Il bagliore della luce mattutina, che filtra goloso dalle imposte socchiuse, mi riporta indietro nel tempo a quei pomeriggi estivi vissuti nella quiete della casa di mia nonna; un’abitazione senza pretese situata in un vicolo di paese, luogo dei ricordi che emergono struggenti e nostalgici di un passato senza ritorno. Giorni avviluppati da affetto ricambiato e mai banale. Occhi adolescenziali dalla curiosità ostinata che esigeva risposte sempre più particolareggiate.
Una nonna giuliva e paziente, una nonna dal volto ameno e rilassante, una donna dall’aspetto semplice e tenero che irradiava amore. Un’intesa profonda fra me e mia nonna che continua a vivere nei miei pensieri e affiora, quando un flash mi riporta piacevolmente a quei giorni trascorsi con lei, a quei momenti.
Era una gioia per me trascorrere le settimane estive con lei che aveva sempre una risposta esauriente alla mia insaziabile voglia di sapere. Ogni suo gesto richiamava la mia attenzione ed io mi beavo di starle accanto, di comprendere il suo vissuto e di apprendere il suo passato per me glorioso. Non dimentico il tenero amore che nutriva per mio nonno, che attendeva trepidante mattina e sera come una fanciulla al primo appuntamento. Vive in me quel sentimento che credo pochi hanno conosciuto. Il suo indugiare dinanzi alla finestra, il suo spiare veloce e poi il tornare sui suoi passi frettolosa; rimestare la minestra, assaggiarla, accomodare la sedia ben diritta sotto il tavolo, controllare che non mancasse niente in tavola e poi nuovamente alla finestra, e sentirmi dire con enfasi: “Tuo nonno sta arrivando!” e poi accoglierlo con letizia, sfilargli la giacca candida e appenderla accuratamente all’uomo morto in ferro battuto; sedergli accanto, dopo avergli servito la pietanza fumante e … pendere dalle sue labbra.
Osservo il mio frigo e torno col pensiero a mia nonna che possedeva una sola mensola a cielo aperto, un davanzale all’ombra ove riponeva il latte di giornata acquistato per me e qualche ortaggio per il brodo vegetale, il cui profumo si diffondeva come una prelibatezza, ed è quella pietanza che ricordo più delle altre: la cura nella preparazione, il modo di porgere e di assaporare facevano di quella minestra un piatto prelibato.
I pomeriggi assolati ci vedevano insieme a chiacchierare, che delizia quelle confidenze, nonna - nipote, quel parlottio sommesso per non disturbare il quieto sonnellino del nonno, e poi il premio settimanale, la visione all’unico cinema del paese del film in programmazione, un film per tutti, divertente o struggente, ma sempre con una morale.
Ricordo, nonna, il tuo scaffale incassato nel muro con i libri allineati, i romanzi corposi, quei tomi dalle copertine consunte che avevano visto altri proprietari: era un passa mano del sapere, uno scambio di letteratura, di storie, di amore per la lettura. Cara nonna sapevi solo leggere e scrivere, ma amavi leggere i romanzi importanti e passavi i pomeriggi, durante l’attesa del ritorno del nonno, allo sgabello in cucina col romanzo fra le mani, del quale poi mi raccontavi la storia, aggiungendo particolari divertenti e interessanti.
Non ho mai visto i tuoi occhi spenti, rassegnati, apatici, stanchi, tu vivevi in nome dell’amore per la vita e per la famiglia. Avevi subito due guerre, varie vicissitudini eppure … non avevi perso l’entusiasmo per le cose, e anche nelle ristrettezze trovavi il bello della vita, tanto da trasformare una privazione in una gioia.
Ora sono qui a dirti grazie nonna: non mi hai riempito di smancerie da palcoscenico, ma mi hai dato tanto di più che vive ancora in me!