giovedì 30 marzo 2017

Il pescatore

                         Risultati immagini per mare                                                


   Siamo a metà settembre e ci concediamo un’ulteriore vacanza, un tre giorni in un paesino abbarbicato sul promontorio, in un borgo vetusto, ma singolare, con un porto sottostante lambito da un mare cristallino.
   Ci accompagna nostro figlio Matteo, che nonostante sia un adolescente alle soglie della pubertà,  trova divertimento anche con i suoi genitori, gioendo per questo extra fuori città, alle soglie dalla apertura delle scuole.
   L’albergo, dove alloggiamo, si affaccia proprio sul porticciolo diviso in luogo d’attracco per le diverse barche di pescatori del luogo e anche in spiaggia riservata ai clienti dell’hotel.
   Prendiamo possesso della camera, ci guardiamo intorno, ci piacciono le pareti chiare tinteggiate con effetto spugnatura rosa pesca, colore riportato sulle lampade e sulla biancheria da letto che rende il tutto raffinato, ma rilassante.
   Apro le persiane ed esco sul balconcino che si affaccia sul singolare porto, insenatura di quel luogo turistico, da qualche decennio riscoperto e rivalutato.
   “Mamma,” esordisce Matteo. “C’è anche il frigo bar! Guarda quante lattine di coca, posso aprirne una?”
   “Ma certo tesoro! Ora vieni a guardare il panorama, qui dall’alto è più suggestivo!”
   Mi raggiunge mio marito Giorgio, compagno fedele da più di vent’anni.
   “Vediamo un po’ Loredana? Splendido! mi dice. “Ho scelto bene allora? Questa mini vacanza non programmata, si prospetta niente male!”
   Loro i miei due uomini sono già in boxer da mare e mi sollecitano a cambiarmi.
   “Andate pure, vi raggiungo al più presto. Devo farmi una doccia. Sono accaldata!”
   Giorgio si avvicina e mi bisbiglia nell’orecchio: “Un fuori programma?”
   “Già!” gli sussurro. “Ho dimenticato di passare il rasoio sulle gambe. Faccio in un attimo!”
   Sono sola finalmente! Posso guardare le bellezze paesaggistiche dal piccolo balcone con la ringhiera di ferro battuto a forma semi circolare. Noto in un angolo una poltroncina in vimini, mi ci accomodo e osservo il cielo che si tocca col mare azzurro e con il promontorio, lingua di roccia piantata nelle limpide acque. Scruto con interesse all’orizzonte la collina rigogliosa di natura verdeggiante, che guarda dall’alto il paesino marittimo. Chiudo gli occhi e respiro a pieni polmoni dilatando le narici, affinché lo iodio raggiunga ogni cellula del mio corpo; lo faccio sempre quando sono al mare, compio questo rito sin dalla nascita, perché così sono venuta al mondo: in un’insenatura nascosta della bellissima costa siciliana.
   “Mammina, anche oggi tarda a venire il papà?”
   “Amore, le barche non sono ancora rientrate! Continua a guardare il mare e fra un po’ le vedrai spuntare!”
   Avevo solo cinque anni e vivevo in una graziosa casetta che dava sul mare, solo un modesto marciapiede la separava dalla scogliera del porto del mio paese; quando i pescatori rientravano con le barche, io ero sempre davanti alla finestra col nasino appiccicato sul vetro che si appannava del mio respiro. C’era una particolare intesa fra me e mio padre: lui era per la bimba Loredana un mito e quando scendeva dalla barca salutandomi con un cenno della mano in segno di vittoria, io esultavo:
   “Mamma, il papà anche oggi è stato bravissimo … ha pescato!”
   I miei genitori si conobbero in riva al mare e per entrambi era esploso l’amore in un feeling perfetto; s’incontravano di nascosto fra gli anfratti per non essere scorti da nessuno: sapevano che la loro storia sarebbe stata disapprovata dalla famiglia di mia madre.
