sabato 20 dicembre 2014

Ma dire mai.

     

   Trattare un argomento d'attualità, vorrebbe dire, almeno per me, ripercorrere un sentiero doloroso: viviamo in un clima che di buono non ha quasi più nulla. Rubiamo, ammazziamo, lucriamo sui dolori, ditemi Voi se c'è qualcosa che possa essere affrontata senza incappare in questo sfacelo di valori e disumanità? Sinceramente non ricordo un periodo peggiore, ma è proprio così? 
      Gli anni settanta sono stati caratterizzati da stragi e rivolte, i famigerati "Anni di Piombo" e non solo, anche la crisi non dette tregua, scioperi dei metalmeccanici e di altre classi operaie, il periodo di ripresa precedente, ossia degli anni sessanta, attraversò un vero declino e cominciò così a farsi strada, almeno credo, il debito pubblico. All'epoca dei fatti io c'ero, ma non ricordo di aver vissuto momenti di angoscia e di sconforto, come non ricordo la famigerata crisi. Forse ero troppo giovane per aver assimilato il dramma della popolazione, come anche il terrore di un nuovo attentato: ce ne furono in varie città d'Italia e poi l'exploit delle Brigate Rosse che sequestrarono e uccisero Moro. 
      Credo che anche allora non si vivessero momenti felici, il terrorismo dilagava nel nostro Paese e non solo quello, non si navigava certamente nel benessere. Ma allora cosa c'è di diverso da quei giorni ai tempi odierni? Per me, c'è la consapevolezza attuale degli avvenimenti, il fatto che la saggezza della maturità mi porta a comprendere molte più cose di prima e poi anche perché sono seriamente preoccupata per la classe giovanile che non avendo prospettive non ha futuro. Comunque non è solo questione di lavoro e di denaro, trovo che la società attuale sia più cruenta del passato: si consumano più delitti familiari e il terrorismo al quale siamo ora abituati, ha un comportamento diverso dagli anni settanta, ora si fanno stragi di bambini in massa, all'epoca morivano anche innocenti nelle stragi, ma ora c'è proprio un accanimento verso le categorie sociali più indifese. 
   Oggi apprendere notizie è divenuto un tormento, accendere il televisore e sintonizzarsi sul canale che sta trasmettendo un notiziario, vuol dire provocare un blocco allo stomaco e allontanare il piatto, che tra l'altro non si trova dietro l'angolo o giunge a casa per donazione di qualche magnanimo vicino. Certamente mi si potrebbe dire che non vale la pena accendere la tv, bisogna dialogare, ma anche facendo conversazione si finisce inevitabilmente per parlare della quotidianità che non è sempre personale, non vorremmo essere tacciati d'insensibilità verso gli avvenimenti esterni, anche perché l'informazione è cultura.
   Cosa dovremmo fare, ignorare, cercare di sdrammatizzare, pensare al nostro recinto, oppure rimandare ai momenti di pausa l'informazione? In qualunque modo ci comportiamo, siamo talmente pregni di ciò che ci circonda che anche se fingiamo di non pensarci, portiamo stampato in faccia il clima che si respira; e dire che manca poco al Natale, simbolo per antonomasia di un'atmosfera conviviale aggregante.
   Non volevo ripercorrere un sentiero doloroso e ne sono scivolata ugualmente, difficile è costruirsi un limbo speciale, lontano da tutto e da tutti: con i mezzi attuali verrebbero a scovarci anche lì. Ma come la storia c'insegna i cambiamenti sono dietro l'angolo, ecco quella che, maturità a parte, non ho perso, è la speranza che ci sia una svolta sociale, politica e umana; anche se qualcuno pensa che non vedremo sorgere un nuovo sole, per me anche un solo piccolissimo raggio darà vita all'astro tanto atteso.  
   E con questi presupposti Vi auguro "BUON NATALE"  

venerdì 12 dicembre 2014

Sciocco buonismo!

