lunedì 18 marzo 2013

Tribolata decisione


   
                                                                  
           
  


   Si era soffermata ad osservare il largo spiazzo piastrellato da poco, tanti giovani operai erano impegnati nei lavori di restauro e ammodernamento di quell’immensa piazza nascosta dal dedalo di vicoli. Era il suo paese e le piaceva passeggiare nelle viuzze strette che si aprivano sul belvedere. Un luogo incantevole che non finiva mai di stupirla, un posto in espansione per far fronte ai numerosi visitatori: ogni anno i turisti crescevano. Un paese dal duplice paesaggio, mare e monti, una cittadina ove si respirava aria buona tutto l’anno e che offriva l’opportunità di viverla ogni stagione, per questo Valeria non smetteva di frequentarla.  Lei non abitava più in quel luogo da tempo, ma tornava nel fine settimana, nei weekend lunghi e, ovviamente, nel periodo vacanze. Possedeva una casa in prossimità del mare, era l’abitazione dei suoi genitori, una villetta pregna di ricordi nostalgici. Quante esperienze e sensazioni! Aveva vissuto l’infanzia, la sua adolescenza, la prima cotta, poi la giovinezza e l’amore vero, il matrimonio; era uscita da quella casa al braccio di suo padre fiero di lei, amata figlia unica. Sempre in quel luogo aveva mosso i primi passi, suo figlio Alvise felicemente sposato e residente ora negli Stati Uniti. Da quanto tempo non lo incontrava, si chiese rammaricata? Ah, questa Italia che lascia scappar via i cervelli! E suo figlio era un cervello di grande ingegno, una multi nazionale l’aveva richiesto, gratificandolo. Ripensò a suo marito, lui era andato via non per prospettive di lavoro; era un valente avvocato che ebbe il coraggio di dirle in faccia: “Sono un gay, non l’avevi capito?”
   “No, che non l’avevo capito, abbiamo avuto un figlio e facevamo l’amore puntualmente una volta la settimana!”
   “Appunto, una volta ogni sette giorni, gli altri li dedicavo all’amore vero che ho incontrato!”
   Che delusione fu per Valeria, quella casa le ricordava anche l’ultimo incontro con suo marito, troppi amari ricordi! Le gioie c’erano state, ma ora prevalevano le rievocazioni tristi, aveva deciso di metterla in vendita quella casa, si augurava che i suoi genitori dall’alto la comprendessero: con il ricavato si sarebbe trasferita in America, dove vivevano suo figlio, la nuora e la nipotina che aveva visto solo alla nascita. Stava temporeggiando, doveva affiggere il cartello del “Vendesi”, sapeva che avrebbe ricevuto quasi subito un’offerta, era il luogo ideale per le vacanze e tanti ne andavano alla ricerca.
   Girava per le stradine quando fu attratta dallo stesso spiazzo ora verniciato di una sostanza vischiosa, cominciò a calpestarlo e vi rimase impantanata. Chiese aiuto: non sapeva come fare e sprofondava sempre più, le pareva di penetrare nelle sabbie mobili che aveva visto in un film. Allora esistevano per davvero, si disse. Ma perché nessuno veniva in suo soccorso? Ormai era alla fine: stava per essere risucchiata, quando una mano amica le fornì un lungo bastone, lo afferrò e scivolando sulla vernice appiccicosa tornò in piedi sulla strada asfaltata.
   “Cosa le è successo?” le chiese l’uomo sconosciuto.
   “Non lo so, mio salvatore!” esclamò lei grata.
   Ma la giornata strana non finì di stupirla. Si trovò come per incanto in una casa vetusta mai visitata, era chiusa in una camera e udiva in lontananza le voci di sua nuora e di altre persone. Dal soffitto pendevano strani pipistrelli, aveva terrore di quegli uccelli sinistri; essi penzolavano e sembravano pronti a spiccare il volo verso di lei, forse le avrebbero succhiato il sangue, doveva mettersi in salvo ma nel tentativo ruppe due anfore antiche di pregio. Dall’altra parte della porta le voci insistenti cercavano d’entrare, loro non dovevano accorgersi che era stata l’artefice del disastro: i cocci avevano anche danneggiato il pavimento completamente segnato da incisioni profonde. Pigiavano a quella porta, la spingevano, avrebbero visto. Che sarebbe stato di lei ritenuta una persona perfetta? Avrebbero detto che…
   “Mamma, svegliati, ti ho preparato il caffè!”
   “Da dove sbuchi, caro?” rispose lei risollevata. Si guardò intorno e si rese conto di essere nella sua camera da letto e che era stato solo un incubo. Ora ricordava la sera prima si era addormentata stremata e agitata per via di quella decisione che avrebbe dovuto prendere, aveva anche dato un ulteriore sguardo al cartello del vendesi.
   “Sono arrivato da qualche ora, non ho voluto disturbarti.” rispose allegramente Alvise “Sono in Italia e per sempre! Ho voluto farti una sorpresa! Ma cos’hai, ti vedo angosciata?”
   “Nulla, ora più nulla!” e dopo essersi alzata, all’insaputa del figlio, strappò con gioia l’odioso cartello.
  
