Il titolo esplicativo ci introduce in una storia che ci riguarda e della
quale siamo spettatori non più ignari ma consapevoli e riluttanti. Una storia
scritta con capacità descrittiva e narrativa, una vicenda che accende i
riflettori sulla corruzione che non risparmia gli affetti; un romanzo che si è
aggiudicato il LXIX Premio Strega. Stiamo parlando del romanzo intitolato: “La
Ferocia”, scritto da Nicola Lagioia, nato a Bari nel 1973. Per Einaudi ha
pubblicato “Occidente per principianti” e “Riportando tutto a casa”.
Siamo agli inizi anni settanta, la scalata al benessere è un passepartout per l’elevazione sociale, per approdare nel
mondo dei notabili della città. Si procede per astuzia, si raggirano gli
ostacoli con quell’intuito tipico di chi considera il potere dei soldi, l’unico
modo per ottenere considerazione e rispetto.
E allora, cosa c’è di meglio se
l’arricchimento può giungere velocemente, ottenendo ciò che avrebbe avuto
bisogno di tempi più lunghi o di rifiuti se ci fossero state trasparenza e
correttezza? Dilaga la corruzione, si chiude un occhio sulle gravità che potrebbero
nascere dai permessi illegali in ogni campo e il valore umano è messo in
secondo piano: l’obiettivo è arricchirsi per concedersi lussi e considerazioni
nell’ambiente che conta.
La famiglia Salvemini ha come capostipite un costruttore in vista che
farà largo uso di quella corruzione, comincerà il suo esordio nella scalata
sociale acquistando come dimora una villa adiacente al circolo più “in” della
città. Una villa appartenuta sotto la dinastia borbonica a un proprietario
terriero, in seguito a un podestà, poi era toccata a un senatore. Per Vittorio
Salvemini vivere accanto al luogo frequentato dalla gente più in vista, è una
sorta di trampolino di lancio per appartenere a quel mondo tanto ambito. Uno
stratagemma, un astuto stratagemma per poter entrare nella lista dei soci del
circolo tennis, ove l’ingresso è consentito a coloro che abbiano almeno cinque
amici iscritti. In seguito Vittorio vincerà la prima gara d’appalto, farà la
spola fra la Sardegna e la Costa Brava e la sua famiglia composta dalla moglie
e quattro figli si potrà permettere ogni sorta di lusso e circoli esclusivi. Tutto
è lecito per l’imprenditore barese che
corromperà alti vertici e ne resterà avviluppato sino alla fine, in un turbinio
di eventi difficili da disinnescare.
La moglie, Annamaria, è ben contenta di
beneficiare di cotanta ricchezza e poco conta tutto il resto; e per assicurarsi
tutto ciò, si fingerà generosa nei confronti di Michele, figlio illegittimo del
marito, allevandolo. Figlio che invece percepirà la mancanza d’affetto della
matrigna, ma stabilirà un contatto con Clara, sorella maggiore, il personaggio
chiave della storia che poi si tingerà di noir.
Nella famiglia protagonista vi sono altri due figli, un maschio e una
femmina; il primogenito diverrà un oncologo e Clara, la maggiore, anche essendo
sposata, passerà da un tradimento all’altro col tacito assenso del marito.
Clara è una ragazza sensibile che stabilirà un legame con il fratellastro, il
quale a causa delle distanze affettive avrà seri problemi psichici e passerà la
sua esistenza da giovane ragazzo nelle case di cura psichiatriche trasferendosi
a Roma, dove cercherà anche di coltivare la passione del giornalismo. Il vuoto
familiare si ripercuoterà su Clara che trascinerà la sua giovane vita fra
tradimenti e cocaina.
Nel frattempo i genitori impegnati nei loro affari di denaro per lui e
di come spenderli per lei, porteranno Clara all’atto finale, fulcro di questa
storia: Clara muore all’età di trentasei anni, l’ultima volta che è stata vista
viva stava percorrendo la statale Bari-Taranto con il corpo nudo ricoperto di
sangue e lividi. A questo punto della storia entra in scena Michele molto
legato alla sorella deceduta, egli indagherà su quella morte e scoprirà gli
scuri rapporti della sua famiglia con il mondo politico, economico e
accademico. Nonostante gli avvertimenti, Il figlio incompreso e non completamente
amato farà pulizia e chiuderà così un capitolo sulle corruzioni, trasgressioni,
connivenze sospette.
La vita alla fine porta il conto e per Salvemini senior sarà il male
incurabile, mentre per il resto della famiglia il fango della denuncia
scoperchierà un pentolone d'intrighi a catena che farà crollare l’impero economico
dell’imprenditore più in vista della città.
La scrittura è coinvolgente ma in alcuni tratti ampollosa e nella parte
iniziale, per quanto ci introduca nel dramma del ritrovamento del corpo di
Clara, si perde il filo conduttore della storia per il ritmo complesso e
incrociato. Ma quando entra in scena il personaggio scomodo, il figlio
illegittimo, lo stile cambia struttura con frasi brevi, punteggiatura
sincronizzata, dialoghi secchi il tutto in linea con Michele, ragazzo rancoroso
e sensibile, amante della verità priva di fronzoli.
I flashback, con l’alternanza del presente, rendono la narrazione
interessante: Nicola Lagioia, con intensità, affonda la penna nei mali di
questa società!
Recensione esemplare, proprio perché obiettiva.
RispondiEliminaAbbraccione!
Grazie, cara, ho potuto pubblicarla perché l'avevo scritta precedentemente al mio intervento.
EliminaA presto, un abbraccio
annamaria
ciao Annamaria,
RispondiEliminanon ho letto questo libro ma la tua recensione mi ha fatto venire in mente un telefilm a puntate interpretato da Enrico Maria Salerno negli anni '80. Le difficoltà, a volte tragiche, che incontrano gli arricchiti respinti dal bel mondo, Mohamed Abdel Moneim Fayed, il padre del defunto Dodi, era uno degli uomini più ricchi di Inghilterra ma non è mai stato accettato nel Rotary club Londinese.
Oltre il denaro, occorre un certo stile innato, comunque qui si parla anche di corruzione, di appalti facili, di manovre illecite per arricchirsi, insomma di tutto quel clima che ancora ci perseguita e che nasce soprattutto a partire dagli anni settanta.
EliminaGrazie, un caro saluto
annamaria