Trattare un argomento d'attualità, vorrebbe dire, almeno per me, ripercorrere un sentiero doloroso: viviamo in un clima che di buono non ha quasi più nulla. Rubiamo, ammazziamo, lucriamo sui dolori, ditemi Voi se c'è qualcosa che possa essere affrontata senza incappare in questo sfacelo di valori e disumanità? Sinceramente non ricordo un periodo peggiore, ma è proprio così?
Gli anni settanta sono stati caratterizzati da stragi e rivolte, i famigerati "Anni di Piombo" e non solo, anche la crisi non dette tregua, scioperi dei metalmeccanici e di altre classi operaie, il periodo di ripresa precedente, ossia degli anni sessanta, attraversò un vero declino e cominciò così a farsi strada, almeno credo, il debito pubblico. All'epoca dei fatti io c'ero, ma non ricordo di aver vissuto momenti di angoscia e di sconforto, come non ricordo la famigerata crisi. Forse ero troppo giovane per aver assimilato il dramma della popolazione, come anche il terrore di un nuovo attentato: ce ne furono in varie città d'Italia e poi l'exploit delle Brigate Rosse che sequestrarono e uccisero Moro.
Credo che anche allora non si vivessero momenti felici, il terrorismo dilagava nel nostro Paese e non solo quello, non si navigava certamente nel benessere. Ma allora cosa c'è di diverso da quei giorni ai tempi odierni? Per me, c'è la consapevolezza attuale degli avvenimenti, il fatto che la saggezza della maturità mi porta a comprendere molte più cose di prima e poi anche perché sono seriamente preoccupata per la classe giovanile che non avendo prospettive non ha futuro. Comunque non è solo questione di lavoro e di denaro, trovo che la società attuale sia più cruenta del passato: si consumano più delitti familiari e il terrorismo al quale siamo ora abituati, ha un comportamento diverso dagli anni settanta, ora si fanno stragi di bambini in massa, all'epoca morivano anche innocenti nelle stragi, ma ora c'è proprio un accanimento verso le categorie sociali più indifese.
Oggi apprendere notizie è divenuto un tormento, accendere il televisore e sintonizzarsi sul canale che sta trasmettendo un notiziario, vuol dire provocare un blocco allo stomaco e allontanare il piatto, che tra l'altro non si trova dietro l'angolo o giunge a casa per donazione di qualche magnanimo vicino. Certamente mi si potrebbe dire che non vale la pena accendere la tv, bisogna dialogare, ma anche facendo conversazione si finisce inevitabilmente per parlare della quotidianità che non è sempre personale, non vorremmo essere tacciati d'insensibilità verso gli avvenimenti esterni, anche perché l'informazione è cultura.
Cosa dovremmo fare, ignorare, cercare di sdrammatizzare, pensare al nostro recinto, oppure rimandare ai momenti di pausa l'informazione? In qualunque modo ci comportiamo, siamo talmente pregni di ciò che ci circonda che anche se fingiamo di non pensarci, portiamo stampato in faccia il clima che si respira; e dire che manca poco al Natale, simbolo per antonomasia di un'atmosfera conviviale aggregante.
Non volevo ripercorrere un sentiero doloroso e ne sono scivolata ugualmente, difficile è costruirsi un limbo speciale, lontano da tutto e da tutti: con i mezzi attuali verrebbero a scovarci anche lì. Ma come la storia c'insegna i cambiamenti sono dietro l'angolo, ecco quella che, maturità a parte, non ho perso, è la speranza che ci sia una svolta sociale, politica e umana; anche se qualcuno pensa che non vedremo sorgere un nuovo sole, per me anche un solo piccolissimo raggio darà vita all'astro tanto atteso.
E con questi presupposti Vi auguro "BUON NATALE"