
Tutto è bello e
anche la modesta interpretazione potrebbe avere un volto dai caratteri
interessanti. Dove mi porta questa consapevolezza? A prendere in esame un
concetto, forse profondo, forse contestabile, ma pur sempre un’idea. La
solitudine è in noi o intorno a noi? Vive con noi o fa parte del sistema?
La società è fatta
di persone con le loro problematiche che creano un cerchio, un alone invisibile
che ci chiude dentro, divenendo barriera inaccessibile; difficile aprire un
varco: ci circonda come un anello incorporeo. La solitudine scava e
s’impossessa, noi miseri mortali siamo troppo fragili e a fatica vorremmo liberarcene.
Nasce anche nelle famiglie, nelle case, nei cuori dello stesso habitat.
Prendiamo in considerazione il nucleo familiare, quante remore, risentimenti,
sciocchi fraintendimenti, non riusciamo ad aprire la nostra anima neanche ai
nostri consanguinei e viviamo un rapporto di solitudine.
Case chiuse, non in
quel senso ma appartamenti fatti di camere proibite: ogni appartenente si
rifugia nella sua stanza e dialoga con il mezzo meccanico, che fastidio sarebbe
un’intrusione! Molto meglio confidarsi con gli sconosciuti, un confronto vis à vis
è una seccatura, non c’è più il coraggio di guardare in faccia chicchessia. In
questi frangenti la solitudine l’abbiamo cercata noi o ci è stata imposta dal
sistema?
Rimpiango i salotti
del passato, le tavolate amene fatte di convivialità serena, le scampagnate
all’aria aperta, quel ruzzolare sull’erba spensierato quando i bacilli erano
lontani dai nostri pensieri. Il germe della solitudine ha ammorbato le nostre
menti e abbiamo igienizzato gli intelletti, presentando loro uno schermo ultrapiatto
lindo e pinto, privo di batteri per noi.
Siamo soli nelle
nostre case, soli per strada, nei punti vendita fatto di sconosciuti che non ci
rivolgono uno sguardo, soli nelle famiglie, soli sempre soli. Non ci conoscono
e quando gli si chiede di noi, ci descrivono bene, come persone equilibrate, ma
restie alla comunicazione. Ma loro, i narratori di noi stessi, dove sono o per
meglio dire dov’erano? Quando accade l’irreparabile, sanno che c’eravamo?
Fatti di cronaca
inquietanti nascono dalla solitudine, diversamente molti eventi sanguinari non
avrebbero ragione di esistere. Ci sono situazioni difficili, precariato nel
lavoro o mancanza di occupazione; malattie devastanti, crisi coniugali,
rapporti difficili nelle famiglie, fra la gente, ma ciò che induce al gesto
folle è sempre la solitudine: se l’uomo aprisse il suo cuore ne sarebbe
alleggerito, il conforto nel liberare il proprio cuore dona sollievo.
Forse non si
risolvono le situazioni, ma perlomeno si ha la forza di continuare e di non
aggravare una condizione già tanto pesante e opprimente. La notizia di quel
giovane copilota che ha portato con sé centoquaranta persone schiantandosi contro le montagne, mi ha sconvolto e mi chiedo: “Si sarebbe potuto evitare?” Sicuramente mi risponderete che se ci fosse stata più professionalità da parte della compagnia aerea, il pilota non avrebbe avuto il permesso di volare e sono d'accordo con voi. Ma la fidanzata, i genitori, gli amici dov'erano, hanno ascoltato le sue pene, gli sono stati accanto? Hanno saputo leggere nel suo cuore?