
Il centro tavola
era delizioso, un ikebana dai toni pastello raccolti in una ciotola; aveva
imparato l’arte dei fiori recisi così per caso, la sua migliore amica era
un’orientale mancata.
Non aveva
disposto ancora i calici e si affrettò a farlo, possedeva dei raffinati
bicchieri di Murano acquistati da lei durante un’escursione nella città
dell’arte vetraria, avrebbero completato l’insieme.
Poteva dirsi
soddisfatta anche nella scelta del vino, non era una perfetta intenditrice ma
qualche piccola conoscenza la possedeva: per la cena a base di filetto arrosto
in crosta con crema di porcini, aveva scelto un novello doc asciutto dal sapore
morbido e leggermente fruttato.
Gli antipasti
occhieggiavano sulla credenza in stile impero, era stata fantasiosa: voleva far
colpo sul commensale in arrivo, una conoscenza importante alla quale teneva.
Lei stava per proporgli una sua sceneggiatura e, forse, quella cena sarebbe
stata decisiva: intorno ad un tavolo è più facile entrare nelle grazie altrui.
Si vestì con
cura ed eleganza, particolari non trascurabili: stava per giungere un regista
di discreta fama. L’aveva notato durante l’inaugurazione del nuovo teatro
cittadino, un tipo eccentrico ma di classe; rimase strabiliata quando le
strinse la mano durante le presentazioni di gruppo. Lui galante e gentile le
stette accanto tutta la serata e lei al termine della stessa con disinvolta
nonchalance gli comunicò: “L’aspetto domani sera alle nove da me! Sono brava in
cucina!”.
Lui assentì
con un sorrisetto divertito e annotò l’indirizzo.
Era passata
da un pezzo l’ora approssimativa della cena e lei aveva finito per
addormentarsi semi-svestita sul divano, si svegliò per il suono insistente del
campanello. Aprì la porta, era l’ospite che attendeva. Faticò a riconoscerlo, era
in jeans e maglietta e dopo averle chiesto scusa per il ritardo, le disse: “Complimenti
per il look, adoro gli anticonformismi!”
Lo fece accomodare e si osservò allo specchio
dell’ingresso, non indossava più il copri spalle e l’abitino in seta era arrotolato
sui fianchi e completamente sgualcito; il trucco intorno agli occhi era quasi
disciolto e i capelli da lisci avevano preso una piega diversa, era per giunta
a piedi scalzi, un vero disastro!
“Ho dovuto
cenare con mia moglie, per cui mi andrebbe solo qualcosa da bere.” Esordì lui
alla vista della tavola apparecchiata.
“Non c’è
problema, anch’io ho perso l’appetito.”
E la
conversazione prese piede innaffiata dal novello doc che non tradì le previste
aspettative: lei gli sottopose la sceneggiatura che le stava a cuore. (continua)...
“La guarderò
con calma.” disse lui “Ora mi va di fare una passeggiata, lo so non è proprio
prestino, ma fuori è una bella serata e credo che sarai un’ottima compagnia.”
Era passato al tu confidenziale.
Lei non se lo
fece ripetere due volte e gli disse che avrebbe dovuto attendere un pochino:
giusto il tempo per indossare qualcosa di più pratico e si allontanò.
Non lo
conosceva personalmente, eppure lo aveva invitato a casa sua e ora stava anche
per uscirci insieme ed era quasi mezzanotte. Il fascino della notorietà, si
disse, con un altro ugualmente importante forse non si sarebbe comportata allo
stesso modo, anche se fino ad ora non aveva fatto nulla di male, sperava solo
che il suo lavoro, la sceneggiatura, fosse presa in considerazione.
Aveva frequentato
uno stage dopo la laurea in lettere: desiderosa di scrivere storie teatrali, aveva
fatto quel corso e le era piaciuto. Immaginava che le storie nate dalla sua
penna avrebbero avuto successo e che sarebbe stata una Shakespeare in gonnella.
Correva troppo con la fantasia, pensò, ne aveva di gavetta da fare e comunque i
sogni la stimolavano ad essere creativa e a impegnarsi con intensità: passava
anche le notti a revisionare l’intera stesura, i dialoghi, le azioni e gli ambienti
in cui si svolgevano le scene, l’ex marito non comprendeva quella passione. Ma
per essere interessante la storia doveva essere una buona storia, a parte lo
sviluppo, contava l’idea e questo lei lo sapeva.
