Ho ritrovato anche in questo romanzo lo stile di Màrai, scrittore ungherese di culto, quello stile fluido e attuale, quello stile che incatena e non lascia spazio ad interruzioni: l’abilità di Màrai sta nel destreggiarsi fra i vari registri dei personaggi che offrono un quadro fedele del contesto narrativo. Il tutto, di volta in volta, è raccontato sotto forma di monologo rivolto a un interlocutore privo di voce, un ascoltatore paziente che sta lì a raccogliere le confidenze senza interferire.
Il romanzo è stato scritto dagli inizi degli
anni quaranta e poi ripreso nell’epilogo trent’anni dopo e riguarda una vicenda
che va dagli anni venti fino all’inizio del regime comunista in Ungheria con
uno scorcio sull’America degli anni sessanta. La storia è divisa in tre parti,
la parte conclusiva è quella più moderna nel linguaggio e ci presenta un po’ la
vita statunitense degli anni in questione quando la tecnologia aveva semplificato
la vita del proletario che, ottenendo prestiti, poteva permettersi quei beni di
lusso venduti dai borghesi. La vicenda, oltre che riguardare un triangolo
amoroso: due donne si contendono lo stesso uomo, è incentrata sulla descrizione
della classe borghese vista attraverso gli occhi di due persone appartenenti al
mondo rurale ungherese.
La scena si apre in un'elegante pasticceria
di Budapest, è un pomeriggio e una donna, Marika,scorgendo il suo ex marito,
Peter, confida all’amica le vicende del suo infelice matrimonio e dell’assoluta
dipendenza dal marito, uomo austero e affidabile legato ai formalismi e alle
consuetudini. Per Marika crolleranno le certezze nei confronti del marito, quando
ritroverà nel portafogli di Peter un nastro viola accuratamente riposto; un
lembo di nastro, testimonianza di una passione bruciante per un’altra. In un
monologo ben costruito Màrai narra la vita matrimoniale dei due borghesi, la
nascita e morte del loro unico figlio, l’importante amicizia di lui con uno
scrittore che non abbandonerà questa storia fino alla fine e infine la rottura
del matrimonio.
Nella seconda parte è Peter a parlare, Màrai
offre la possibilità al lettore di apprendere la stessa storia con gli occhi
del protagonista di turno. Peter, uomo colto e raffinato, appartenente a una
ricca famiglia borghese, toccherà argomenti più profondi: ricordi di famiglia,
crisi della classe borghese soffocata da rigide convenzioni e tensioni fra le
varie classi sociali sul rapporto uomo donna; un soliloquio che si snoda in
frasi lunghe e ricercate impreziosite da eleganti metafore.
Nel terzo monologo entra in scena Judit, la
proprietaria del nastro viola, colei che farà fallire il matrimonio dei due
coniugi dell’alta società; lei la plebea poverissima che viveva con la sua
famiglia d’origine in una fossa a contatto con i topi, lei che per sopravvivere
va a servizio presso la famiglia di Peter il quale s’innamora della serva, ma
sarà una passione che nulla concederà se non con il matrimonio. Judit racconta
al suo innamorato del momento, un musicista, tutta la sua storia sin dagli
albori; racconta la vita dei signori che poi saranno suoi suoceri, descrive
ogni particolare di quell’esistenza fatta di lussi e di sprechi, di beni
materiali ma non spirituali, di divari affettivi che sfociavano nell’infelicità. La lingua nella quale si esprime Judit è
semplice, ma al tempo stesso colta e ironica, intrisa di quel sarcasmo mai
banale frutto delle sue conoscenze borghesi: Judit imparò in fretta tutto il
saper vivere.
Nell’epilogo Màrai fa parlare Ede, il
musicista, colui che dopo essere sfuggito all’AVO (famigerata polizia politica
del regime comunista ungherese) va in esilio a Roma, dove incontra Judit e vive
con lei un’intensa storia d’amore. Da lei apprende la sua storia in una notte
in cui lei si confida mettendo a nudo la sua anima; lui inizialmente credeva di
aver scordato, poi la storia si ricompone come in un puzzle e gli torna in
mente e la ripercorre ad un altro interlocutore mentre è in un bar di New York
come barman.
Le vicende di “La donna giusta”si sviluppano
dalla Budapest degli anni quaranta attraverso l’Italia fino a raggiungere gli
Stati Uniti e ripercorrono le tappe della vita dello scrittore che, per
sfuggire al detestabile comunismo ungherese, visse in esilio per il mondo.
Màrai anche in questo romanzo si cala perfettamente nei panni dei personaggi: due
donne e due uomini di estrazione sociale differente e li fa parlare con sensibilità
e chiarezza, avvincendo il lettore in ogni passaggio ben costruito e altamente particolareggiato.
Il titolo ci porta a una riflessione, il
compagno o la compagna è la persona giusta? Cosa è giusto: il sentimento o la
passione, il matrimonio o l’amore?
Una recensione davvero magnifica!
RispondiEliminaBaci, cara Annamaria.
Grazie, cara Alessandra.
Eliminaricambio in affettuosità
annamaria
Il romanzo è sicuramente interessante e scritto bene, la tua recensione è eccellente: lo presenta senza alcuna lungaggine, e questo per me è fondamentale.
