaggi precedenti per rinfrescare la memoria; è come se in alcuni punti la narrazione assumesse un tono colloquiale, pur conservando la bellezza espositiva pregna di passione, frutto del grande talento di una Donna, contestata e tanto amata, una giornalista e scrittrice di grande Maestria.

















9 commenti:

  1. Non potrei leggere un libro del genere al momento, non ce la farei proprio... La tua recensione, puntuale e - credo - completa come sempre, mi sarà sufficiente.
    Ovviamente noi siamo - anche - i nostri cromosomi, tuttavia qualcosa di nostro lo mettiamo, almeno nella vita che viviamo. Mi è sempre stato indubbio che una sola virgola cambiata nel passato nostro e dei nostri avi, significherebbe non solo essere oggi in una situazione completamente diversa, ma perfino... non esserci per nulla.
    Un caro saluto!
    www.wolfghost.com

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    1. Ti ringrazio per il giudizio nei miei confronti, caro amico. I cromosomi che riceviamo sono la struttura delle nostre cellule, ovvio che sarà determinante la crescita e le situazioni, comunque sia riceviamo in dote un bagaglio a ritroso.Buona serata, un saluto affettuoso
      annamaria

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    2. Eppure perfino su un dato che apparirebbe scientifico, gli esperti si dividono: c'è chi sostiene che ogni cosa di noi, incluso il carattere, è scritto nei nostri geni fin dalla nascita. E chi, invece, sostiene che il peso "ambientale" (incluso ciò che pensiamo e le esperienze che facciamo) abbiano il peso maggiore.
      Immagino che la verità stia nel mezzo...
      Grazie, un caro saluto :-)

      www.wolfghost.com

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  2. Una grande scrittrice, una grande donna....ti abbraccio e felice inizio di settimana Annamaria!

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    1. Grazie, buon proseguimento settimanale anche a te.
      affettuosità
      annamaria

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  3. Che bella recensione, cara!
    Un abbraccio.

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    1. Grazie infinite, cara Ale.
      ricambio di cuore.
      annamaria

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  4. Una giornalista e scrittrice che ho sempre apprezzato per il suo impegno sociale e per la verità. Ho letto quattro dei suoi libri, tutti coinvolgenti, questo diciamo che è in attesa di lettura. Ne parlammo tanto con un'amica che lo stava leggendo e che avrebbe poi dovuto passarmelo, ma che ancora non ha completato di leggere. Lo ha definito un libro lumaca, da assaporare pian piano.
    Siamo nati con un bagaglio ben definito, a noi custodirlo e anche ampliarlo e migliorarlo.
    Ottima la tua recensione. Telefonerò alla mia amica perchè acceleri la lettura...
    Buon weekend, cara Annamaria
    un abbraccio, ciao

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    1. Un libro lumaca è stato anche per me, ho impiegato un bel po' di tempo per metabolizzarlo e proseguire e anche per la corposità. E' un libro che come ho già detto, merita una seconda lettura.
      Grazie per l'apprezzamento, ti auguro un buon weekend.
      affettuosità
      annamaria

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