Edmondo era davanti
alla sua tazza da latte colorata di caffè nero, sicuramente molto più caffè che
latte: gli serviva per ridestarsi dal torpore mattutino che all’alba annebbiava
la sua mente. Conduceva quel ritmo ormai da cinque anni con levatacce alle
cinque del mattino: lavorava in una cittadina diversa dalla sua e per
raggiungere quella destinazione ci impiegava due ore. Ma lui se lo teneva
stretto quel lavoro, con i tempi che correvano, un’occupazione era una
conquista che non a tutti capitava.
Entrò in bagno e
fece scorrere l’acqua calda dal soffione per riscaldare la cabina doccia,
l’acqua sul corpo aveva un che di magico, una vera sferzata corroborante. Era
pronto, vestito di tutto punto, l’abito gessato gli piaceva in particolar modo
e quella mattina lo indossò con maggior soddisfazione. Avrebbe dovuto
incontrare il suo capo area che chissà… gli avrebbe comunicato quella promozione
agognata che gli avrebbe permesso di trasferirsi in una sede più vicina alla
sua città e, soprattutto, avrebbe ricevuto l’aumento di stipendio a lungo
atteso. Sonia, la sua amata Sonia, non vedeva l’ora di stabilirsi da lui e di
convolare a nozze, desiderava un figlio e solo con un margine di soldi in più i
loro progetti sarebbero divenuti realtà.
Scese le scale
velocemente, l’ascensore era bloccato al primo piano, era leggermente in
ritardo sulla sua tabella di marcia: la ricerca della cravatta gli aveva fatto
perdere cinque minuti preziosi. Si aprì la porta della signora del terzo piano,
una simpatica vecchietta che all’età di novant’anni, vivendo da sola, gli chiedeva
a volte dei piccoli favori che ricambiava con prelibatezze culinarie preparate
con le sue mani.
“Mi scusi, signor
Edmondo, so che ha fretta, ma la prego può versare questo danaro sul mio conto?”
gli chiese, porgendogli una busta.
“Certamente, cara
Luisa. Non si preoccupi, è il mio lavoro. Buona giornata!” aggiunse, accelerando
il passo e sorridendo tra sé teneramente: quella vecchina gli ricordava la sua compianta
nonna che gli aveva voluto bene più di un figlio, facendo le veci dei genitori
quando l’avevano abbandonato da piccolo per rincorrere i loro ideali.
Era a metà giornata
di lavoro, faceva il consulente investimenti, allorquando si ricordò del denaro
di Luisa, lo estrasse dalla tasca e si apprestò a compiere l’operazione di
versamento. La somma era abbastanza considerevole, più delle altre volte, e pensò
che il figlio della vecchina avesse concesso alla madre una somma maggiore di
denaro per far fronte a un periodo più lungo. Altre volte aveva ottemperato all’accredito
sul conto della signora: lui era delegato dalla stessa; non si era sentito di
rifiutarle quella cortesia, non gli costava nulla: era come farlo alla sua
adorabile nonna.
Mise la ricevuta
del versamento in tasca e si diresse allegramente all’ufficio del capo che lo
attendeva, mentre mentalmente si augurava di ricevere la sospirata promozione.
Lavorava in quella banca da svariato tempo e si era distinto per
professionalità, correttezza e puntualità, nonché onestà e passione. Egli
credeva in quel lavoro che aveva amato da subito e nonostante non si sentisse
gratificato dal lato economico, sperava in un miglioramento. Il più delle volte
si tratteneva in banca sino a tarda sera per non avere arretrati e per
programmare il lavoro del giorno successivo, ma anche per studiarsi tutte le
circolari. Giungeva a casa molto tardi e stanco, durante la settimana quasi non
aveva vita sociale, solo nel weekend incontrava la fidanzata e, fortuitamente,
la cara condomina Luisa.
“Molto zelante e
puntuale!” esordì il funzionario che era in compagnia di alcuni finanzieri “Prego
s’accomodi! Lei è una persona capace e meritevole, ha sempre svolto bene il suo
lavoro, i clienti sono soddisfatti. Peccato, lei abbia provveduto a illeciti
versamenti.”
“Non
capisco”rispose Edmondo disorientato.
“Non c’è nulla da
capire. Lei è in arresto per riciclaggio di denaro sporco!”
All’improvviso la
vita di Edmondo cambiò, si ritrovò agli arresti domiciliari in attesa di
processo e sospeso dal lavoro con possibilità di revoca e licenziamento. Sonia
era scomparsa e si faceva negare al telefono; lui riceveva solo la visita di
un'affezionata amica che neanche per un attimo aveva dubitato di lui.
“Ce la farai
Edmondo!” gli diceva “Io ti difenderò!”
Lara era un
avvocato, alle prime armi, il cui aspetto sprovveduto e candido, purtroppo, non
faceva presagire un’arringa incisiva e professionale. La ragazza invece era
determinata e desiderava tirar fuori dall’impiccio l’innocente amico.
La discreta
vecchietta, che aveva cacciato Edmondo in quell’equivoco, si era trasferita e
Lara avrebbe voluto interrogarla. La giovane non si scoraggiò e, poiché “il
diavolo fa le pentole e non i coperchi”, riuscì a farsi rivelare l’indirizzo
del figlio della nonnina dal giovane custode del palazzo: i portieri sono informati,
basta una qualunque esigenza per essere a conoscenza dei recapiti dei parenti
più prossimi .
Ormai era appostata
davanti all’abitazione di Emilio, il figlio di Luisa, era divenuta la sua ombra:
Lara sperava che lui l’avrebbe condotta alla nuova casa della madre e così fu.
