giovedì 1 giugno 2017

Una vita vera (capitolo sette)


  
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   “Di là c’è un tipo che devi conoscere!” esclamò Mimma alla vista dell’amica che le porgeva il vassoio. “Che mi hai portato? Non era il caso.”
   “E’ solo una torta alla ricotta e cioccolato.”  aggiunse, Marilena.
   “No, sei tu!” esclamò la ragazza, dopo essere entrata in soggiorno.“Ci siamo lasciati qualche ora fa.”
   “Vi conoscete già!” constatò Mimma.
   “In biblioteca, devi sapere che lui è il lettore più assiduo. E tu com’è che lo conosci?”
   Cominciò così quella serata a tre, le vite s’incrociano e per strani meccanismi fa incontrare persone che indirettamente avevano percorso strade uguali, Marilena ne era il punto focale.
    Fulvio si rivelò un ottimo conversatore dall’ironia garbata e divertente, un intrattenitore loquace e coinvolgente. Confidò alle due ragazze le sue aspirazioni. Parlò del desiderio di aprire e gestire un museo imponente, ove esporre opere dimenticate e abbandonate, opere di artisti noti e meno conosciuti. Sarebbe andato alla ricerca di queste preziosità artistiche che per incuria, pigrizia e disinteresse giacevano in luoghi remoti.
   “Dovete sapere che l’Italia è ricca di patrimoni artistici lasciati a un destino di abbandono e giacciono sepolti dalla polvere che ne corrode la bellezza. Io smuoverò cielo e terra, dopo la specialistica mi farò in quattro per portarli alla luce e darne il giusto riconoscimento; andrò dalla gente che conta, dovranno ascoltarmi!”
   “E’ un bel progetto.” rispose Marilena “Se vuoi ci sto anch’io, potrò darti una mano e poi frequento la stessa università, come ben sai, e guarda caso sono iscritta al medesimo corso di perfezionamento, te ne ho parlato all’ora di pranzo. Per cui se ti va, potrei darti una mano.”
   “Ragazzi, ci sono anch’io!” esclamò Mimma “Frequento la stessa specialistica, siamo tutti e tre amanti dell’arte, e poi più siamo meglio è!”
Finirono la serata conversando del più e del meno e consumarono la cena intorno al tavolino da salotto, inginocchiati sul pavimento, un po’ alla giapponese; si raccontarono le loro vite, i loro percorsi, scherzarono narrando aneddoti familiari e intonarono canzoni melodiche dei loro cantanti preferiti in un clima ameno e rilassante.
   “Oh, ragazzi, s’è fatto tardi, domani si ricomincia e dobbiamo darci sotto, se vogliamo realizzare il nostro progetto!” disse Marilena che tornò con i piedi per terra, dopo aver guardato l’orologio che segnava la mezzanotte.
   Salutarono Mimma e stavano per scendere l’unica rampa di scala, quando suonò il cellulare di Marilena con la scritta anonimo, lei si turbò e fece squillare a lungo il telefono: sembrava paralizzata. Fulvio comprese il suo timore: “Vedi un po’ chi è, non ti mangia mica.”
   “Pronto, pronto.” rispose in preda all’ansia che non riusciva a spiegarsi.
   Sentì un respiro lieve, null’altro e poi cadde la comunicazione; lei si guardò intorno come se quella telefonata fosse stata una minaccia.
   Gli amici la rincuorarono, le dissero che poi in fin dei conti non era accaduto nulla di strano, magari l’anonimo aveva sbagliato numero, s’era accorto dell’errore e aveva preferito chiudere la comunicazione per non dare spiegazioni, anche perché a questo mondo i maleducati si comportano così, precisò Mimma dicendole che una bella dormita avrebbe dissolto ogni pensiero.
   “Grazie, amica cara, ma vedi ho come la sensazione che qualcuno non di mia conoscenza voglia disturbarmi; ora è tardi, ma domani sera vi aspetto entrambi da me e vi racconto. Ci vediamo per una cenetta a base di pizza, sotto casa c’è una pizzeria molto invitante che fa pizze da asporto.”

  “Che non diventi un’abitudine!” esclamò Fulvio sorridendo e strizzando l’occhio a entrambe. 

  (continua)

2 commenti:

  1. Un romanzo - ormai lo chiamerei così - bello e sempre più avvincente, molto fluido anche.
    Un sorriso per te.

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    1. Grazie, per l'apprezzamento, ti auguro un buon week end.
      Un abbraccio
      Annamaria

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