Siamo a metà
settembre e ci concediamo un’ulteriore vacanza, un tre giorni in un paesino
abbarbicato sul promontorio, in un borgo vetusto, ma singolare, con un porto
sottostante lambito da un mare cristallino.
Ci accompagna
nostro figlio Matteo, che nonostante sia un adolescente alle soglie della
pubertà, trova divertimento anche con i
suoi genitori, gioendo per questo extra fuori città, alle soglie dalla apertura
delle scuole.
L’albergo, dove
alloggiamo, si affaccia proprio sul porticciolo diviso in luogo d’attracco per
le diverse barche di pescatori del luogo e anche in spiaggia riservata ai
clienti dell’hotel.
Prendiamo possesso
della camera, ci guardiamo intorno, ci piacciono le pareti chiare tinteggiate
con effetto spugnatura rosa pesca, colore riportato sulle lampade e sulla
biancheria da letto che rende il tutto raffinato, ma rilassante.
Apro le persiane ed
esco sul balconcino che si affaccia sul singolare porto, insenatura di quel luogo
turistico, da qualche decennio riscoperto e rivalutato.
“Mamma,” esordisce
Matteo. “C’è anche il frigo bar! Guarda quante lattine di coca, posso aprirne una?”
“Ma certo tesoro! Ora
vieni a guardare il panorama, qui dall’alto è più suggestivo!”
Mi raggiunge mio
marito Giorgio, compagno fedele da più di vent’anni.
“Vediamo un po’
Loredana? Splendido! mi dice. “Ho scelto bene allora? Questa mini vacanza non
programmata, si prospetta niente male!”
Loro i miei due
uomini sono già in boxer da mare e mi sollecitano a cambiarmi.
“Andate pure, vi
raggiungo al più presto. Devo farmi una doccia. Sono accaldata!”
Giorgio si avvicina
e mi bisbiglia nell’orecchio: “Un fuori programma?”
“Già!” gli sussurro.
“Ho dimenticato di passare il rasoio sulle gambe. Faccio in un attimo!”
Sono sola
finalmente! Posso guardare le bellezze paesaggistiche dal piccolo balcone con
la ringhiera di ferro battuto a forma semi circolare. Noto in un angolo una
poltroncina in vimini, mi ci accomodo e osservo il cielo che si tocca col mare
azzurro e con il promontorio, lingua di roccia piantata nelle limpide acque.
Scruto con interesse all’orizzonte la collina rigogliosa di natura verdeggiante,
che guarda dall’alto il paesino marittimo. Chiudo gli occhi e respiro a pieni
polmoni dilatando le narici, affinché lo iodio raggiunga ogni cellula del mio
corpo; lo faccio sempre quando sono al mare, compio questo rito sin dalla
nascita, perché così sono venuta al mondo: in un’insenatura nascosta della bellissima
costa siciliana.
“Mammina, anche
oggi tarda a venire il papà?”
“Amore, le barche
non sono ancora rientrate! Continua a guardare il mare e fra un po’ le vedrai
spuntare!”
Avevo solo cinque
anni e vivevo in una graziosa casetta che dava sul mare, solo un modesto marciapiede
la separava dalla scogliera del porto del mio paese; quando i pescatori
rientravano con le barche, io ero sempre davanti alla finestra col nasino
appiccicato sul vetro che si appannava del mio respiro. C’era una particolare
intesa fra me e mio padre: lui era per la bimba Loredana un mito e quando
scendeva dalla barca salutandomi con un cenno della mano in segno di vittoria,
io esultavo:
“Mamma, il papà
anche oggi è stato bravissimo … ha pescato!”
I miei genitori si
conobbero in riva al mare e per entrambi era esploso l’amore in un feeling perfetto;
s’incontravano di nascosto fra gli anfratti per non essere scorti da nessuno:
sapevano che la loro storia sarebbe stata disapprovata dalla famiglia di mia
madre.
