venerdì 1 maggio 2015

Macchinazione (parte quarta)

  
   

   “Non mi sfuggirai, ti desidero dal primo momento che ti ho vista. Fai la preziosa per non fare un torto alla tua amica, ma sotto sotto vorresti far l’amore con me, chissà che particolari piccanti ti ha svelato Marisa e tu non ne puoi più. Tu sei femmina più di lei! Ora ti libero la bocca, se urli non ti sentirà nessuno, ho controllato citofonando a tutti e non mi hanno risposto.”
   Velocemente le immobilizzò entrambe le braccia con un laccio delle sue scarpe sportive e la sollevò di peso: cercava la camera matrimoniale e la trovò, scaraventandola sul letto.
   “Brutto schifoso, io glielo dirò, tua moglie saprà che razza di verme perverso sei, perderai la tua credibilità!”
   “Ma davvero? Lei mi ama, crederà a me. Le dirò che è tutta una tua invenzione e ti toglierà l’amicizia.”
   “Non andrà così, vedrai.” e mentre parlava si dimenava come un’ossessa, non smise un attimo di pensare a una soluzione. Lui le alzò la gonna e le strappò la mutandina; si accese di desiderio, gli occhi lampeggiarono come fari nella notte ed emise un suono gutturale animalesco.    
   Con una mano e tutto il braccio continuava a tenerla bloccata, le braccia di lei erano legate e quindi inoffensive, doveva solo mobilizzarle il corpo, con l’altro mano questa volta aprì la cerniera dei suoi pantaloni e fu in quella frazione di secondo che Marisa alzò un ginocchio e lo colpì violentemente sui testicoli. Lui lanciò un urlo di dolore e si accovacciò sul letto, la ragazza balzò giù dal giaciglio dei suoi genitori, aveva scelto la camera dei suoi genitori lo schifoso uomo. Lei corse verso la porta, con la bocca spinse in giù la maniglia e l’aprì; scese di corsa le scale e incontrò un ragazzino al quale chiese di scioglierle il laccio, non rivelò nulla al bambino, gli disse di fare in fretta e che quello era solo un pegno da pagare di uno stupido gioco.
   Corse affannosamente a tutta velocità: temeva di essere ripresa dallo stupratore e si rifugiò in parrocchia; entrò nella sacrestia e trovò il parroco che si stava spogliando degli abiti sacerdotali.
   “Che ti succede, sei tutta rossa e scapigliata? Vieni, accomodati e se vuoi parlamene.”
   “Don Franco, mi faccia fare una telefonata, la prego, sono appena sfuggita a una violenza.”
   “Devi chiamare la polizia?”
    “No! Non voglio che si sappia in giro, farei del male, troppo male se si spargesse la voce. Tanto so già che non tornerà più e io cercherò di stare in guardia. Le chiedo un favore, mi faccia stare qui sinché non giungono i miei genitori che ora sono dai nonni.”
   La famiglia di Marisa quando seppe avrebbe voluto affrontare subito Victor, il padre andò su tutte le furie e si precipitò con rabbia verso la porta, ma fu fermato dalla figlia che non voleva dare un dispiacere alla sua amica e alla madre di lei.
   “Ma come, così le fai più male, non devi tacere. Per il suo bene devi parlare e raccontare ogni cosa!”
   “Non posso papà, penso a quei bambini. Forse seguirebbe una separazione, sarebbe dolorosa per loro.”
   “E a lei non ci pensi? Comunque da oggi cessiamo ogni rapporto con loro, mi dispiace per la nostra parente, ma non voglio vedere più la faccia di quell’uomo.”
   “Certamente, papà, io già da tempo avevo ridotto al minimo le visite e voi non sapevate il perché. Io avevo capito che si è invaghito di me, nel senso che avrebbe voluto aggiungermi alla lista delle sue conquiste.”
   Era passato più di un mese e a Giuditta mancava la sua preziosa amica, si confidò con la madre che attribuì quell’assenza allo studio, anche se non riusciva a spiegarsi la mancanza dei suoi genitori che non erano più passati in visita.
   “Sai che facciamo, cara, andiamo noi da loro e ci portiamo i bambini che saranno felicissimi di rivedere la zietta preferita. Uno di questi pomeriggi, quando tuo marito è al lavoro, noi andremo a trovarli.”  
   “Possiamo? Dov’è la mia amica che si è scordata di me? Fa la preziosa da quando studia medicina, è vero tesoruccio del mio cuore?” cantilenò Giuditta entrando dalla porta d’ingresso e avviandosi alla camera della sua amica con fare scanzonato.
   “Ma che t’è successo, non stacchi neanche un attimo? Possibile che non senti il bisogno di venirmi a trovare? Io non so quando va bene per te e poi ci sono i bambini, ho mille cose da fare, meglio se vieni tu come hai sempre fatto.”
   Marisa non sapeva che fare e prese tempo. Le raccontò dei suoi studi intensi, non usciva neanche al sabato sera e la domenica mattina riprendeva a studiare: l’esame prossimo era tanto ostico e corposo.
   “Ok, ok, ma perché non rispondi al telefono? Risulta libero ma non risponde nessuno.”
   “Ma no, è colpa dell’azienda telefonica, dicono che c’è un guasto e che provvederanno.”
   Nell’altra stanza la madre di Marisa cercava di barcamenarsi come poteva, nell’inventarsi scuse più o meno attendibili, i bambini cominciarono a giocare in corridoio con una palla che era lì apposta per loro e mentre scalciavano, fecero cadere il portaombrelli e si rovesciò tutto il suo contenuto. Venne fuori anche un laccio di scarpe, uno strano laccio di scarpe che essi riconobbero subito: era diverso dagli altri e il loro papà gli aveva spiegato che custodiva ancora molte cose acquistate nel Regno Unito ai tempi del viaggio di nozze.
    Cominciarono a sventolarlo per richiamare l’attenzione e lo mostrarono alla mamma che non riusciva a capire, il padre di Marisa stanco e sotto pressione sbottò:
   “E’ di tuo marito!” e uscì dalla camera della figlia trascinandosi i bambini.

(continua)

6 commenti:

  1. Mah... perché mi era sfuggito?
    E' splendido, carissima Annamaria!

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    1. Spero che continuerai a leggere, cara Alessandra.
      Ti ringrazio e ti auguro una buona serata.
      Un abbraccio
      Annamaria

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  2. Ho letto le puntate precedenti e ora finalmente la verità verrà a galla. Quante mogli sono rese cieche dalla "sistemazione" matrimoniale e quanti malviventi vengono protetti dall'omertà e dagli scrupoli che assalgono quando una verità sconvolgerebbe delle vite. Ma spesso la verità si rivela una salvezza successiva.
    Racconto avvincente e amaramente veritiero di tante realtà. Brava, Annamaria, lo hai scritto benissimo. Aspetto il seguito,
    Un caro saluto, ciao
    Marirò

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    1. Ti ringrazio per l'apprezzamento e per l'attenta lettura.
      Un abbraccio
      Annamaria

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  3. Risposte
    1. Buongiorno, Ale, a presto allora.
      Buona domenica
      annamaria

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