                        

   Stiamo attraversando momenti difficili intricati da scandali, crisi dilagante con povertà anche del ceto medio e giovani disperatamente senza occupazione. Omicidi-suicidi: famiglie su famiglie annientate dal loro stesso sangue parentale. Calamità naturali che trovano appagamento su zone prive di manutenzione e 'di messa in sicurezza'; che altro ci potrà accadere? 
   Siamo alle soglie del Natale, ma mai come quest'anno avverto un senso di apatia e di distacco dallo spirito della festa. So bene che così non va bene, abbiamo bisogno di sentirci rianimati da quello spirito, le famiglie ne hanno bisogno per tornare a credere di più in loro stesse e per inculcare quei valori che stanno scomparendo a causa di una serie di motivazioni che non sempre sono imputabili al disastro politico. Il cittadino è abituato a scrollarsi di dosso le sue responsabilità, ma se fosse stato più onesto e più operativo forse non ci troveremmo in questa situazione. 
   I politici, lo sappiamo bene, sono corrotti: è il potere a scatenare il desiderio dello sfruttamento per i propri fini, ma il cittadino ha coadiuvato beneficiando di quell'abuso, come dire non vedo perché ne traggo beneficio. Mi spiego meglio, cerco di farlo nel mio piccolo. 
   Potrei citare una serie di esempi, ma ne voglio fare alcuni. E' in vigore la raccolta differenziata, i vantaggi sono notevoli se la raccolta viene eseguita con attenzione, ebbene tale raccolta funziona là dove vi sono i giorni stabiliti, ma nei comuni più estesi esistono dei contenitori appositi che non tutti sfruttano perché continuano a utilizzare il vecchio cassonetto ove gettano ogni sorta di schifezza anche inquinante: tipo medicinali, batterie e quant'altro. 
   Uffici della Regione, del Comune e della Sanità, sin dai tempi memorabili gli impiegati si assentano per sbrigare le loro faccende e tornare sul posto di lavoro quando fa loro comodo, ma non basta anche la furbata del cartellino timbrato da qualcun'altro per quei posti di lavoro che rilevano l'orario d'entrata. E che dire di tutti quei cittadini che imbrattano la loro città e le insudiciano con scritte che costano quattrini nella rimozione, per non parlare poi di quegli automobilisti che lanciano la loro immondizia dai finestrini. Ma non basta, i controlli sanitari: l'Italia è la nazione che fa più controlli rispetto alle altre nazioni, eppure nonostante ciò il produttore riesce a raggirare quei controlli che tra l'altro non possono avvenire a tappeto, e se un campo riceve sostanze altamente inquinanti i contadini che sanno, fanno finta di nulla e continuano la coltivazione mettendo in circolazione prodotti che fra le sostanze dannose contengono anche la famigerata diossina. E poi, e poi, anni e anni di mancati pagamenti di tasse che se fossero state versate non avrebbero consentito il rincaro che ora sta affossando gli italiani già poveri di loro, forse  gli stessi italiani che hanno beneficiato un tempo della mancanza di ricevuta, che si doveva fare per risparmiare. Ma la situazione continua a tutto andare e anche se ci dicono che dobbiamo farci rilasciare lo scontrino, gli esercenti che non lo rilasciano sono ancora numerosi. 
 L'italiano è noto per la sua furbizia, per la sua mancanza d'onestà, sin dai tempi degli antichi romani, ed è noto anche per la sua trascuratezza, "tanto lo farà qualcun'altro, oppure chi mi vede?" e l'italiano ha l'abitudine di parlare, straparlare ma di non agire, oppure di criticare sminuendo ogni cosa. Il Natale è alle porte spero, non posso non sperare: che ci rimane?, dicevo spero che venga fuori un tipo così forte da riportare l'onestà e la bellezza dei sentimenti, un tipo energico che ci faccia amare la nostra terra col rispetto del fare. Il cittadino va educato e il politico? Beh, il tipo che io intendo dovrà cambiare il sistema e dovrà essere molto, molto severo: il buonismo non porta da nessuna parte! 

venerdì 5 dicembre 2014

Strana coicidenza

                    
   

