Si era soffermata ad osservare il largo spiazzo
piastrellato da poco, tanti giovani operai erano impegnati nei lavori di
restauro e ammodernamento di quell’immensa piazza nascosta dal dedalo di
vicoli. Era il suo paese e le piaceva passeggiare nelle viuzze strette che si aprivano
sul belvedere. Un luogo incantevole che non finiva mai di stupirla, un posto in
espansione per far fronte ai numerosi visitatori: ogni anno i turisti
crescevano. Un paese dal duplice paesaggio, mare e monti, una cittadina ove si
respirava aria buona tutto l’anno e che offriva l’opportunità di viverla ogni
stagione, per questo Valeria non smetteva di frequentarla. Lei non abitava più in quel luogo da tempo, ma
tornava nel fine settimana, nei weekend lunghi e, ovviamente, nel periodo
vacanze. Possedeva una casa in prossimità del mare, era l’abitazione dei suoi
genitori, una villetta pregna di ricordi nostalgici. Quante esperienze e sensazioni!
Aveva vissuto l’infanzia, la sua adolescenza, la prima cotta, poi la giovinezza
e l’amore vero, il matrimonio; era uscita da quella casa al braccio di suo
padre fiero di lei, amata figlia unica. Sempre in quel luogo aveva mosso i
primi passi, suo figlio Alvise felicemente sposato e residente ora negli
Stati Uniti. Da quanto tempo non lo incontrava, si chiese rammaricata? Ah, questa
Italia che lascia scappar via i cervelli! E suo figlio era un cervello di
grande ingegno, una multi nazionale l’aveva richiesto, gratificandolo. Ripensò
a suo marito, lui era andato via non per prospettive di lavoro; era un valente
avvocato che ebbe il coraggio di dirle in faccia: “Sono un gay, non l’avevi
capito?”
“No, che non l’avevo capito, abbiamo avuto
un figlio e facevamo l’amore puntualmente una volta la settimana!”
“Appunto, una volta ogni sette giorni, gli
altri li dedicavo all’amore vero che ho incontrato!”
Che delusione fu per Valeria, quella casa le
ricordava anche l’ultimo incontro con suo marito, troppi amari ricordi! Le
gioie c’erano state, ma ora prevalevano le rievocazioni tristi, aveva deciso di
metterla in vendita quella casa, si augurava che i suoi genitori dall’alto la
comprendessero: con il ricavato si sarebbe trasferita in America, dove vivevano
suo figlio, la nuora e la nipotina che aveva visto solo alla nascita. Stava
temporeggiando, doveva affiggere il cartello del “Vendesi”, sapeva che avrebbe
ricevuto quasi subito un’offerta, era il luogo ideale per le vacanze e tanti ne
andavano alla ricerca.
Girava per le stradine quando fu attratta dallo
stesso spiazzo ora verniciato di una sostanza vischiosa, cominciò a calpestarlo
e vi rimase impantanata. Chiese aiuto: non sapeva come fare e sprofondava
sempre più, le pareva di penetrare nelle sabbie mobili che aveva visto in un
film. Allora esistevano per davvero, si disse. Ma perché nessuno veniva in suo
soccorso? Ormai era alla fine: stava per essere risucchiata, quando una mano
amica le fornì un lungo bastone, lo afferrò e scivolando sulla vernice
appiccicosa tornò in piedi sulla strada asfaltata.
“Cosa le è successo?” le chiese l’uomo
sconosciuto.
“Non lo so, mio salvatore!” esclamò lei
grata.
Ma la giornata strana non finì di stupirla.
Si trovò come per incanto in una casa vetusta mai visitata, era chiusa in una
camera e udiva in lontananza le voci di sua nuora e di altre persone. Dal
soffitto pendevano strani pipistrelli, aveva terrore di quegli uccelli sinistri;
essi penzolavano e sembravano pronti a spiccare il volo verso di lei, forse le
avrebbero succhiato il sangue, doveva mettersi in salvo ma nel tentativo ruppe
due anfore antiche di pregio. Dall’altra parte della porta le voci insistenti cercavano
d’entrare, loro non dovevano accorgersi che era stata l’artefice del disastro: i
cocci avevano anche danneggiato il pavimento completamente segnato da incisioni
profonde. Pigiavano a quella porta, la spingevano, avrebbero visto. Che sarebbe
stato di lei ritenuta una persona perfetta? Avrebbero detto che…
“Mamma, svegliati, ti ho preparato il
caffè!”
