domenica 2 febbraio 2014

Si può, si deve.



                                                                
  ( Ripropongo un mio passato racconto, direi che è in tema con i disastri 
     ambientali causati dall'uomo e dalle forti alluvioni.)


   Albeggiava, s'era incamminata ancor con quegli sprazzi lunari che lasciavano il posto a un nuovo giorno; l'aurora in quella zona aveva un fascino sempre nuovo: il fascino della malinconia, della dolcezza, della perpetuazione della vita. Entrò in auto, la piccola campagnola dalle ruote motrici adatte al luogo era sempre in attesa. Partì a una velocità moderata, accese la radio e si sintonizzò sulla frequenza preferita. Le giunsero le note di Chopin, il suo autore classico preferito, il "Notturno" era dolce e inebriante, proprio quello che le serviva per lenire il suo cuore ancora lacerato dal dolore. Non sapeva ancora cosa l'aspettasse, era sempre così quando s'avviava a un'ora inconsueta. Era a disposizione, reperibilità assoluta: l'aveva chiesta lei, nel nuovo alloggio nulla la tratteneva, niente vincoli familiari, sola con se stessa e la sua umanità. Ed era quella che le dava la forza per la sopravvivenza, era come una linfa che le consentiva di continuare la sua amara esistenza, diversamente non sarebbe più risalita dal baratro della disperazione.
   Aveva scambiato il turno con una collega, sarebbe toccato a lei fare il turno di notte in ospedale ma il bambino dell'amica era ammalato, febbre alta per via della bronchite, e lei, Giovanna, si era offerta di prendere servizio al posto suo.
   "Non pensarci, per me non è un problema, sai che Ugo è comprensivo. Ceneranno senza di me, il maritino e le mie due bambine, dopo vedranno un bel DVD e andranno a letto, quando si sveglieranno io sarò con loro."
   Durante la notte era scoppiato un temporale, mai s'era vista scendere tanta acqua dal cielo, Giovanna ne sentiva lo scrosciare, un vero putiferio. Pensò con dolcezza alle sue bambine avvolte nel piumone, la grande era a un passo dal diventare donna: le si era gonfiato il seno ed era comparsa la peluria sul pube. Aveva notato il suo imbarazzo quando l'aiutava a farsi il bagno e non solo: l'aveva colta mentre si provava un reggiseno.
   'Crescono in fretta.' si disse 'Magari fra un po' mi presenta anche il fidanzato e sicuramente deciderà di truccarsi, poi mi chiederà il permesso per andare in discoteca. Dovrò sbrigarmela io. Ugo è troppo permissivo e tenero, non riesce a dire di no alle figlie e neanche a me. Che perla di marito, non mi posso lamentare, un gran onesto lavoratore e un uomo sempre innamorato.'
   Durante la notte, quando era in ospedale come medico internista, se l'atmosfera era tranquilla, Giovanna finiva per pensare alla sua vita privata e i suoi pensieri erano sempre benevoli: aveva una bella famiglia unita e solidale, una vera rarità. Finì per addormentarsi con lo scroscio della pioggia, si svegliò che il chiarore invadeva la cameretta. Faceva giorno prima: erano in primavera inoltrata, la stagione del risveglio della natura ma anche delle piogge. Non vedeva l'ora di tornare a casa, si era ricordata che avrebbe dovuto accompagnare la più grande delle figlie a scegliersi un nuovo pantalone, lo desiderava aderente di quelli tanto di moda da indossare con gli stivaletti alla caviglia, c'era la festa di compleanno della sua migliore amica.  
   "Signora, " le disse il vigile urbano "deve percorrere questa deviazione, c'è stata una frana." Più avanzava e più si rendeva conto che era successo un disastro: la zona era allagata e si notavano detriti e grossi massi, come se pezzi di collina fossero scesi a valle; giunse in un punto in cui fu costretta a lasciare l'auto e s'incamminò a piedi. Mentre avanzava con ansia crescente, cercava fra la gente i volti comuni, quelli della sua cittadina; nulla: non vi era una faccia amica, solo una gran confusione, mezzi di soccorso e operatori della protezione civile. Non riusciva ad avvicinare nessuno, erano tutti frenetici, sfuggevoli e molto affaccendati. Giovanna desiderava giungere quanto prima alla sua abitazione, una casetta a due piani con il tetto rosso.  Era una delizia collocata in uno scenario paesaggistico invidiabile e la casa era ai piedi della collina, non proprio sotto, ma guardando dall'altra parte sembrava che la lussureggiante vegetazione facesse da mantello alla villetta indipendente. Restò senza fiato, impietrita e non ancora cosciente, le sembrava di vivere un incubo: la sua casa era davanti a lei piegata di fianco, solo macerie e nient'altro. Non le pareva vero, tutto le turbinava, immagini, suoni soffocati e quel silenzio sinistro; le giunsero delle voci ovattate che commentavano la notizia, sentì che avevano individuato i corpi dei suoi cari. Si buttò per terra, in mezzo al fango, e urlò un "No" così disperato e fragoroso che fece eco nel silenzio del disastro, dopo s'accasciò nella melma, si risvegliò in un letto d'ospedale.
   Visse lontana dal mondo per un lungo periodo, in quell'ospedale la tennero in cura e le assegnarono una piccola stanzetta che divideva con il medico di turno, era la stessa che le toccava quando la sua vita era normale ed esercitava la professione.
   "Basta!" Che noia questo film, non potevi scegliere un altro DVD? Siamo già afflitti dai nostri problemi, dobbiamo farci carico di quelli del regista e dello sceneggiatore; perché per me chi scrive storie così e le mette in scena non è tanto normale."
   "Ma, Carlo!" esclamò la donna "Il film, come un buon libro, manda un messaggio, sta a noi coglierlo per riflettere e migliorare le cose. Vedi per quanto riguarda il film che tratta una storia vera, io penso che quel disastro non sarebbe accaduto se la collina non fosse stata vittima della costruzione selvaggia degli anni settanta, il disboscamento lascia via libera alle frane. Spero che quella dottoressa abbia ripreso a vivere.”
   Giovanna entrò in ospedale, non era più il suo, quello del paese: dopo la sua ripresa interiore s'era trasferita in Africa e faceva parte dell'organizzazione Medici senza Frontiere. Aveva dato il suo manoscritto, riguardante la storia della sua vita, a un aspirante regista che aveva realizzato il film inserendo scene vere che lui stesso aveva fotografato: anche la sua famiglia era stata portata via dalla frana. Egli era un volontario che  combatteva, come lei, contro la disperazione e il dolore della vita sconvolta dall'alluvione. Entrambi avevano preso la destinazione Africa per mettersi al servizio dei bambini africani affetti da infezioni gastro-intestinali causate dalla mancanza d’acqua, servizi igienici e ripari. In quel clima ove si combatte per la sopravvivenza al limite dell’impossibile, le azioni umanitarie ridanno speranza alla popolazione del luogo e i medici impegnati nell’assistenza lasciano alle spalle il loro vissuto, per donarsi totalmente a chi vive in condizioni lontane dal nostro immaginario.
   Il mantello paesaggistico delle loro radici era solo un ricordo per Giovanna e il nuovo amico, ora le distese del territorio africano, che si tingeva della luminosità del cielo, accompagnavano la loro umanità, unico scopo della nuova vita.