Mamma frequentava
il primo anno alla facoltà di lingue, avrebbe voluto fare l’interprete da grande;
mentre mio padre aveva continuato lo stesso mestiere di mio nonno, da piccolo
accompagnava molto spesso suo padre durante le escursioni di pesca e si era innamorato
della vita in mare aperto: il lavoro di pescatore divenne per lui una vera passione!
“Mario, sai com’è,
i miei genitori stanno facendo dei sacrifici per me, mi pagano gli studi e i
vari spostamenti dal paese, da noi non ci sono università. Io prima di
conoscerti, non pensavo a un legame, c’era solo lo studio nella mia testa, ora
ci sei tu e io vorrei stare sempre con te! Poi ci sarebbe un altro problema… il
tuo lavoro, i miei per me hanno grandi aspirazioni, perciò amore siamo costretti a vederci così!”
“Pamela, va tutto
bene per me, purché non mi abbandoni!”
La storia andò
avanti per vari mesi, nessuno si accorse di nulla, fino al giorno in cui la mia
mamma non rimase incinta di me e, come Pamela aveva previsto, i miei nonni
materni la misero alla porta quando seppero di mio padre.
“Cosa!”, urlò mio
nonno. “Ti faccio studiare per darti un futuro migliore e tu… ti butti nelle
braccia di un pescatore! Vuoi passare la tua vita fra la puzza del pesce, fra
le incertezze e con un marito di basso livello? I tuoi progetti… i tuoi sogni!
L’amore passa, te ne pentirai!”
Fuggirono via,
Mario e Pamela, e vissero inizialmente in una casetta alla periferia del paese,
anche i genitori di mio padre disapprovarono la scelta del figlio, secondo loro
quella ragazza con la testa alla cultura non sarebbe stata una brava moglie,
per cui inizialmente i due innamorati dovettero adattarsi alle ristrettezze
economiche.
Ma loro non se ne
curavano: la felicità adombrava tutto il resto.
Il mattino presto
mia madre si recava al porto ad attendere il ritorno del marito e quando
vedeva all’orizzonte far capolino la
barca tinteggiata di giallo, sapeva che rientrava il suo uomo: sublime amore;
allora dalla costa, lei cominciava a salutarlo con il braccio per aria e si
portava la mano alle labbra per soffiargli un bacio simbolico di benvenuto.
Anche con la
gestazione al termine, Pamela non rinunciò all’appuntamento con il mare: non poteva
mancare! Quella mattina, quando io decisi di venire al mondo, lei era in attesa
sulla piatta scogliera; avvertì delle
intense contrazioni che la obbligarono a sedersi per terra, mentre incrociava
le braccia sul ventre con sofferenza.
“Che ti succede
amore?” disse Mario dopo aver ancorato la barca.
“Portami nel nostro
rifugio, devo sdraiarmi!”
Il rifugio era un’accogliente
grotta un po’ più avanti, era il luogo dove si erano amati lontano da occhi
indiscreti, era il limbo felice.
“Pamela, andiamo in
ospedale, credo che sia giunto il momento!”
“No!”, esclamò lei.
“Non ce la farò, sta per nascere, devi aiutarmi tu!”
Il parto fu rapido,
mi ha raccontato in seguito mia madre, e il mio coraggioso papà prese in braccio
le sue due donne e le condusse in ospedale per il controllo medico.
Con la mia nascita
i due sposi si sentirono ancora più uniti, l’amore ardeva come un fuoco inestinguibile:
erano perfetti insieme. Mio padre era un giovane che se il destino lo avesse
collocato da un’altra parte, con le sue doti naturali di bellezza e d’intelligenza,
avrebbe avuto un avvenire diverso. Mia madre lo denominò “l’intellettuale dei
mari”, non ci furono incomprensioni fra loro, il rapporto non si arenò per
mancanza di argomenti, come presagiva il mio nonno materno: Mario era bello, amorevole,
dalla parlantina forbita e abile pescatore.
