lunedì 22 settembre 2014

Divagazioni

                        

   Le proposte letterarie sono in caduta non accidentale e la lettura viaggia di pari passo: le preferenze vertono su altri campi. Del resto, che i lettori fossero diminuiti, non è una notizia da prima pagina: conosciamo già il problema e se ne parla per cercare di smuovere l'interesse del pubblico distante. Da cosa nasce questa crisi libraria? Mi verrebbe da pensare che essendoci meno moneta, acquistare un libro vorrebbe dire fare a meno di qualcosa di più utiile, mi verrebbe da pensare, dicevo, e forse potrebbe essere per alcune categorie. Ma la lettura è già da tempo che non rientra nei normali interessi, è vero che tanti giovani leggono e affollano le sale di lettura delle più importanti librerie, ma è pur vero che tanti altri giovani amano scritture veloci e letture velocità della luce come i loro pensieri che, non ricevendo cibo intellettuale, finiscono per impoverirsi in un solito e monotono linguaggio low cost, tanto per usare un eufemismo straniero.
   Sul web comunque esistono pagine di scrittura che danno spazio a chi invece ama ancora scrivere e leggere e sempre sul web chi sceglie di leggere tali pagine è ben felice di potersi informare o disquisire sui vari argomenti proposti, o anche leggere narrazioni pubblicate a costo zero.
   Ebbene da un po' anche il web, riservato alla lettura di un certo tipo, pare in "caduta non accidentale" e le proposte letterarie sembrano non suscitare il precedente interesse. Con ciò non voglio dire che i miei scritti rientrino in quelli da non essere trascurati, figuriamoci: non mi ritengo all'altezza dei vari critici che lo fanno per mestiere, infatti le mie sono impressioni di lettura. Ma vi sono fior di critici che, ugualmente, non ricevono l'interesse di un tempo.
   Allora bisogna cambiare registro? Bisogna per forza parlare di argomenti diversi dalle proposte letterarie per ricevere partecipazione? Ognuno ha la sua inclinazione o passione e cerca di esternarla come può, del resto se non ci fossero le comunicazioni letterarie, chi continua a brancolare nel buio, quando decide di acquistare un libro, non saprebbe cosa comprare o finirebbe per prenderne uno accattivante per la copertina o per la prefazione.
   Il mio è solo uno sfogo, non ci fate caso. Forse oggi, non sapendo che pesci pigliare per riempire questa pagina, ho preferito pescare da me.
   A voi la parola e che sia libera dalla retorica del caso!
   Buon inizio di settimana a tutti!