   "Suvvia, cosa ti costa? Dopo lo accompagni al teatro, del resto danno una bella rappresentazione. Io non ci posso andare, Sandrina ha il morbillo, mio marito ha il turno in ospedale e la tata non può fermarsi. Ti prego,  vacci tu!"
   "Va bene! Guarda, avevo un altro programma per stasera, una rilassante e divertente partitina al burraco con il solito gruppetto d'amiche. Ma... come faccio a dirti di no?" convenne rassegnata, Lucia. 
   Lo prelevò dall'aeroporto e lo condusse all'albergo per una rinfrescatina. Che tipo informale, pensò! Anche decisamente poco attraente. Tanto meglio, si disse. Non voleva complicazioni sentimentali e lei veniva fuori da una storia che ancora le bruciava. Erano trascorsi tre anni, eppure quella ferita nel cuore non si rimarginava. Forse erano gli uomini sbagliati che venivano a cercarla, dopo il matrimonio naufragato, solo delusioni e persone inizialmente esemplari che si rivelavano, poi, dei gran mascalzoni. La vita da single aveva meno complicazioni, il sesso... aveva chiuso anche con quello: c'era il lavoro, un bel lavoro di prestigio, tante gratificazioni. Gli uomini, per carità! Stop, croce: non voleva più sentirne parlare. 
  "Faccio in un attimo." disse lui ed entrò nell'Hall dell'albergo. Era una persona importante che prendeva il posto del precedente presidente. "Possiamo andare!" Lucia si sorprese: non aveva fatto in tempo a isolarsi mentalmente che già il tipo era tornato in macchina.Efficiente, molto efficiente, pensò! 
   Era in programmazione "l'Avaro di Moliére", interessante commedia e la compagnia teatrale era anche d'eccezione, quindi si prospettava una serata tutt'altro che tediosa: lei amava in particolar modo quell'autore che sapeva interpretare al meglio la psicologia dei personaggi.
   Lasciarono il teatro entusiasti e in preda ad una disquisizione sull'avidità umana e sulle nefaste conseguenze. Lui si rivelò un abile conversatore, l'ottima dialettica lo rendeva affascinante e desiderabile. Scomparve l'aspetto ordinario, il viso inespressivo nascosto da due occhialoni alla Woody Allen, passarono in secondo piano la sua statura e il fisico mingherlino: lui emanava un sex appeal irresistibile. 
   Lucia, sta attenta, non ci cascare, disse fra sé. Ma non seppe dirgli di no, quando lui le chiese di continuare la serata da qualche altra parte. Era tardi e non sapeva dove condurlo, passò dinanzi a casa sua e parcheggiò l'auto. In ascensore lei già lo desiderava, dimenticò i buoni propositi e gli lanciò sguardi invitanti. Entrarono in casa e appena chiusa la porta, lei si stupì quando lui le chiese informazioni sul dipinto di un autore sconosciuto che spiccava sulla parete d'entrata.
   Ma come? Lui non affretta i tempi, è un gentiluomo! Diceva a se stessa. Aveva la capacità di pensare e di non perdere di vista la realtà.
   Il presidente volle fare il giro della casa. Che strano interesse! Non poté fare a meno di riflettere Lucia. Lui si soffermò sui ninnoli, sulla disposizione del mobilio, notò la precisione di lei, indugiò in cucina affascinato dal nuovo modello di microonde, del quale le chiese le caratteristiche e le varie cotture. Lucia cominciò a spazientirsi e meditava di passare al contrattacco. Se lui non prende l'iniziativa, lo faccio io! Pensò
   Notò, poi, una strana espressione sul volto di lui quando posò lo sguardo sulla foto del suo ex marito. "Che c'è, lo conosce?" chiese Lucia. "Conosce il mio ex marito?"
   "Non dovrei dirlo, ma lo conosco molto bene. Mi manca tanto!" esclamò svenevole e amareggiato.
   Che delusione! Aveva mandato in malore il suo matrimonio quando scoprì la duplice sessualità del caro coniuge e ora le capitava il suo amante! E dire che aveva avuto sensi di colpa, il suo ex aveva anche negato.
   "Signor Presidente, si è fatto tardi, domani c'è consiglio d'amministrazione. La riaccompagno!" e spalancò la porta indicando l'uscita con una leggerezza nel cuore.
   