“Da dove sbuchi, caro?” rispose lei
risollevata. Si guardò intorno e si rese conto di essere nella sua camera da
letto e che era stato solo un incubo. Ora ricordava la sera prima si era
addormentata stremata e agitata per via di quella decisione che avrebbe dovuto
prendere, aveva anche dato un ulteriore sguardo al cartello del vendesi.
“Sono
arrivato da qualche ora, non ho voluto disturbarti.” rispose allegramente
Alvise “Sono in Italia e per sempre! Ho voluto farti una sorpresa! Ma cos’hai,
ti vedo angosciata?”
“Nulla, ora più nulla!” e dopo essersi
alzata, all’insaputa del figlio, strappò con gioia l’odioso cartello.
Vendere la propria casa spesso è una decisione dolorosa. Non so come mi comporterò quando mia madre non ci sarà più: è una casa che non mi serve, ma immaginare altri lì dentro forse non è facile.
RispondiEliminaInvece non sono per niente legata alla casa in cui ho vissuto i primi 5 anni di matrimonio. Non l'ho mai sentita veramente mia. Adesso sì, sono nella mia casa.
Un caro saluto, Annamaria.
Le proprie radici le troviamo nella casa paterna, è lì che lasciamo il cuore. Io, infatti, ricordo con molta nostalgia la prima casa dei miei genitori, era una casa in affitto: gli inizi non sono facili; ebbene quando passo di lì m'intenerisco con struggimento. Vendere una proprietà che fa parte del proprio vissuto è sempre difficile, per questo ho pensato a questa storia.
EliminaGrazie, cara Paola, al momento opportuno ogni decisione è quella giusta.
un bacio
annamaria
ahah bello e corroborante il finale! :-D Che era un incubo iniziavo a darmela, ma che terminasse grazie ad una bella notizia... ;-)
RispondiEliminawww.wolfghost.com
Hai un bell'intuito, caro amico, e sono contenta di ritrovarti. Sai come son fatta: alla fine addolcisco le storie.
Eliminabuon tutto
annamaria
Meno male che era soltanto un brutto sogno: la casa è dove ci sono coloro che amiamo. Non si tratta di muri, di arredi e nemmeno di bei giardini, senza le persone care non si fa casa. La casa è anche dove abbiamo vissuto con le persone care che non ci sono più, ma vivono in noi. Il ricordo è casa, ma non una triste memoria mortuaria: qualcosa di vivo.
RispondiEliminaProprio così, cara Mimma, dove abbiamo vissuto c'è il nostro cuore, i nostri cari che ci mancano tantissimo. Ma questa è la vita, il distacco è doloroso e possiamo attenuarlo con i ricordi.
EliminaBuona serata
un abbraccio
annamaria
Infatti, mi ero stupita, cara Annamaria.
RispondiEliminaLeggendo mi dicevo: ma non è da lei una storia horror. Poi il bel finale che mi ha reso contenta.
Brava come sempre!
Un caro abbraccio*
Mi conosci troppo bene, cara Ale, comunque chissà potrei anche tentare la storia horror.
EliminaGrazie infinite per il gratificante giudizio, detto da te che sei una scrittrice di talento è davvero molto lusinghiero.
ricambio con affetto
anamaria
Dato che sei molto capace, ci riusciresti perfettamente!
EliminaPerò,non è il tuo genere.
Felice serata ^^
Hai ragione, cara, il genere bisogna sentirlo. Buon inizio settimana.
Eliminaun bacio
annamaria
Ciao carissima,bello rileggerti e ritrovarti anche quì :)
RispondiEliminaBentrovata, grazie Ethel, per le gentili parole.
EliminaA presto
un bacio
annamaria
Cara Annamaria sei riuscita a trascinarci tutti nel tremendo pantano di sabbie mobili che ci risucchia quando dobbiamo fare delle scelte dolorose, ma per fortuna, almeno in questo caso, è stato possibile risalire in superficie senza danni e ritornare allo stato di veglia con una notizia piacevole e risolutiva che ci ha fatto tornare il sorriso sulle labbra!
RispondiEliminaun abbraccio
Sono io a ringraziarti, cara Maria, per aver colto il senso nascosto del racconto, le tue analisi sanno andare a fondo con sublime eleganza.
EliminaTi auguro un buon fine settimana.
con affetto
annamaria