lunedì 15 settembre 2014

Impressioni di lettura

                                     L' ultimo molo

  " L'ultimo molo" di Helena Marques è un libro che giaceva da qualche tempo sulla mia scrivania, i libri si acquistano, altri si ricevono e capita che prima di essere letti passi del tempo. Sono contenta di averlo scoperto e di essermi immersa nella lettura di una storia passata che narra di una famiglia di origini italiane, i Villa, trasferitasi a Madera per volontà del nonno del personaggio chiave della vicenda. 
   L'autrice, dapprima giornalista e poi scrittrice, pur raccontando una storia imperniata sull'amore e sui sentimenti, non scivola nel melenso e ci presenta una saga famigliare che abbraccia quasi un secolo. Tutto parte da un diario di bordo ritrovato in un cassetto di una scrivania ricevuta in dono da una parente, Carlota; una scrivania che era appartenuta a Raquel, nonna della donatrice, una scrivania risalente a duecento anni prima: Raquel l'aveva ereditata da suo nonno. 
   La narratrice di questa storia si aggira per le camere della casa e osserva i ritratti dell'epoca, è pervasa dal silenzio delle camere oramai in uno stato d'abbandono e si sofferma a pensare a come doveva essere stata la vita fra quelle mura, allo sfarzo che aveva conosciuto. Carlota  le aveva narrato le storie di quella famiglia che, poi, era anche la sua d'origine; tutto era finito nel dimenticatoio, sino al ritrovamento del diario appartenuto al protagonista, Marcos, medico chirurgo su navi da guerra con destinazione Mozambico, con il compito di impedire il traffico degli schiavi. 
   A Madera la vita scorreva ordinatamente nell'ultimo quarto del diciannovesimo secolo, gli isolani erano lontani dagli avvenimenti che si succedevano nelle altri parti del mondo ed erano come in attesa che qualche evento giungesse da fuori a rompere quella monotonia, quello scandire del tempo sempre uguale. Ecco perché Marcos, nonostante amasse sua moglie Raquel che gli aveva dato due figli, spesso si offriva volontario come medico di bordo e la moglie fedelmente lo attendeva; una Penelope fiera di appartenere al suo uomo che amava. 
   In questa saga troviamo storie di altre donne facenti parte della famiglia: la zia Costanza che trascorrerà la sua vita in ricordo dell'unico amore, un marito che le aveva taciuto di essere già sposato, un uomo che nel giro di breve tempo non rivedrà più. Quella storia di bigamia divenne l'argomento preferito durante le conversazioni da salotto, poi cadde nell'oblio e Costanza visse con la tristezza stampata sul volto, ma con la fierezza di aver conosciuto l'amore e di essere scampata a quei matrimoni combinati dell'epoca. 
   Un'altra donna di nome Catarina Isabel fa parte della schiera di donne di questa saga, lei è un medico e al tempo della sua decisione di studiare medicina i suoi progetti avevano sconvolto la città, era stata infatti una donna ardita e ferma, grande amica di Benedita, figlia di Raquel e Marcos. Catarina era una ribelle che dovette imporsi per conquistarsi un posto in ospedale e per i turni di servizio, ma ebbe la sventura di ammalarsi di cancro e di seguire la sua malattia passo, passo; giunse alla morte con la consapevolezza di chi sa. 
   Al tempo vi erano anche le signorine attempate, quelle che non hanno età, coloro che per aver accudito i genitori sino alla loro morte o per una verginità persa in circostanze taciute, finivano per trascorrere la loro vita senza marito; queste erano Maria Vaz e  Marta, vecchie cugine votate a una vita austera e monacale, vecchie signorine che comparivano a casa dei parenti in tarda mattinata con la speranza di ricevere un invito a pranzo. 
   Fra tutte spicca la figura di Raquel, moglie del bel medico chirurgo, donna raffinata e paziente, amante della natura, della conduzione della casa e dell'educazione dei suoi due figli, un maschio e una femmina di nome Benedicta, così somigliante alla madre. Raquel era un irriverente con libertà di spirito e indipendenza d'opinione alimentata dal nonno che si era occupato della sua educazione, essendone morti i genitori. Raquel era agile nel ragionamento e notevole nelle lingue, passava ore a capire La Divina Commedia sulla quale faceva molte domande; ma ciò che brillava in lei era quella gioia interiore che le dava la capacità di essere felice d'ogni cosa. Era anche attraente e in vent'anni di matrimonio, nonostante il grande amore che univa la coppia, visse un rapporto tiepido che mutò in un giorno di dicembre, quando il suo Marcos tornò dopo un lungo viaggio; scoprì quella notte il piacere carnale, coinvolgendo il suo uomo che l'adorò come non mai. Tutta la famiglia s'accorse di quel legame più saldo e così romantico. Raquel successivamente diverrà un mito per tutti e aleggerà su quella famiglia in una sacralità rispettosa: lei morrà di parto nel mettere al mondo Clara, frutto di quella notte d'amore, e morrà in terra lontana in quanto nell'ultimo viaggio del suo uomo, lascerà la casa di Madera per seguire il marito che l'adorerà sino alla fine dei suoi giorni. 
   Marcos troverà conforto nella crescita della bambina che sarà seguita da una balia conosciuta in Guyana, in quel periodo felice con la moglie, una balia che porterà con sé a Madera; e troverà conforto nel lavoro sull'isola come medico in ambulatorio: egli non partirà più, nonostante gli inviti a farlo.  Marcos non si risposerà, ma riceverà dedizione amorevole da una vedova che conoscerà dopo sei anni dalla morte di sua moglie. 
   Altri personaggi ruotano attorno a questa storia, personaggi importanti vissuti alla fine dell'ottocento a Madera, isola portoghese bagnata da uno splendido mare e accarezzata da una natura rigogliosa; gente dalle origini italiane, persone coraggiose e fragili ma dotate di grande sentimento. Tre generazioni che si avvicendano in una saga familiare narrata con semplicità e forza, e con tanta seducente bellezza. 