   
   

mercoledì 26 novembre 2014

Solo un paio di scarpe

   

   Il buio la circondava, la opprimeva; quella stupida convention le aveva allontanato il suo uomo. Era talmente abituata a coricarsi con lui che le sembrava insolito essere da sola; tra l'altro aveva paura del silenzio della casa: si affacciavano nella mente strani racconti, parole ascoltate e captate durante le visite alle zie single per vocazione o per mancanza d'amore.
   Un sibilo, un tramestio, ma cosa andava a pensare, persino il suo respiro le pareva qualcosa di sospetto; decise di accendere la tv, ma avrebbe dovuto cercarsi il telecomando e collegare prima la spina che sistematicamente staccava ogni mattina. Scese dal letto e si mise alla ricerca dell'oggetto sospirato, rivoltò le lenzuola, guardò sulla poltrona in damasco che aveva acquistato dall'antiquario. Che bella, pensò, bella e di valore, faceva sempre dei buoni affari: con il suo fiuto da intenditrice riusciva a portarsi a casa oggetti di qualità e a un prezzo conveniente.
   Oramai che era in piedi si chinò per terra e guardò sotto il letto, quanta polvere, allora la domestica non puliva le parti nascoste, si disse. Pazienza doveva cercare lo stesso, temeva che fosse andato a finire fra i piedini delle reti dei materassi. Prese una torcia e scrutò, s'infilò sotto il letto quando vide due scarpe più in là, erano da uomo: attraverso lo spiraglio di luce individuava solo quelle. Oddio allora non aveva fantasticato, non si era lasciata trasportare dalla paura sciocca della casa vuota: lì c'era un uomo che l'avrebbe presa, malmenata e poi stuprata, magari sarebbe pure morta ammazzata dalla bieca spietatezza dell'uomo senza volto al quale, per ora, gli attribuiva solo un paio di scarpe.
   Scarpe di qualità, di stile inglese e di bella fattura, sicuramente un prodotto artigianale: quello sconosciuto si era intrufolato in casa sua non per estorcerle denaro, ma con il preciso scopo di farla soffrire e poi violentarla. Ma cosa gli aveva fatto? Quindi lo conosceva, un attimo... forse un suo paziente esasperato dai rapporti stanchi con la moglie, ma certo quel tipo che non riusciva ad avere un amplesso decente: era un frustrato che aveva in testa il tarlo della competizione da quando la sua donna gli aveva detto che il suo ex faceva meglio l'amore. Eppure credeva di averlo guarito da quel complesso. Un giorno era tornato da lei felice: la notte prima era stata un successo e sua moglie gli aveva dato un dieci e lode. Ma allora non era vero, si era inventato tutto per non continuare la terapia con lei, sessuologa per vocazione. Aveva scelto quella professione sin dal primo anno d'università, quando vide, attraverso la fessura della porta, sua madre che piangeva e suo padre che le diceva di non valere nulla come donna, urlandole: "Sei una frigida!"
   Rimase lì sotto immobile con le sue congetture e non discostava lo sguardo da quel paio di scarpe, ma come mai non si muovevano, erano sempre nella stessa posizione, oh signor che faccio ora, si disse? Perché Umberto l'aveva lasciata in casa da sola, perché non le aveva chiesto di andare con lui? Del resto la convention capitava nel fine settimana e lei non apriva lo studio, a volte, neanche di venerdì pomeriggio. Forse il suo uomo aveva inventato tutto per farsi un weekend con la sua amante, magari una ragazza giovane che aveva conosciuto in ateneo, lui era un docente fra i più giovani e stimati, ed era anche un uomo di fascino che aveva rivolto gli occhi su di lei innamorata persa del professore già da un bel tempo. Sto invecchiando, pensò, ho quarant'anni e comincio a notare qualche segno d'espressione, il mio corpo non è più turgido come quello di una ragazza e Umberto se non mi ama più, sta notando i miei cambiamenti. Però quelle scarpe sono sempre lì, che faccio, devo prendere una decisione, si disse: non posso restare qua sotto in eterno, tra l'altro sono anche stanca e comincio ad aver freddo.
   Si guardò attorno e vide una piccola asta, ma si era quella che le era sfuggita qualche giorno prima, mentre cercava di recuperare una gonna posizionata nella parte alta del guardaroba. Le piaceva indossare gonne, a Umberto piacevano le sue gambe, diceva che si era innamorato prima di quelle. Umberto, Umberto, dove sei, perché hai deciso di tradirmi? Mi avrai sulla coscienza!
   "Amore, sono tornato, c'è uno sciopero all'aeroporto. Ma guarda, ho lasciato qui le mie scarpe preferite!"