“Eccomi!”
esclamò “Possiamo andare.”
Lui lasciò il
copione sul divano, mentre lei cercava le chiavi nella borsa. Fuori la brezza
marina si fece sentire, erano in prossimità del lungomare di quella cittadina
marittima. Un vento tiepido scompigliò i soffici capelli di Simona, una ciocca
le coprì i magnifici occhi chiari, lei la spostò con garbo e se l’accomodò
dietro l’orecchio. Lui di sott’occhio osservò la scena e in quel momento si accentuò
maggiormente il desiderio di lei: quel gesto gli portò ancora una volta alla
mente il suo primo amore. Era uno sbarbatello alla sua prima cotta e s’innamorò
perdutamente della sua compagna di ginnasio, aveva gli stessi capelli dorati di
Simona, anche nel portamento gliela ricordava. Lei era bellissima e lo ferì con
un insulto alla sua acerba virilità. La vita è strana, pensò, dopo parecchi
anni avrebbe potuto completare quella sceneggiatura lasciata in sospeso. (Paragonava
ogni cosa alla sua professione e del resto la vita è una rappresentazione reale
di ogni essere umano).
“Ti andrebbe
un gelato?” le chiese.
“Considerando che non ho cenato, mi sembra perfetto!”
Come due
ragazzini si sedettero al muretto del belvedere. Nacque così una conversazione
a cuore aperto: Simona gli raccontò della sua vita e delle sue aspirazioni.
“Interessante
il titolo della sceneggiatura. Pagine di vita, perché?”
“Una storia
può essere raccontata interamente o solo alcuni frammenti, quelli più
significativi.”
“Dovrò
leggerla, mi hai incuriosito. Ma l’ho dimenticata a casa tua!”
Ripresero la
strada del ritorno e lei lo invitò a salire per recuperare il manoscritto,
appena si chiuse la porta, lui con un braccio solo la strinse in una morsa e
con l’altro le serrò la bocca per impedirle di urlare. Gli occhi della
giovane donna erano atterriti e increduli, lei si domandava il perché in
quegli attimi di terrore. Eppure lo conosceva, era un regista di tutto
rispetto, mai sentito nulla di indecente sul suo conto. Cosa voleva da lei?
“Le donne… vi odio, mi avete avvelenato
l’esistenza!” esclamava con livore “Anche mia moglie, non le va bene mai nulla.
E tu, sei gentile perché ti servo. Basta sono stufo di voi tutte!”
La immobilizzò
alla testata del letto della camera dove l’aveva condotta con forza.
“Peccato non
potrai scrivere più pagine di vita.” Diceva in preda ad un’esaltazione che
l’aveva messo a nudo. “Mi sei piaciuta subito. Ricordi l’incontro al teatro?
Ebbene è stato lì che ho cominciato a desiderarti e a odiarti. Non dovevi
tornare, dovevi restare nei recessi della mia memoria.” ...
Fulvio spazientito non riuscì a portare a termine la lettura e cestinò quel manoscritto. L’editore si era raccomandato che lo leggesse prima degli altri, ma era solo un'esercizio di scrittura, non c'era l'anima in quel romanzo; si avvertiva il distacco, la mancata passione, come se la scrittrice avesse voluto dimostrare che era in grado di fare anche quello.
“Che storia noiosa e già letta!” alla fine esclamò “Cerca solo la pubblicazione, non ha stoffa e ama anche scopiazzare le idee altrui!” si pentì d’aver parlato a voce alta, in quel momento stava entrando il suo capo.
“Che storia noiosa e già letta!” alla fine esclamò “Cerca solo la pubblicazione, non ha stoffa e ama anche scopiazzare le idee altrui!” si pentì d’aver parlato a voce alta, in quel momento stava entrando il suo capo.
“Quel manoscritto… tu lo ritocchi, lo sfrondi
e… sai come fare. Si tratta della nipote di un mio caro amico, un tipo
influente, dobbiamo a lui tutto questo. Per il resto ci penso io, lo portiamo anche
in concorso, ho amici in giuria.”
Pagine di vita divenne un best-seller, ma di
quell’autrice si persero le tracce: la sua vena si prosciugò, se mai ne avesse
avuta una!