1
M’interrogo,
spesso, sulle origini della vita e sulle differenze sociali: per me siamo tutti
uguali, ma “loro” non la pensano così. Io sono curiosa e vorrei la verità,
quella verità che il più delle volte non comprendo. Vorrei essere una veggente,
vorrei avere poteri prodigiosi per entrare nelle loro teste blasonate e
leggervi i pensieri, quelli segreti che tengono nascosti: non ci credo che sono
felici in questo mausoleo zeppo di muffa e di consuetudini. Che peso essere
nata in uno stato monarchico e farne parte, quante regole, quanti rituali di
corte; io ho voglia di aria fresca senza costrizioni, sono stanca di dover
sottostare ai loro cerimoniali come fossi un’adulta matura. Che tedio, che
tedio, non ne posso più!
Mi apparto in camera con la figlia della
cuoca: con lei sono felice, vorrei andare in giro con il figlio del giardiniere,
vorrei essere nata da un’altra parte in una casetta spoglia. Meglio il
ragazzino lercio che vedo stendere la mano, lui sì che sa sorridere! La mia
dama di compagnia è così altera, mi proibisce persino la risata sonora, vorrei
tanto potermi sbellicare dalle risate.
Ho sedici anni e ancora non conosco il
contatto con la natura, il correre per i prati, il rotolarmi sull’erba,
l’abbraccio spontaneo, l’ilarità istintiva; sono nata e cresciuta fra queste
gelide mura, sento dentro di me che la vita vera è un’altra cosa ed io per
quell’altra faccia della medaglia che m’interrogo!Un giorno o l’altro volerò
via verso la libertà!
“Ma tu guarda che
lettera, che confessione! E’ anche stropicciata, che grafia d’altri tempi,
l’inchiostro è sbiadito, come vorrei sapere chi l’ha lasciata fra queste pagine!”,
commentò Marilena quella mattina in cui stava rimettendo a posto i libri della
biblioteca comunale. Era da qualche tempo che prestava servizio fra quelle mura
odorose di polvere e non le era mai capitato di ritrovare un foglio da lettere
scritto a mano, una pagina ingiallita e ispessita dalla polvere. Riprese il
libro custode del messaggio, le fece tenerezza e cercò, sul frontespizio e fra
le pagine, un qualunque indizio; forse la lei misteriosa aveva scritto il suo
nome e anche il casato di appartenenza, a quel punto cercò di dare un volto
all’angosciata adolescente che aveva affidato il suo sfogo al romanzo
preferito.
Marilena era fatta
così: immaginava la persona anche non conoscendola; quando leggeva, si calava
nella vicenda e i personaggi assumevano le fattezze desiderate. Il lavoro
di bibliotecaria le calzava a pennello, aveva anche la possibilità di leggere
romanzi di ogni genere, preferiva la narrativa classica, ma non disdegnava un
altro genere letterario: per lei ogni libro meritava di essere letto sino alla
fine. Aveva fretta: era
l’orario di chiusura, allora annotò il titolo del romanzo e ripose la lettera
nella tasca dell’impermeabile e si apprestò ad uscire. Fuori l’accolse una
pioggia battente, fece una corsa per giungere alla sua auto, incespicò su di
una mattonella sconnessa e imprecò contro l’incuria di quella vecchia stradina:
stava per fare un ruzzolone. Accese il motore della sua utilitaria e partì
mezza fradicia, si rincuorò al pensiero che fra un po’ sarebbe stata al riparo
nella sua confortevole casa da single. Poi ripensò alla povera ragazza del passato
costretta a subire le imposizioni del periodo e del suo rango, invece lei
poteva decidere della sua vita in piena libertà; non che non avesse lottato: suo
padre dalle idee conservatrici, uomo dalla morale tutta di un pezzo si era
opposto tenacemente alla volontà della figlia di vivere da sola e in un'altra
città. Ma Marilena la spuntò: “ Non peserò su di te, papà!” gli aveva detto “Lavorerò
alla Biblioteca Civica di Verona, non te ne ho parlato, ho partecipato al
concorso e l’ho vinto; potrò anche arricchire le mie competenze, intendo fare la
specialistica in storia dell’arte, qui da noi non è possibile, e poi ho
quasi trent’anni, ho bisogno dei miei spazi.”
Ernesto, padre dal
piglio autoritario, che non riusciva ad adeguarsi ai tempi, non aveva gradito
la presa di posizione della sua unica figlia femmina, col maschio non aveva
avuto questi problemi. Era contento per la bella notizia: la figlia, laureata
in lettere già da un bel pezzo, aveva primeggiato su tanti partecipanti, ora avrebbe
avuto un ottimo lavoro, ma perché così lontano, si domandò? Alla fine si era
infuriato, aveva fatto la voce grossa invece di esprimere le sue
congratulazioni, ma ugualmente aveva dovuto lasciarla andare; però avrebbe vigilato,
questo sì, non l’avrebbe abbandonata al suo destino in quella città del nord.
L’acqua
scrosciante della doccia restituì a Marilena vitalità e mentre si lavava, non
poté fare a meno di osservarsi: nella cabina doccia vi era uno specchio a
misura d’uomo.
“Non ho di che
lamentarmi, madre natura mi ha dato un bel fisico e ne sono fiera, sarà per
questo che non mi va bene nessuno!” rifletté “Ma no, cosa vado a pensare, ha
ragione mia madre, quando mi batterà il cuore anche il ragazzo meno attraente
sarà per me bellissimo!”
Si coccolò
massaggiandosi il corpo con la crema alle mandorle dolci, la sua pelle secca
aveva bisogno di nutrimento, srotolò i capelli ramati che aveva avvolto
nell’asciugamano per togliere loro l’acqua in eccesso e cominciò a fonarli
davanti allo specchio del lavabo, oltre che un bel fisico aveva un volto
delicato illuminato da due profondi occhi cerulei. “Sono uno schianto!”
constatò “Però che narcisista! Ehi, ragazza meno apprezzamenti! E lei, la tipa
della lettera com’era?” Non riusciva ancora a distaccarsi con la mente da quel
breve sfogo lasciato ai posteri e da lei ritrovato.
(continua)
provo oggi a inviare il commento
RispondiEliminaciao Annamaria, ieri ho provato più volte a inviare un commento, ma qualcosa non funzionava. Ora noto che tutto si è sistemato :-)
RispondiEliminaChe bel mestiere quello del bibliotecario! Mi sarebbe piaciuto. E se poi si trova un manoscritto confidenziale...emozionante davvero.
In attesa del seguito, porgo i miei auguri di serena Pasqua a te e famiglia. Un caro abbraccio,
Marirò
Grazie, cara, ricambio di cuore.
EliminaUn abbraccio
Annamaria