lunedì 24 novembre 2014

Ammirazione

         
 

   Il fascino è solo nell'esteriorità? Moltissime volte è stato affrontato quest'argomento, ma nonostante il già detto oggi mi va di scrivere sull'interiorità, sul fascino che conquista per ragioni diverse dall'aspetto esteriore destinato a deteriorarsi.
 
   Il fascino della cultura, di una professione di spicco, del talento, della parola, del carattere, dell'umorismo, dell'ironia, sono doti eccelse che non temono il trascorrere del tempo anzi, migliorano con la saggezza dell'esperienza. Ecco... il corpo invecchia, ma la mente se ben custodita acquisisce più bellezza.
 

   La cultura si apprende per forza di cose e s'impara anche per vocazione: occorre conoscere erudizioni per far parte di un mondo civilizzato, l'alfabetismo è sempre più un ricordo, uno scomodo ricordo. La cultura di base serve a sopravvivere e non possiede fascino, mentre la cultura profonda acquisita per passione e impegno ammalia e attrae se l'acculturato possiede anche il dono dell'umiltà: è insopportabile l'ostentazione sotto forma di esibizionismo.
 

   Il fascino della professione, di quelle professioni di tutto rispetto e anche di quelle degne di nota con quell'aura luminosa avvolgente. Immaginiamo un direttore d'orchestra sul podio di un teatro, anche fosse un uomo insignificante, lì con la bacchetta in mano, durante la guida e la coordinazione dei musicisti, acquista il fascino dell'atmosfera e del prestigio. E che dire di un chirurgo durante una lezione d'anatomia chirurgica, anch'egli attrae per l'abilità delle sue mani che delicatamente sezionano e aprono orizzonti affascinanti per gli allievi e futuri medici.
 

   L'arte oratoria incatena le folle, le attrae;  pensiamo a un abile presentatore che sia di piazza o televisivo, sfruttando le sue doti comunicative affascina più del suo aspetto. Sono abili oratori i paladini, si fa per dire, della giustizia: un'arringa avvincente non passa inosservata, un'oratoria se ben costruita anche essendo a braccio ha il potere di concentrare l'attenzione, non sull'aspetto dell'oratore ma sull'abilità che giunge dalla sua capacità interiore.


   L'umorismo e l'ironia vanno a braccetto e sono doti che conquistano gli ascoltatori, difficile restare indifferente a quell'umorismo di classe condito da gradevole ironia. Ma non solo anche gli scrittori adoperano l'ironia per affondare la penna in situazioni delicate: il velato condito da locuzioni piacevoli ha più effetto della cruda verità.
 

   Il talento è una dote naturale, chi lo possiede ha di suo un fascino irresistibile quando il talento è ben sfruttato. L'osservatore conquistato dal talento avrà occhi solo per quella capacità unica e speciale. Ma al talento serve la passione, l'impegno costante, affinché il suo talento dia frutti: le doti naturali vanno coltivate e non lasciate perire dall'inerzia deleteria.
 