RispondiEliminaTi ringrazio tantissimo, cara Mimma, per l'apprezzamento gratificante.
Eliminafelice giornata
un abbraccio
annamaria
ottima recensione, Annamaria.
RispondiEliminadi quelle che davvero incuriosiscono e nvogliano a leggere.
e poi con Màrai si va sempre sul sicuro ed è anche piacevole rileggerlo.
ciao
cri
Grazie per il giudizio positivo, cara Cristina.
EliminaCondivido con Màrai non si sbaglia: è uno scrittore di qualità.
un abbraccio
annamaria
Lieto di riaffacciarmi, di tanto in tanto, ai tuoi preziosi suggerimenti.
RispondiElimina:-)
Bentornato, caro amico. Ti ringrazio, troppo buono.
Eliminaricambio il sorriso.
annamaria
Ottima analisi.
RispondiEliminaL’amore che si mostra attraverso diverse fattezze, lo stesso sentimento narrato dai vari personaggi, visto da diverse angolazioni e scambiato per rivoluzioni o lotte di classe.
Penso che per ognuno di noi sia difficile trovare la persona giusta
esistono soltanto persone, e in ognuna c’è un pizzico di quella giusta, ma in nessuna c’è tutto quello che ci aspettiamo e speriamo.
Dolce notte
♥ vany
Giusta osservazione, cara Vany: difficile trovare la persona giusta, un ideale perfetto. Del resto perfetti non lo siamo neanche noi, allora occorre incontrarsi a metà strada per instaurare un rapporto compatibile e quando c'è l'amore si può.
EliminaGrazie, ricambio augurandoti una buona serata.
un abbraccio
annamaria
ciao Annamaria,
RispondiEliminaquesto è un libro molto particolare, la tua encomiabile recensione è esaustiva al massimo.
TADS
Sono onorata dal tuo giudizio, Tads, troppo generoso. Non sono un critico cerco di esprimere le mie modeste impressioni. Rispondo in ritardo a causa di impegni familiari lieti: è nato un terzo nipotino.
EliminaGrazie infinite, un caro saluto.
annamaria
Nessuno può dimenticare che Budapest fu la vice-capitale dell'ultimo Impero d'Europa, tutt'altro che subalterna a Vienna, anzi secondo molti storici e critici letterari altrettanto viva e dinamica sul piano culturale. E che dopo l'implosione dell'impero austroungarico (che ricorda per molti versi l'implosione dell'impero sovietico una settantina d'anni più tardi) ha mantenuto velleità di capitale purtroppo frustrate dalla storia.
RispondiEliminaNon può essere un caso che la prima scoperchiatura della mistificazione del socialismo reale (che prometteva la dittatura del proletariato e la fine dell'alienazione dell'uomo-lavoratore e invece forniva una nuova ancora più pesante schiavitù, oltre alla creazione di una casta di oligarchi di matrice assolutamente feudale) avvenne proprio a Budapest, 12 anni prima della ben più nota primavera di Praga, l'una e l'altra represse dai carri armati sovietici.
Budapest resta sempre e comunque una città intrisa di fascino e di mistero: laddove Molnar nei Ragazzi della Via Pàl e in Liliom ne ha esplorato la dimensione popolare e proletaria, Marai ci dà una visuale più ampia sospesa fra l'amore per la propria terra e la critica sociale.
Legittima, e assolutamente accattivante, la presentazione che ne fai. Che mi spingerà a rileggere questo libro e, spero, spingerà qualcun altro a leggerlo per la prima volta.
Ogni dittatura è repressiva e il passato comunismo lo è stato. Marai non approvava e per questo fu nomade da un paese all'altro. Grazie per il tuo accenno storico e per il corposo commento che arricchisce il mio post e che leggo sempre con molto piacere, e grazie per il giudizio alla mia presentazione.
EliminaBuona giornata, un affettuoso saluto.
annamaria
Cara Annamaria, complimenti per la recensione, come sempre elegante e fluida... in merito al romanzo devo dire che, per quanto io ami Marai e lo abbia letto sempre con grande piacere, proprio questo libro invece mi è parso un po' ripetitivo... rimane la scrittura eccellente naturalmente, ma confesso che io lo avrei accorciato di almeno 150 pagine!
RispondiEliminaun forte abbraccio carissima
Cara Maria, se i complimenti giungono da te, regina delle recensioni, sono molto lusingata. So quanto tu ami Marai e convengo con te: molte pagine sono ridondanti e ripetitive; ma a Marai gli si perdona tutto: lo stile è perfetto.
EliminaRicambio di cuore e corro a leggere la tua superba recensione.
affettuosità
annamaria
ho letto pochi romanzi come questo, lo confesso.. è un genere che trovo fin troppo impegnativo per la tematica che tratta e i luoghi che fanno da scenario. Tu però sei bravissima a coglierne i tratti fondamentali e a narrarcene la sintesi. Buona serata mia cara Annamaria
RispondiEliminaCara Licia, Marai è giudicato uno scrittore di culto e per appassionartene dovresti cominciare con "Le Braci" sempre di Marai.
EliminaGrazie mille, carissima, troppo buona.
Buona giornata, un caro abbraccio.
annamaria