sabato 19 settembre 2015

Macchinazione (parte quattordicesima)

                       

   Nicola cominciò a spiare l'orfanotrofio, dopo averlo individuato finì per appostarsi e cogliere i momenti di quelle uscite dei bambini che vivevano lì; non sapeva perché lo facesse e man mano che passavano i giorni, giunse a pensare che se lui avesse adottato uno qualunque di quei bambini sarebbe stato meno solo, del resto avrebbe soddisfatto l'inesaudito desiderio d'avere un figlio biologico. Ma per prima cosa doveva rivedere Fiorenza, doveva chiederle scusa, avrebbe trovato il modo di farle comprendere che lui non era una bestia e che se avesse acconsentito lui l'avrebbe sposata, le avrebbe dato una casa dignitosa, e con l'adozione la famiglia sarebbe stata perfetta.
   Un giorno tentò il tutto per tutto, doveva entrare nelle grazie delle suore e dopo essersi fatto ricevere dalla Madre Superiora, si offrì come volontario tuttofare, lavoretti sia idraulici che di altro genere: un grosso stabile necessita all'emergenza di qualche manutenzione straordinaria. Si accordarono per il pomeriggio inoltrato, momento in cui Nicola terminava il suo lavoro e ogni giorno si recava all'orfanotrofio per rendersi utile, lo faceva con gentilezza e disponibilità.
   Oramai era diventato un membro di quella comunità e poté fare quelle domande alle quali teneva; seppe così che Fiorenza era morta di parto e che il bambino viveva presso di loro in attesa di un'adozione.
   "Oh, Madre, che dispiacere! Ho conosciuto la ragazza quando era a casa del sindaco. Ma il padre non potrebbe prenderlo con sé?"
   "Impossibile," rispose la Madre Superiora "la ragazza non sapeva neanche di essere incinta quando è venuta qui. Lei non aveva una crescita intellettiva, sicuramente il lui misterioso si approfittò di lei."
   Oramai era diventato un chiodo fisso, doveva conoscere il bambino. Maschio, pensò, tanto meglio l'avrebbe aiutato nel lavoro, così come faceva suo padre anche lui si sarebbe comportato allo stesso modo, intransigente e severo, una formazione richiede un comportamento rigoroso, si disse. Per cui non avrebbe avuto remore di nessun tipo, del resto se le suore avessero acconsentito offriva al bambino un tetto. Modesto, ma pur sempre un tetto che era sempre meglio del collegio lugubre, dove vigeva una disciplina carceraria ben diversa da quella che avrebbe impartito lui, in cambio il bambino avrebbe dovuto contribuire con il lavoro e lo spazio domestico sarebbe stato tutto suo e un giorno lo avrebbe ereditato assieme al laboratorio e alla professione che gli avrebbe insegnato.    
   E lo conobbe: se lo fece indicare. Appena lo vide comprese che era suo figlio, non c'erano dubbi, stessi occhi scuri, capelli ricci e quel modo irriverente di porsi, quel comportamento misto a tanta compiacenza che serviva in più occasioni. Gli sorrise e gli porse un piccolo meccano, una scatoletta contenente barrette di ferro, viti e bulloni, era un residuato di vecchi pezzi che accantonava per avere una scorta di materiale utile per il suo lavoro.
   "Cos'è?" chiese Vittorio guardando con velata diffidenza. Piccolo ma scaltro, proprio il tipo che piaceva a lui. Buon sangue non mente, pensò.
   "E' un gioco per i maschietti intelligenti come te. Potrai costruirti un modellino o ne farai quello che vorrai."
   "Grazie, signore! Ma perché proprio a me?"
   "Mi ricordi me da piccolo, alla ricerca di giochi diversi."
   Cominciò così la frequentazione del bambino e dello stagnino, la Madre Superiora  convenne fra sé che era giunta l'ora di far firmare quelle carte a Nicola: Vittorio sarebbe divenuto suo figlio.

(continua)

8 commenti:

  1. bella la tua continuazione! Un carissimo abbraccio!

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  2. che bello Annamaria, ...ma così si resta in sospeso, spero leggerò presto il rimanebte del racconto...già io mi sono fatta la mia idea chissà se poi corrisponderà alla tua!
    ti ringrazio molto per la gentilezza che sempre dimostri nei miei confronti, sono stata ba lungo assente dal blog, mettevo qualche post ogni tanto, a dire il vero mi ero anche stancata, ma invece ora sento che mi è mancato questo contatto immateriale con tante persone sensibili e speciali e sto riprendendo
    un caro saluto
    Annalisa ventisqueras

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    1. Buongiorno, cara Annalisa, è un piacere ritrovarti da me. I tuoi post sono sempre interessanti e affascinanti. Questa storia è nata come un racconto di una sola puntata, poi mi sono accorta che avrei dovuto approfondire e di volta in volta ha preso sempre più corpo. Spero vorrai continuare la lettura e con il tempo che intercorre da una pubblicazione al'altra credo che possa essere fattibile.
      Buon weekend, un abbraccio
      annamaria

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  3. Era il tempo delle adozioni facili e veloci: bastava andare in un orfanotrofio, ingraziarsi le suore e firmare due carte.
    Comunque fa piacere leggere qualche barlume di buon sentimento nell'idraulico.

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    1. Ti ringrazio per l'attenta lettura e ti auguro una buona notte.
      Un abbraccio
      Annamaria

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