venerdì 12 settembre 2014

Fiction

                    

   Le storie familiari in Tv riscuotono molto successo: quando vanno in onda milioni di telespettatori restano incollati al video. Vi siete mai chiesti il perché? Quelle storie potrebbero riguardare un po' tutti, quindi è come se sbirciassimo dal buco della serratura le vicende della porta accanto o del piano di sopra, ancor di più del tal dei tali che vediamo passare, ma che non abbiamo l'opportunità di conoscere a fondo. Siamo un popolo di curiosi, ciò che più ci mette in desiderata aspettativa è quel morboso interesse per i fatti altrui, quei fatti che ci tacciono per mancata conoscenza diretta o per discrezione. 
   Dio, quanto ci manda in visibilio origliare attraverso le mura, sentire quelle parole che a volte sono urlate, altre sussurrate; peccato non possedere il dono dell'ubiquità o di una vista a raggi laser, pensate un po' che tempo fa vendevano strumenti capaci di vedere attraverso le pareti. E poi ci piace anche il passa parola, quelle notizie esclusive che  non teniamo per noi, figuriamoci! Le diffondiamo e strada facendo, esse si gonfiano di particolari inesistenti per poi giungere alla fonte con una realtà diversa. 
   Ma le storie familiari trasmesse, quando sono di qualità, possiedono anche un messaggio, una morale, sono un po' come le favole che nacquero in età remota per gli adulti e non per i bambini. Al tempo quando scendeva la sera, la gente si radunava nelle stalle e nei fienili e attraverso figure simboliche ricorrenti esternava le proprie ansie interiori e le concrete paure. Non dimentichiamoci che dovevano combattere per la sopravvivenza e subivano attacchi da parte di animali selvatici, e non da ultima incombeva la minaccia della miseria e della carestia. 
   Le storie attuali sono indirizzate a un pubblico più evoluto culturalmente rispetto a quello del passato e se incuriosiscono per le vicende personali, sono utili come confronto con la nostra realtà: ci portano a trarre spunti  e a relazionarci con i personaggi della storia.
    Lo stesso messaggio ci giunge da una sana lettura, in una dimensione scelta dalla nostra capacità d'interpretazione. 
   Spesso è così: per riflettere su di noi, dobbiamo prima riflettere sul nostro prossimo!

venerdì 5 settembre 2014

C'è posta per te

                  
       