Il lavoro andava
bene, il nostro mare pescoso permette discreti guadagni e col tempo mio padre
aveva in progetto di acquistare un peschereccio, sarebbero andati i suoi futuri
marinai in mare.
Avevo compiuto
cinque anni, quando ci trasferimmo in quella casa che si affacciava sul porto;
era una graziosa villetta a due piani e se non ero all’asilo, mi appostavo
dietro ai vetri ad attendere il mio papà, il mio bellissimo padre, al quale correvo
poi incontro festante per saltagli al collo e riempirlo di baci tempestandolo
di domande.
La vita scorreva
felicemente, Pamela mai si lamentò di aver rinunciato ai suoi sogni: il suo universo
eravamo noi! Ogni nuovo giorno rafforzava nei miei genitori quel feeling perfetto che li univa indissolubilmente.
Quella memorabile
mattina … quella mattina in cui disegnai tanti ghirigori sulla patina di vapore
del mio respiro, dopo l’attesa prolungata vidi giungere le barche prive di
equipaggio.
“Mamma è tutto
triste lì fuori, ci sono soltanto le barche senza i papà!”
“Andiamo a vedere,
si saranno nascosti per farci uno scherzo!”
Sono trascorsi
circa quarant’anni, ma ricordo ancora l’espressione angosciata che colsi sul
volto di mia madre: mi colpì profondamente, mai prima di allora quel viso aveva
espresso dolore.
Il mare restituì i
pescatori per un ultimo saluto: durante la notte un’improvvisa mareggiata aveva
soppresso quelle vite. L’imbarcazione gialla non fece più ritorno e di mio
padre si persero le tracce, tracce di un’attesa mai cancellata.
Riemergo dalle
rievocazioni del mio passato che mi è stato raccontato e che ora in questo luogo
mi suggestiona, e mi chiedo perché? Ho appena trascorso un’altra vacanza al
mare, ogni estate della mia vita la passo esclusivamente al mare: non potrei
diversamente! Cosa c’è di diverso qui? Il richiamo è forte, anche se mi
attendono e devo affrettarmi, giro il capo per osservare con più attenzione le
barche ormeggiate e fra le tante fa capolino una colorata di giallo … che
strana coincidenza! Mio padre all’epoca dei fatti non ebbe una sepoltura: il
suo corpo non fu ritrovato. Scendo dabbasso e percorro il porticciolo, noto un
anziano pescatore intento a lucidare la sua barca color delle limonaie, ha lo
sguardo buono ma assente, mi accosto e lui mi sorride.
“Davvero un bel
colore!” esordisco
“Non ho mai voluto
cambiarlo.” mi dice “Non so perché, è come se fosse il colore del mio passato
che non ho più ritrovato.”
Nasce così nel mio
animo la speranza… speranza di dare pace al mio cuore e a quello di Pamela che
ancora attende il suo Mario con caparbia ostinazione.
Il mare dà, prende e restituisce. Sarà così anche per le nostre protagoniste? Un racconto ben scritto con lunghe pennellate descrittive che regalano partecipazione al lettore, insieme alla autenticità dei sentimenti.
RispondiEliminaSereno fine settimana, Annamaria.
Marirò
Il mare è magia, mistero. Ti ringrazio per l'apprezzamento e ti auguro un buon fine settimana.
Eliminaun abbraccio
annamaria
Una pagina bella, un racconto di mare che porta là dove le descrizioni suggeriscono. E' sempre bello leggere ciò che scrivi, e così è anche questa volta.
RispondiEliminaFelice serata!
Ti ringrazio, carissima amica, e ti auguro un buon fine settimana.
Eliminaa presto, un abbraccio
annamaria
Un tuffo nel passato che non si può dimenticare, perché chi ricorda... è quel passato.
RispondiEliminaMolto bello, splendido e scorrevole stile.
www.wolfghost.com
Grazie per l'apprezzamento, bentornato!
EliminaLieta giornata
affettuosità
annamaria