   Mamma frequentava il primo anno alla facoltà di lingue, avrebbe voluto fare l’interprete da grande; mentre mio padre aveva continuato lo stesso mestiere di mio nonno, da piccolo accompagnava molto spesso suo padre durante le escursioni di pesca e si era innamorato della vita in mare aperto: il lavoro di pescatore divenne per lui una vera passione!
   “Mario, sai com’è, i miei genitori stanno facendo dei sacrifici per me, mi pagano gli studi e i vari spostamenti dal paese, da noi non ci sono università. Io prima di conoscerti, non pensavo a un legame, c’era solo lo studio nella mia testa, ora ci sei tu e io vorrei stare sempre con te! Poi ci sarebbe un altro problema… il tuo lavoro, i miei per me hanno grandi aspirazioni, perciò amore siamo costretti  a vederci così!”
   “Pamela, va tutto bene per me, purché non mi abbandoni!”
   La storia andò avanti per vari mesi, nessuno si accorse di nulla, fino al giorno in cui la mia mamma non rimase incinta di me e, come Pamela aveva previsto, i miei nonni materni la misero alla porta quando seppero di mio padre.
   “Cosa!”, urlò mio nonno. “Ti faccio studiare per darti un futuro migliore e tu… ti butti nelle braccia di un pescatore! Vuoi passare la tua vita fra la puzza del pesce, fra le incertezze e con un marito di basso livello? I tuoi progetti… i tuoi sogni! L’amore passa, te ne pentirai!”
   Fuggirono via, Mario e Pamela, e vissero inizialmente in una casetta alla periferia del paese, anche i genitori di mio padre disapprovarono la scelta del figlio, secondo loro quella ragazza con la testa alla cultura non sarebbe stata una brava moglie, per cui inizialmente i due innamorati dovettero adattarsi alle ristrettezze economiche.
   Ma loro non se ne curavano: la felicità adombrava tutto il resto.
   Il mattino presto mia madre si recava al porto ad attendere il ritorno del marito e quando vedeva  all’orizzonte far capolino la barca tinteggiata di giallo, sapeva che rientrava il suo uomo: sublime amore; allora dalla costa, lei cominciava a salutarlo con il braccio per aria e si portava la mano alle labbra per soffiargli un bacio simbolico di benvenuto.
   Anche con la gestazione al termine, Pamela non rinunciò all’appuntamento con il mare: non poteva mancare! Quella mattina, quando io decisi di venire al mondo, lei era in attesa sulla piatta scogliera; avvertì  delle intense contrazioni che la obbligarono a sedersi per terra, mentre incrociava le braccia sul ventre con sofferenza.
   “Che ti succede amore?” disse Mario dopo aver ancorato la barca.
   “Portami nel nostro rifugio, devo sdraiarmi!”
   Il rifugio era un’accogliente grotta un po’ più avanti, era il luogo dove si erano amati lontano da occhi indiscreti, era il limbo felice.
   “Pamela, andiamo in ospedale, credo che sia giunto il momento!”
   “No!”, esclamò lei. “Non ce la farò, sta per nascere, devi aiutarmi tu!”
   Il parto fu rapido, mi ha raccontato in seguito mia madre, e il mio coraggioso papà prese in braccio le sue due donne e le condusse in ospedale per il controllo medico.
   Con la mia nascita i due sposi si sentirono ancora più uniti, l’amore ardeva come un fuoco inestinguibile: erano perfetti insieme. Mio padre era un giovane che se il destino lo avesse collocato da un’altra parte, con le sue doti naturali di bellezza e d’intelligenza, avrebbe avuto un avvenire diverso. Mia madre lo denominò “l’intellettuale dei mari”, non ci furono incomprensioni fra loro, il rapporto non si arenò per mancanza di argomenti, come presagiva il mio nonno materno: Mario era bello, amorevole, dalla parlantina forbita e abile pescatore.
   Il lavoro andava bene, il nostro mare pescoso permette discreti guadagni e col tempo mio padre aveva in progetto di acquistare un peschereccio, sarebbero andati i suoi futuri marinai in mare.