   Due coniugi sposati da circa quarant'anni, a causa del lavoro, non hanno mai fatto una vacanza; una volta ci provarono e furono costretti a rientrare a causa del decesso di un parente stretto. Essi gestiscono un supermercato a carattere familiare, due dei loro figli collaborano all'andamento del negozio e puntualmente ogni anno vanno in ferie. L'esercizio resta ugualmente aperto anche in tutto il mese di agosto: se ne occupano i due coniugi. La loro vita è stata improntata sui sacrifici e tanta determinazione per riuscire a portare avanti un lavoro che da qualche tempo produce molte preoccupazioni a rischio anche di chiusura. Per andare in vacanza non vorrebbe dire per loro recarsi in un resort a più stelle, ma accettare l'invito dei vari parenti dislocati in diverse zone d'Italia e anche all'estero. Lui mantiene la sua posizione: assolutamente occorre rifiutare i vari inviti, anche se brevi e solo di qualche giorno. E' irremovibile: oltre il negozio da seguire, c'è la casa che se affidata al terzogenito potrebbe riportare seri danni.
   La moglie riceve a casa un biglietto d'aereo per la Svizzera dove risiede un suo fratello che la invita per l'ennesima volta, non vi sono più pretesti bisogna lasciare ogni cosa e andare. Nulla, i due coniugi litigano seriamente, mai era successo in passato che giungessero a pensare ad un addio per sempre. Lei sale ugualmente su quell'aereo, è da sola, ma è determinata a non lasciarsi sopraffare dal marito, l'ha sempre fatto, ora è stanca.
   Lui a casa da solo sta male, sua moglie è tutta la sua vita e alla luce dei fatti sa che lei ha ragione, deve prendere una decisione, deve staccarsi dal lavoro e dalla casa, che i figli si assumano le loro responsabilità! Gli viene in aiuto un figlio sposato prenotandogli il volo e promettendogli di occuparsi, durante l'assenza, del negozio. Egli ha paura: non ha mai volato, invece una volta sull'aereo si rilassa e schiaccia anche un pisolino. Giunge a destinazione, a prelevarlo c'è il cognato da solo: sua moglie è ignara e, nonostante sia infuriata nei confronti del marito, sta vivendo nell'angoscia perché lui le manca. Per far in modo che la venuta del marito sia una sorpresa particolare, i parenti di lei s'inventano una situazione quasi simile alla trasmissione "c'è posta per te", prima di far entrare il coniuge le dicono che un postino l'attende con una raccomandata. Lei si reca nel portone di casa e trova la fatidica busta, è disorientata, poi appare il marito; lo accoglie con tanto calore e con una risata sfrenata: la messinscena simile alla trasmissione le ha suscitato ilarità.
   Lui trascorre tre giorni in quel di Lugano, è felice e si rilassa, sulla strada del ritorno comprende che uno stacco dalla solita routine è indispensabile.
   Sono entrambi tornati al lavoro e lui ha un aspetto sereno e ricaricato come non gli accadeva da anni, è anche più disponibile nei confronti della moglie che guarda con una nuova luce. E l'anno prossimo? Sta già pensando a una nuova vacanza.

venerdì 29 agosto 2014

Forza di volontà

                                  Foto: VOLERE E' POTERE? Un grande del passato, Michele Lessona, nella seconda metà dell'ottocento, prendendo spunto da un'opera didascalica di un autore scozzese, scrisse "Volere è potere", un libro per educare i giovani italiani alla forza di volontà. Quando si vuole, con l'impegno, gli ostacoli si superano: la forza di volontà, il desiderio portano ad accrescere le potenzialità dell'individuo e a migliorare la propria condizione. Ma in questo momento così difficile "volere è, ancora, potere"? Certamente due secoli fa non se la passavano bene, c'era tanta ignoranza e la miseria era a livelli molto bassi; e ora con l'istruzione, l'informazione, la conoscenza, volere è ancora potere? La forza di volontà è ancora un propellente per non lasciarsi abbattere dalle avversità, per non chinare il capo?