  

14 commenti:

  1. Vendere la propria casa spesso è una decisione dolorosa. Non so come mi comporterò quando mia madre non ci sarà più: è una casa che non mi serve, ma immaginare altri lì dentro forse non è facile.
    Invece non sono per niente legata alla casa in cui ho vissuto i primi 5 anni di matrimonio. Non l'ho mai sentita veramente mia. Adesso sì, sono nella mia casa.
    Un caro saluto, Annamaria.

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    1. Le proprie radici le troviamo nella casa paterna, è lì che lasciamo il cuore. Io, infatti, ricordo con molta nostalgia la prima casa dei miei genitori, era una casa in affitto: gli inizi non sono facili; ebbene quando passo di lì m'intenerisco con struggimento. Vendere una proprietà che fa parte del proprio vissuto è sempre difficile, per questo ho pensato a questa storia.
      Grazie, cara Paola, al momento opportuno ogni decisione è quella giusta.
      un bacio
      annamaria

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  2. ahah bello e corroborante il finale! :-D Che era un incubo iniziavo a darmela, ma che terminasse grazie ad una bella notizia... ;-)

    www.wolfghost.com

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    1. Hai un bell'intuito, caro amico, e sono contenta di ritrovarti. Sai come son fatta: alla fine addolcisco le storie.
      buon tutto
      annamaria

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  3. Meno male che era soltanto un brutto sogno: la casa è dove ci sono coloro che amiamo. Non si tratta di muri, di arredi e nemmeno di bei giardini, senza le persone care non si fa casa. La casa è anche dove abbiamo vissuto con le persone care che non ci sono più, ma vivono in noi. Il ricordo è casa, ma non una triste memoria mortuaria: qualcosa di vivo.

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    1. Proprio così, cara Mimma, dove abbiamo vissuto c'è il nostro cuore, i nostri cari che ci mancano tantissimo. Ma questa è la vita, il distacco è doloroso e possiamo attenuarlo con i ricordi.
      Buona serata
      un abbraccio
      annamaria

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  4. Infatti, mi ero stupita, cara Annamaria.
    Leggendo mi dicevo: ma non è da lei una storia horror. Poi il bel finale che mi ha reso contenta.
    Brava come sempre!
    Un caro abbraccio*

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    1. Mi conosci troppo bene, cara Ale, comunque chissà potrei anche tentare la storia horror.
      Grazie infinite per il gratificante giudizio, detto da te che sei una scrittrice di talento è davvero molto lusinghiero.
      ricambio con affetto
      anamaria

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    2. Dato che sei molto capace, ci riusciresti perfettamente!
      Però,non è il tuo genere.
      Felice serata ^^

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    3. Hai ragione, cara, il genere bisogna sentirlo. Buon inizio settimana.
      un bacio
      annamaria

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  5. Ciao carissima,bello rileggerti e ritrovarti anche quì :)

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    1. Bentrovata, grazie Ethel, per le gentili parole.
      A presto
      un bacio
      annamaria

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  6. Cara Annamaria sei riuscita a trascinarci tutti nel tremendo pantano di sabbie mobili che ci risucchia quando dobbiamo fare delle scelte dolorose, ma per fortuna, almeno in questo caso, è stato possibile risalire in superficie senza danni e ritornare allo stato di veglia con una notizia piacevole e risolutiva che ci ha fatto tornare il sorriso sulle labbra!
    un abbraccio

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    1. Sono io a ringraziarti, cara Maria, per aver colto il senso nascosto del racconto, le tue analisi sanno andare a fondo con sublime eleganza.
      Ti auguro un buon fine settimana.
      con affetto
      annamaria

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