   Ci si può innamorare di una persona che sprigiona fascino dalla sua interiorità? Certamente si e quel sentimento perdura se l'aspetto interiore ha un valore aggiunto, quello della modestia. Ma quando la consapevolezza d'essere superiori si vanta dei propri meriti, umiliando chi ha occhi per quella superiorità, il sentimento è destinato a soccombere e l'ammirazione a trasformarsi in dispregio.
 

   Interiorità, ossia aspetto interiore, non appare a prima acchito, ma quando si manifesta a chi sente particolare attrazione per quel genere d'aspetto è qualcosa di magico al quale è difficile resistere. Se poi dovessero incontrarsi le affinità elettive, secondo Johann Goethe, vi sarebbe il connubio perfetto: corpo e anima.

giovedì 13 novembre 2014

Un tuffo nel cuore

                   

   E' una mattinata buia, la pioggia insistente tamburella sui vetri sempre più grondanti d'acqua. Il rumore dapprima sordo diviene poi insistente e l'atmosfera domestica pare amalgamarsi con quella esterna, creando una piacevole sensazione di rilassamento. E' il momento per pensare, per isolarsi da ogni cosa; è il momento per lasciare spazio alle riflessioni, ai ricordi; è il momento per sciogliere le briglie a quei neuroni stanchi di ricevere impulsi, a volte, dettati dalle regole. E tutto rimbalza, si ripercuote, trasporta, apre porte chiuse dal tempo mostrando un mondo che ora appare incantevole, un mondo che si vorrebbe riavere ma che all'epoca non entusiasmava: si ha la capacità di sentirsi inadeguati con quel desiderio di voler vivere una diversità che non ci appartiene. Un tuffo nel passato, quindi, in quel passato dal quale si voleva fuggire e che ora si mostra con occhi diversi, gli occhi della lucidità nata dall'esperienza.
   Perché non sappiamo cogliere il presente come un fiore odoroso? Perché non siamo in grado di vivere in pienezza quei momenti irripetibili nati con noi e dei quali ne perdiamo l'importanza a causa della nostra immaturità o voglia di crescere, di fare esperienze e di voler dimostrare che siamo autonomi e molto più bravi di chi ha già fatto quel percorso da noi intrapreso. Non sempre quel presente è permeato di bellezza, di sentimenti autentici, di amore assoluto e incondizionato, ma quando questi sentimenti veri li riceviamo in abbondanza e li sentiamo come un peso, allora è che non siamo stati in grado di dar valore a quei momenti lontani e irripetibili.
   Da dove nascono queste considerazioni? Forse da una constatazione che il mondo si ripropone sempre uguale e che nonostante cambi la musica, gli stimoli, tutto torna e forse vorremmo che fossero risparmiati dalle stesse riflessioni e ripensamenti le persone care che poi vivranno la nostalgia del tempo andato, proprio come capita adesso a noi. Difficile farlo comprendere in quanto anche noi al tempo eravamo riluttanti all'ascolto e avevamo occhi oltre il nostro confine: il nostro recinto, in definitiva, era per noi privo di bellezza. Ma la saggezza è frutto sempre di esperienze accumulate, di tempo su tempo che scorre lentamente e che vede andar via quelle persone alle quali vorremmo dire: "E' come dicevi tu. Ora so che è proprio come tante volte mi avevi spiegato. Adoro ciò che mi apparteneva. Era adorabile l'esistenza con te!" Solo per un attimo si vorrebbe calpestare quel recinto per accarezzarne l'erba, la nostra erba da prato rustico, un po' spartano, ma con tanta clorofilla che ossigenava il cuore.   
   La pioggia ha smesso di tamburellare sui vetri, il cielo si sta rischiarando e il sole filtra attraverso le persiane spalancate, anche la mente si sta rischiarando, i neuroni hanno vagato e ritornano a fare il loro dovere, quello della consapevolezza delle cose, lasciando da parte i rimuginamenti e la malinconia, cattiva compagna d'inizio giornata. I pensieri ora  si fanno più dolci e lasciano spazio alle attenuanti della formazione e del desiderio di voler staccare quel lembo di sinapsi emozionale. Se la vita si ripete, una ragione deve esserci, e in natura è altrettanto: la maturità è un processo lento!       

martedì 4 novembre 2014

Riflessioni di lettura

Ripropongo questo romanzo di un autore annoverato fra i massimi scrittori del novecento.              