   Ho conosciuto una ragazza giovanissima che deve crescere in fretta: il suo papà altrettanto giovane è venuto a mancare da qualche mese.
   Un uomo che coltivava la passione per le idee senza paletti o costrizioni, un uomo che si occupava di una rivista indipendente, da lui fondata, e sulla quale esternava il suo libero pensiero.
   Uno scrittore e un editore che non accettava compromessi: la sua era una voce non ritoccata e impegnata in battaglie sociali.
   Egli prima di morire ha affidato alla giovane figlia l'incarico di occuparsi del giornale.
   La strada per diventare giornalista non è breve, ma in lei vive la passione per la scrittura che ha ereditato dal padre e tanta voglia di far continuare a vivere quel giornale nato per dar voce anche a chi non ne ha.
    Il dolore fa crescere in fretta e negli occhi di questa giovanissima ho letto la consapevolezza dell'impegno e la velata malinconia mista a sconcerto.
   Tanti stimano il suo papà e le daranno una mano a far in modo che il giornale continui ad esistere.    "VOLERE E' POTERE" scrisse, nella seconda metà dell'ottocento, Michele Lessona prendendo spunto da un'opera didascalica di un autore scozzese. 
   "Volere è potere" è un libro che nacque per educare i giovani italiani alla forza di volontà. 
   Quando si vuole, con l'impegno, gli ostacoli si superano: la forza di volontà, il desiderio portano ad accrescere le potenzialità dell'individuo. In questo caso l'obiettivo da raggiungere è illuminato da una stella speciale, da un puro di cuore, da un realista che combatteva a spada tratta le ingiustizie della vita e non temeva di esternare il suo pensiero, puntando il dito contro i soprusi; lo faceva con i suoi scritti e non solo. 

lunedì 21 luglio 2014

Buone vacanze

   

   Amici, è il momento di staccare la spina dalla quotidianità e il web rientra in queste consuetudini. Io, è da un po' che non dedico sufficiente tempo a questo spazio, incombenze varie non me l'hanno permesso, incombenze piacevoli: i nipotini gioia del mio cuore. 
   E' come tornare indietro nel tempo a quando ero a contatto con i bambini, con i miei pargoletti, che m'impegnavano tantissimo, ma in cambio mi donavano tenerezza e amore, lo stesso che donavo io a loro.    
 Come si fa a sopprimere un'innocente vita? Quando apprendo notizie di bimbi uccisi, violentati, assoggettati in turpi macchinazioni, o privati della loro infanzia, mi si contrae il cuore. Recenti sono i fatti in Palestina e in Israele, terra che sarebbe dovuta essere avulsa dall'odio insanguinato, la "Terra Promessa" biblica. 
    Siamo nel periodo estivo e occorre alleggerire la mente da questi tristi pensieri e cercare di ricaricarci, andando in vacanza se è possibile o semplicemente facendo altro: mare, natura, passeggiate, letture, sana convivialità familiare; il prossimo autunno dovrà trovarci in forma: ne abbiamo di situazioni dure da affrontare! 
   E speriamo che torni la pace, là dove c'è guerra; lo so, lo so che i problemi atavici non si risolvono così, con uno schioccare di dita. Di problemi ne abbiamo tanti, potremmo dire che non ci facciamo mancare nulla, ma così va il mondo: occorre guadagnarsi la sopravvivenza e questo accade fin dall'inizio dei tempi. 
Con questi presupposti, come si fa a ignorarli, vi auguro intensamente,


                 BUONE VACANZE 

martedì 8 luglio 2014

Cuore rapace

                                        