Una mattina vide Emilio uscire da un’abitazione in periferia, nella quale era
entrato, al braccio della madre; essi entrarono nell’auto e si
allontanarono; lei aspettò con calma che ritornassero. Li vide giungere,
infatti, dopo un paio d’ore; Emilio parcheggiò e scaricò dall’auto buste di
vettovaglie e, dopo aver aiutato la madre a rientrare in casa, ripartì. Lara
attese nuovamente e citofonò a Luisa, spacciandosi per una lettrice del contatore
dell’acqua.
“Venga, credo sia
sul balcone della cucina. Sa, abito da poco qui, mio figlio ha voluto che mi trasferissi
per via dello smog!”
“Ha fatto bene! Era
in città prima?”
“In pieno centro,
peccato… lì conoscevo un giovane tanto gentile. Come vorrei dargli il mio nuovo
indirizzo, non ho il suo numero di cellulare.”
Lara con il suo
savoir faire fece scrivere una lettera che avrebbe consegnato lei stessa al
ragazzo in questione: dopo un giro di domande fece intendere che lei abitava da
quelle parti e che non le sarebbe costato nulla, farlo.
Edmondo leggeva e
rileggeva la lettera e giunse alla conclusione che la cara Luisa ignorava ogni
cosa e che sicuramente il figlio si serviva della madre per depositare denaro
sporco, frutto di illeciti raggiri.
“Lara, dobbiamo
avvertire la polizia, non devi appostarti più. Questa lettera li convincerà.”
“No, ci penserò
io!”
Era notte fonda e
Edmondo dopo aver indossato un lungo impermeabile e calato sulla fronte una
visiera di un vecchio cappello di suo nonno, uscì dal portone di casa per
recarsi da Luisa. Era stanco di quell’equivoco che aveva mutato la sua vita,
voleva parlare con la signora, voleva convincerla a deporre in suo favore: a
quell’ora il figlio non poteva nuocere e Lara per quanto avesse svolto delle
ottime indagini, ora stava tirando troppo la corda e lui temeva che le
accadesse qualcosa di spiacevole.
Suonò il
campanello, pigiò nuovamente, nulla, stava per andar via quando la porta
lentamente si spalancò; l’interno della casa era immerso nel buio, solo una
striscia luminosa si rifletteva sul pavimento e Edmondo entrando percorse quel
fascio di luce e quasi inciampò sul corpo di una persona. Il giovane atterrito
cercò un interruttore e con sangue freddo scostò il lenzuolo che era stato posto
sul volto del corpo esanime. Che orrore, che macabra scoperta! Era Luisa
cianotica e ormai deceduta che riportava ecchimosi sulla faccia e profonde
striature bluastre sul collo. Si fece coraggio e rimise ogni cosa al suo posto:
doveva andar via, doveva mettersi in salvo, forse l’assassino era ancora in
quella casa, forse…
Una botta in testa
e il giovane smise di pensare, cadde e batté la tempia sullo spigolo di un vecchio
cassettone.
“Oh, signora Luisa,
allora, è viva? Ho preso uno spavento!”
“Caro ragazzo,
siamo entrambi nello stesso posto.”
Edmondo si guardò
intorno e vide un mondo pregno di luce e soavità delicata, un profumo mai
avvertito giunse a lui e i colori, i colori di quel luogo avevano qualcosa di
magico.
“Ma dove siamo,
Luisa?”
“Abbiamo lasciato
la terra entrambi per lo stesso motivo.”
“Siamo morti? Ma
se mi sento così bene!”
“Io sono morta, lei
è in uno stato di transizione.”
Edmondo vide il
suo corpo che giaceva immobile e scorse il suo capo-aerea che conversava con
Emilio, chi l’avrebbe detto, pensò.
“E’ fatta! Ci
siamo tolti questo sciocco dai piedi. Lo accuseranno della morte di tua madre
che aveva scoperto ogni cosa e non ci vorrà nulla a fare due più due. Tutto
secondo i nostri piani. Facciamo quella telefonata anonima alla polizia.
Smetteranno, ora, d’indagare e potremo goderci i nostri soldi all’estero!”
Ma Lara, sopraggiunta
poco prima, era nascosta e registrò quella conversazione.
Stesso abito
gessato, stesso piglio giulivo, era cambiata solo la locazione e il ruolo,
Edmondo ora era un “Q di quadro” in Direzione che aveva affidato all’avvocato
Lara l’ufficio legale. L’amicizia fra i due giovani si era tramutata in amore e
puntualmente si recavano assieme al cimitero per deporre fiori alla cara Luisa,
vittima e artefice della loro felice unione.
Povera nonnina! A cosa non porta l'avidità di denaro...
RispondiEliminaQuindi dalla "transizione" si può tornare indietro: bene! L'angelo di Edmondo si chiama Lara :)
Bel racconto, complimenti. Ti abbraccio,
Marirò
Certo che si può, tanti raccontano di aver vissuto un coma che li rendeva vigili e poi si risvegliano.
EliminaTi ringrazio per l'attenta lettura e per l'apprezzamento.
Un caro abbraccio
annamaria
Senza offesa, anzi per me è un complimento, questo racconto è degno della penna di Briciolanllatte, a mio giudizio il numero uno prima di Splinder, poi di WP.
RispondiEliminaBravissima, cara amica!
Ciao cara, ti ringrazio, io non so se ho mai letto qualcosa di briciolatte, ma so che tu ne parlavi come una Blogger di qualità,
EliminaUn abbraccio e buona notte
Annamaria