                               
   

   Lo scrittore ungherese Sàndor Màrai, annoverato fra i grandi maestri della narrativa mitteleuropea, disapprovava il sistema politico del suo paese e per libera scelta girovagò da uno stato all'altro. Inizialmente si trasferì in Germania e in Francia, in seguito, con l'avvento del comunismo nella sua terra, si stabilì dapprima in Italia, presso Napoli, e, poi, definitivamente negli Stati Uniti dove ottenne la cittadinanza. I suoi libri furono banditi dall'Ungheria per molti anni e tornano oggi ad avere il giusto riconoscimento.
    Il romanzo "Le braci" scritto nel 1942 è stato pubblicato dall'Adelphi nel 1998 e tratta il tema della passione umana che continua ad ardere come le braci sotto la cenere. Nel titolo di questo romanzo è racchiuso il filo portante della storia, una vicenda che porterà il lettore sino alla fine in un crescendo di tensioni.
   
   La storia ruota attorno ad un vecchio generale, Henrik, che vive in un castello ungherese in compagnia della sua vecchia tata, l'unica sopravvissuta negli anni; la sua balia lo conosce meglio di chiunque altro e continua a vivere come se il suo compito non fosse ancora terminato. L'altro personaggio è Konrad, amico d'infanzia del generale, entrambi covano nel cuore una brace che non si spegne, un segreto mai affrontato: la passione per la stessa donna, moglie del generale. Essi dopo aver tanto vissuto insieme il periodo giovanile e condiviso emozioni, crescita e vari percorsi, si separano improvvisamente per un periodo lunghissimo e  si ritroveranno dopo quarantuno anni per un confronto sulla memoria, come se fossero vissuti in attesa di quel momento. Un incontro, quindi, necessario: le braci della passione non si sono ancora spente ed esigono un chiarimento.
   “Non credi anche tu che il significato della vita sia semplicemente la passione che un giorno invade il nostro cuore, la nostra anima e il nostro corpo e che, qualunque cosa accada, continua a bruciare in eterno, fino alla morte? E non credi che non saremo vissuti invano, poiché abbiamo provato questa passione? E a questo punto mi chiedo: la passione è veramente così profonda, così malvagia, così grandiosa, così inumana?"
     Il generale ripercorre minuziosamente attimo per attimo i momenti che hanno preceduto l'allontanamento inspiegabile del suo amico. Narra che tutto cominciò durante una battuta di caccia in cui scoprì di esserne il bersaglio e che proprio Konrad, l'amico fidato, avrebbe voluto ucciderlo. Successivamente all'accaduto un'altra rivelazione fece sprofondare Henrik nello sconcerto totale: la presunta infedeltà della cara moglie Krisztina che divideva con lui anche i pensieri del suo diario personale, una persona al di sopra di ogni sospetto per trasparenza e moralità. Le risposte che al tempo avrebbe voluto, non ebbero voce: l'amico partì per l'Oriente e lui, per i pensieri angosciosi che lo affliggevano, preferì trasferirsi lo stesso giorno nel suo casino di caccia che divenne l'abitazione permanente. La moglie continuò a vivere da sola nel castello dove morì dopo un decennio, ma non lo cercò mai; lui arroccato nel suo risentimento fece altrettanto. 
   Il romanzo, dopo aver introdotto il lettore nella vicenda, è incentrato tutto sull'incontro: un monologo di Henrik che rivolge domande all'amico, il quale con il suo tacito assenso fornirà quel chiarimento atteso.
   
   Màrai è un fiume in piena di parole che sgorgano dalla sua penna come una cascata inarrestabile: i particolari e le ricche sfumature rendono la narrazione pregevole; pagine e pagine ruotano intorno allo stesso concetto incatenando il lettore senza mai stancarlo.