La permanenza a casa della mamma di Giuditta fu più lunga del previsto e
di cambiare casa non pareva rientrasse nei progetti del subdolo calcolatore,
giunse a convincere sua moglie che ai fini delle tasse di successione, essendo
lei l’unica erede, sarebbe stato più opportuno intestarle prima la casa.
“Sai, amore mio, perché dover pagare dopo, non conosciamo il futuro. Ora
non ci manca nulla: il mio lavoro va alla grande, la casa di moda è divenuta
mia. Metti che in seguito, quando tua madre non ci sarà più, ma mi auguro che
sia il più tardi possibile, le cose potrebbero mettersi male per il mio lavoro,
tanto da non poter sopportare il costo della successione; potresti perdere la
casa e con essa tutti i suoi ricordi, e i parenti si sa che in questi casi non
sono d’aiuto. Del resto tua mamma continuerà a stare con noi, è vedova non
andrà da nessun’altra parte e mi par di capire che sia rimasta fedele alla
memoria di tuo padre.”
Giuditta accecata dalla dannosa persuasione del marito, parlò alla madre, che
adorava suo genero tanto gentile e disponibile, e convenne con la figlia che
sarebbe stato giusto recarsi dal notaio per redigere l’atto di donazione, non
ebbe neanche la più pallida idea di lasciarsi l’usufrutto.
Cominciavano a giungere voci di presunti tradimenti da parte di Victor,
lettere anonime che mettevano in guardia l’ingenua moglie. Lei le strappava:
avrebbe messo la mano sul fuoco per lui tanto caro e affettuoso. Le aveva
illuminato la vita, non facendole mancare proprio nulla: regali costosi, cene e
svaghi sempre con amici, e viaggi, viaggi da sogno, pareva che la luna di miele
non fosse mai finita. Nel frattempo erano nati due bambini, ma c’era la mamma
che subentrava in quelle uscite della coppia: se ne occupava totalmente durante
le vacanze, le serate e uscite straordinarie. Giuditta si confidava con l’amica
del cuore manifestandole la sua gioia,
la sua totale fiducia nel confronto del marito e mai aveva smesso di pentirsi
di essersi sposata tanto giovane e inesperta; non solo: ora era certa che
quello fosse l’amore vero.
“Sei certa, che significa, prima non lo eri?”
“Avevo dei dubbi, mi è piombato
all’improvviso, ci siamo sposati in fretta e non ero neanche incinta; tu sai
che sono andata vergine all’altare.”
“Lo so, lo so. Con l’educazione ricevuta e il
lavaggio mentale che abbiamo subito. Ma, ora mi devi dire, a letto come si
comporta?”
“E’ tenero, romantico, se non fosse per strani giochetti che devo
subire, ma fa parte del dovere coniugale.”
“Ma che dici, non sei obbligata, altrimenti è violenza!”
“Ma no, sono sua moglie!”
Era una mattina d’estate, faceva tanto caldo, la città si era quasi
svuotata: accadeva sempre più spesso durante il weekend che la gente aveva
imparato a conoscere; sabato e domenica, gite fuori porta o un due giorni per
un viaggetto breve. Marisa era sola in casa, i genitori si erano recati dai
nonni al paese. Essendo di un’altra regione, capitava che in estate andassero
da loro nel fine settimana, lasciando la figlia a casa che in tutta
tranquillità si preparava all’esame da affrontare prima delle vacanze: solo ad
agosto poteva staccare la spina dallo studio. Frequentava la facoltà di
medicina e il suo obiettivo era quello di prendere la
specializzazione in cardiochirurgia, sentiva dentro di sé una passione sempre
più crescente per la professione del medico al servizio delle vite umane. Un
suono veloce la destò dalla concentrazione, era il campanello d’ingresso,
guardò nello spioncino e vide Victor; contrariata si allontanò in silenzio cercando
di non far rumore, non voleva noie e, poi, essendo sola in casa non voleva
farlo entrare. Non si fidava di quell’uomo, era successo in più occasioni che
tentasse un approccio: braccio sulle spalle, abbracci più vigorosi, sguardi
ammiccanti, tutte avvisaglie che una donna sa interpretare, per questo motivo non
frequentava la coppia, era costretta solo quando si recavano in visita i suoi
genitori, e se l’amica manifestava il suo disappunto, lei le ricordava che lo
studio non le concedeva tregua.
“Lo so che ci sei. Ti ho vista alla finestra con un libro in mano. Non
ti farò perder tempo, devo chiederti un consiglio su Giuditta.”
Aprì la porta e lo fece accomodare. Lui, dopo aver sciorinato una
plateale confessione sulla freddezza della moglie, le chiese un bicchier d’acqua,
giunse persino a manifestarle i suoi dubbi sulla possibilità che si fosse
innamorata di un altro, la sua vita non sarebbe stata più la stessa, che
avrebbe fatto senza di lei? Mentre Giuditta era in cucina per versare l’acqua
nel bicchiere, all’improvviso lui le piombò di spalle e la immobilizzò con una
mano contro la parete e con l’altra mano le tappò la bocca.
(continua)
e ci lasci così, col fiato sospeso? Io ho il cell in mano e sto per chiamare il 113 ..povera Marisa, è il difficoltà con quel farabutto e a noi non resta che aspettare....
RispondiEliminaDai, su, Annamaria, sii buona e non cadere in tentazione di far diventare il tuo racconto un thriller :-) Intanto ...Buon 25 Aprile
Vedremo, carissima Licia, buon 25 aprile anche a te. Grazie e a presto. Un bacione
EliminaAnnamaria
Ciao annamaria!
RispondiEliminaMolto intrigante il tuo racconto e spero non finisca male eh,in tutta sincerità amica cara sei davvero brava!
Buona domenica,ti lascio un sorriso e un grande abbraccio :)
Ti ringrazio tanto per l'apprezzamento. Ti auguro la buonanotte.
RispondiEliminaA presto, ricambio di cuore.
annamaria