   Che torpore, la mente era eclissata quella mattina e Lidia si sentiva esausta: non aveva riposato bene e il suo volto parlava chiaro. Sarebbe voluta evadere e mettersi comoda su di un lettino di un anonimo hotel, che stanchezza e tutti che dipendevano da lei, sul posto di lavoro e a casa! Ah, il figliolo, carne della sua carne! Meraviglioso certamente, solo che a volte avrebbe voluto essere single per badare solo a se stessa, era in casa da sola e la mente navigava in strani pensieri. Si accomodò sul balconcino della cucina e accese una sigaretta, rimembrò di non aver dato le mandate alla porta d'ingresso, suo figlio glielo ricordava sempre, le aveva anche spiegato che chiunque sarebbe potuto entrare con una semplice scheda telefonica fatta scivolare fra la serratura. Ci pensò, ma volle temporeggiare: qualche minuto non sarebbe stato fatale, sarebbe andata dopo a sigillare quella porta a serratura speciale, era l'ultima sul mercato in fatto di tecnologia. Entrò e s'avviò confusamente all'uscio di casa, prese le chiavi, non servivano: la porta era perfettamente chiusa a più mandate. Le parve, poi, di scorgere un'ombra fulminea, qualcosa d'impalpabile forse partorita dalla sua mente.
   'Che stanchezza!' ripeté fra sé 'Mi faccio anche condizionare dai continui avvertimenti. Vado a farmi una doccia, forse andrà meglio e ci vedrò con più chiarezza.'
   Era in bagno, quando udì uno stridore, come un tramestio soffocato d'apertura di cassetti, il rumore  era dovuto a quel nuovo modello di tiretti che scorrono e si richiudono da soli.
   'Non è possibile,' continuò a pensare 'cosa può fare l'angoscia da mancato riposo.'
   Uscì dal bagno avvolta nell'accappatoio, andava meglio si sentiva un tantino più fresca, si sarebbe vestita di tutto punto e avrebbe fatto una capatina all'università. C'era l'esame di economia politica del suo ragazzo, voleva presenziare, magari nascosta in un angolino: era la sua passione assistere agli esami che mai l'avevano delusa. Era proprio bravo il suo Lorenzo: adorabile, diligente e tanto premuroso, mai le aveva dato problemi, anche dopo la morte del padre, quando lei s'era ritrovata a rivestire entrambi i ruoli genitoriali. Era un ragazzo anche affettuoso, sapeva come donarle tenerezza e attenzioni e lei finiva per assecondarlo, nulla di particolare, richieste tipiche dell'età giovanile. Del resto i soldi non le mancavano, la boutique rendeva bene anche in questo momento di crisi, la classe sociale danarosa continuava a frequentare il suo negozio, le griffe più importanti erano una sua esclusiva nella cittadina in cui svolgeva l'attività.
   Fece scivolare l'accappatoio e una sagoma col volto coperto si parò davanti mettendole una mano sulla bocca.
   "Taci bella signora!" disse con voce in falsetto "Gli anni ti hanno reso più bella. Apri la cassaforte e mi consegni tutto quello che hai, se vuoi puoi rivestirti." 
   Aveva consegnato tutti i suoi gioielli, anni e anni di ricordi, di eventi memorabili, di sacrifici, frutto del lavoro del suo povero marito ormai passato a miglior vita da un decennio. La boutique l'aveva messa su lui e lei aveva fatto esperienza con lui che conosceva l'arte della comunicazione commerciale. E dire che spesso suo figlio le aveva suggerito di depositare ogni oggetto in banca,  perché era stata così superficiale? Non le andava di subire rimproveri o parole del tipo: te l'avevo detto; avrebbe taciuto e sporto denuncia in segreto, l'assicurazione in seguito l'avrebbe risarcita, un bel viaggetto e i monili d'oro al bando; mai più convenne!
   Per non creare allarmismi, nonostante lo scombussolamento interiore, si recò anche ad assistere agli esami del figlio; era l'ultimo prima della laurea e sapeva che ci sarebbe stato un rinfresco a conclusione del percorso di studi. Mentre guidava, non riusciva a dimenticare lo strano tatuaggio che era spuntato da un braccio del rapinatore; era un falco dallo sguardo bieco, per fortuna suo figlio non amava tatuarsi, lei li detestava quei disegni corporali a vita.
   Entrò in aula giusto in tempo per ascoltare l'esaustiva relazione del suo virtuoso ragazzo, ne beveva ogni parola, un successo, cento dieci e lode. 'Queste sono soddisfazioni che danno un senso alla vita.' pensò 'La rapina mi ha lasciata indenne e questo è ciò che conta.'
   Erano nella saletta privata del bar del centro, un clima di festa, felicitazioni, risate e domande sulla scelta della tesi e sui progetti futuri. Lei si avvicinò per abbracciare il suo Lorenzo, ma si raggelò: il falco bieco pareva volar via per accecarla.