   Avevo compiuto cinque anni, quando ci trasferimmo in quella casa che si affacciava sul porto; era una graziosa villetta a due piani e se non ero all’asilo, mi appostavo dietro ai vetri ad attendere il mio papà, il mio bellissimo padre, al quale correvo poi incontro festante per saltagli al collo e riempirlo di baci tempestandolo di domande.
   La vita scorreva felicemente, Pamela mai si lamentò di aver rinunciato ai suoi sogni: il suo universo eravamo noi! Ogni nuovo giorno rafforzava nei miei genitori  quel feeling perfetto che li univa indissolubilmente. 
   Quella memorabile mattina … quella mattina in cui disegnai tanti ghirigori sulla patina di vapore del mio respiro, dopo l’attesa prolungata vidi giungere le barche prive di equipaggio.
   “Mamma è tutto triste lì fuori, ci sono soltanto le barche senza i papà!”
   “Andiamo a vedere, si saranno nascosti per farci uno scherzo!”
   Sono trascorsi circa quarant’anni, ma ricordo ancora l’espressione angosciata che colsi sul volto di mia madre: mi colpì profondamente, mai prima di allora quel viso aveva espresso dolore.
   Il mare restituì i pescatori per un ultimo saluto: durante la notte un’improvvisa mareggiata aveva soppresso quelle vite. L’imbarcazione gialla non fece più ritorno e di mio padre si persero le tracce, tracce di un’attesa mai cancellata.   
   Riemergo dalle rievocazioni del mio passato che mi è stato raccontato e che ora in questo luogo mi suggestiona, e mi chiedo perché? Ho appena trascorso un’altra vacanza al mare, ogni estate della mia vita la passo esclusivamente al mare: non potrei diversamente! Cosa c’è di diverso qui? Il richiamo è forte, anche se mi attendono e devo affrettarmi, giro il capo per osservare con più attenzione le barche ormeggiate e fra le tante fa capolino una colorata di giallo … che strana coincidenza! Mio padre all’epoca dei fatti non ebbe una sepoltura: il suo corpo non fu ritrovato. Scendo dabbasso e percorro il porticciolo, noto un anziano pescatore intento a lucidare la sua barca color delle limonaie, ha lo sguardo buono ma assente, mi accosto e lui mi sorride.
   “Davvero un bel colore!” esordisco
   “Non ho mai voluto cambiarlo.” mi dice “Non so perché, è come se fosse il colore del mio passato che non ho più ritrovato.”
   Nasce così nel mio animo la speranza… speranza di dare pace al mio cuore e a quello di Pamela che ancora attende il suo Mario con caparbia ostinazione.


6 commenti:

  1. Il mare dà, prende e restituisce. Sarà così anche per le nostre protagoniste? Un racconto ben scritto con lunghe pennellate descrittive che regalano partecipazione al lettore, insieme alla autenticità dei sentimenti.

    Sereno fine settimana, Annamaria.
    Marirò

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il mare è magia, mistero. Ti ringrazio per l'apprezzamento e ti auguro un buon fine settimana.
      un abbraccio
      annamaria

      Elimina
  2. Una pagina bella, un racconto di mare che porta là dove le descrizioni suggeriscono. E' sempre bello leggere ciò che scrivi, e così è anche questa volta.
    Felice serata!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti ringrazio, carissima amica, e ti auguro un buon fine settimana.
      a presto, un abbraccio
      annamaria

      Elimina
  3. Un tuffo nel passato che non si può dimenticare, perché chi ricorda... è quel passato.
    Molto bello, splendido e scorrevole stile.
    www.wolfghost.com

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie per l'apprezzamento, bentornato!
      Lieta giornata
      affettuosità
      annamaria

      Elimina