10 commenti:

  1. Tu hai grande dono, cara Annamaria!
    Scrivi bene e sei sempre assolutamente scorrevole nello stile. A parte questo, nei tuoi racconti emergono prepotentemente messaggi importanti, vitali.
    Un abbraccio.

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    1. Ti ringrazio, cara Ale: ci tengo al tuo giudizio in quanto sei tu ad avere uno stile perfetto e sempre interessante.

      ricambio di cuore
      annamaria

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  2. Quanto male facciamo a Madre Terra e quindi alla nostra vita!
    A volte da un grande dolore si riesce a riemergere e non è strano che, poi, si prendano altre direzioni, anche più nobili.
    Un racconto che si legge con facilità e coinvolgimento.
    Cordialmente,
    Marirò

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    1. Buongiorno, Marirò, ora per fortuna se ne parla e si cerca di arrecare meno danno a Madre Terra, mentre fino a poco tempo fa si continuava ad ignorare il problema.
      Ti ringrazio per il bel giudizio.
      buona domenica
      affettuosità
      annamaria

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  3. Bello, Annamria! che brava che sei! apprezzo molto il fatto che, oltre a scrivere bene, tu guardi sempre i risvolti particolari delle situazioni. non sei mai banale, nonostante sarebbe così facile esserlo! un applauso e un abbraccio, cara!

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    1. Oh, grazie mille, che plauso! Troppo buona, carissima.
      Il tuo elogio è per me molto gratificante e ricambio di cuore,
      augurandoti una bella domenica.
      annamaria

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  4. nella mia bella Toscana ai confini con la Liguria ho prestato assistenza anche io come volontaria coordinatrice all'alluvione che coinvolse anche le 5 terre ero distaccata ad Aulla e devo dirti che ho riconosciuto nel tu bellissimo racconto tutta la tragedia che ho vissuto, anche se non coinvolta materialmente, ma certo
    spiritualmente, non sarò mai più la stessa, bisogna davvero toccare con mano per capire l'angoscia e la disperazione, ma quando sono tornata dopo alcuni mesi già quella gente coraggiosa stava riprendendo con forza la ricostruzione...
    leggerti è stato un grande colpo al cuore, non riesco a dire di più l'emozione mi ha sopraffatta
    un abbraccio
    Ven

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    1. Cara Ven, sono contenta e al tempo stesso rammaricata per averti procurata così tanta emozione. Il mio racconto scaturisce dagli eventi che viviamo attraverso le informazioni, il resto della storia è romanzata per cui se ti sei immedesimata vuol dire che riesco a comunicare in forma scritta i miei pensieri, le mie emozioni.
      La gente, anche dopo le tragedie, ha la capacità di rialzarsi, deve farlo per continuare a vivere e donare un'esistenza a chi è più fragile, ad esempio i bambini, gli anziani, gli ammalati, questa gente trova la forza in persone come te che danno una mano stimolante e tanto importante.
      Grazie infinite, ti auguro una bella giornata.
      affettuosamente
      annamaria

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  5. sono ventisqueras la tua piattaforma non mi fa commentare se non in forma anonima sorry

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    1. Sono io a chiederti scusa per non saper risolvere il problema che altri lamentano.
      Buona giornata, cara.

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