BUON
A TUTTI!
Vi sono giorni in cui si cerca l’idea, un incipit che faccia fluire le parole, ciò che conta è dare vita ai propri pensieri, vederli materia viva che appaghi e plachi quel desiderio di scrittura.
Mentre batto i tasti in questa ricerca, scatta in me un ricordo che si fa strada, è un ricordo lontano, forse banale, ma ora così importante.
Ero un’acerba ragazzina con tanta voglia di crescere, di vedere il mio corpo con le stesse fattezze delle signore adulte: loro per me erano il raggiungimento dell’importanza, del ruolo considerato. Scrutavo i miei cambiamenti ed avevo una strana inquietudine, non stavo bene nel mio guscio, attendevo come una crisalide di lasciare il bozzolo per spiccare il volo ed avere voce. Ero stanca di udire: “Sei solo una bambina, dopo capirai!” Quante volte quel reiteramento amorevole era stato pronunciato, sottolineato, accentuato; l’unica certezza che avevo, era quella di dover crescere per acquisire prestigio e voce, “voce in capitolo”.
I genitori, i parenti e gli amici di famiglia erano sempre solidali fra loro, complici di un mondo che non mi apparteneva ed io ne spiavo con desiderio il loro conversare, i loro sorrisi, il loro raccontarsi in segreto: c’era un confine invalicabile ed era lì che sarei voluta entrare. Desideravo essere protagonista fra gli adulti, per ricevere maggiori attenzioni da chi poco mi considerava: per loro il mio pensiero non suscitava interesse. A volte coglievo dei sorrisi di accondiscendenza circostanziale ed era quella che più mi faceva soffrire, sembrava volessero dirmi – lasciaci in pace! Non ero una bambina, mi urtava quella parola, allora spiavo il mio volto e facevo delle smorfie; occhietti furbi, pose femminili da conquistatrice, tutto scaturiva dalle movenze che avevo imparato dagli adulti osservandoli, e intanto l’insofferenza cresceva.
“Zia, quando avrò anch’io il seno?” chiesi una mattina a colei che molto spesso ci faceva visita. “Arriverà il tuo tempo, come per tutte.”mi rispose sorridendomi. Io credevo, invece, che sarei rimasta sempre piatta e che la natura si fosse dimenticata di me.
Com'è difficile quel passaggio, quell’essere né da una parte, né dall’altra; quel sentirsi inadeguati nel proprio corpo, quella tempesta che sconvolge e non ti porta in nessun luogo, lasciandoti in mare aperto senza un approdo. L’attesa è così, è una sofferenza, è un tempo che non scorre come fosse addormentato su morbidi guanciali; poi all’improvviso, come una folata inattesa, passano le ore, i giorni, gli anni e ci si volge indietro, facendo considerazioni con il presente. In seguito le situazioni saranno diverse e di altra natura, ma anche le passate esperienze avevano il loro peso: tutto è in rapporto all’età. I problemi adolescenziali sono ugualmente significativi e non vanno mai ignorati: da essi dipende l’adulto del domani!
Il bagliore della luce mattutina, che filtra goloso dalle imposte socchiuse, mi riporta indietro nel tempo a quei pomeriggi estivi vissuti nella quiete della casa di mia nonna; un’abitazione senza pretese situata in un vicolo di paese, luogo dei ricordi che emergono struggenti e nostalgici di un passato senza ritorno. Giorni avviluppati da affetto ricambiato e mai banale. Occhi adolescenziali dalla curiosità ostinata che esigeva risposte sempre più particolareggiate.
Una nonna giuliva e paziente, una nonna dal volto ameno e rilassante, una donna dall’aspetto semplice e tenero che irradiava amore. Un’intesa profonda fra me e mia nonna che continua a vivere nei miei pensieri e affiora, quando un flash mi riporta piacevolmente a quei giorni trascorsi con lei, a quei momenti.
Era una gioia per me trascorrere le settimane estive con lei che aveva sempre una risposta esauriente alla mia insaziabile voglia di sapere. Ogni suo gesto richiamava la mia attenzione ed io mi beavo di starle accanto, di comprendere il suo vissuto e di apprendere il suo passato per me glorioso. Non dimentico il tenero amore che nutriva per mio nonno, che attendeva trepidante mattina e sera come una fanciulla al primo appuntamento. Vive in me quel sentimento che credo pochi hanno conosciuto. Il suo indugiare dinanzi alla finestra, il suo spiare veloce e poi il tornare sui suoi passi frettolosa; rimestare la minestra, assaggiarla, accomodare la sedia ben diritta sotto il tavolo, controllare che non mancasse niente in tavola e poi nuovamente alla finestra, e sentirmi dire con enfasi: “Tuo nonno sta arrivando!” e poi accoglierlo con letizia, sfilargli la giacca candida e appenderla accuratamente all’uomo morto in ferro battuto; sedergli accanto, dopo avergli servito la pietanza fumante e … pendere dalle sue labbra.
Osservo il mio frigo e torno col pensiero a mia nonna che possedeva una sola mensola a cielo aperto, un davanzale all’ombra ove riponeva il latte di giornata acquistato per me e qualche ortaggio per il brodo vegetale, il cui profumo si diffondeva come una prelibatezza, ed è quella pietanza che ricordo più delle altre: la cura nella preparazione, il modo di porgere e di assaporare facevano di quella minestra un piatto prelibato.
I pomeriggi assolati ci vedevano insieme a chiacchierare, che delizia quelle confidenze, nonna - nipote, quel parlottio sommesso per non disturbare il quieto sonnellino del nonno, e poi il premio settimanale, la visione all’unico cinema del paese del film in programmazione, un film per tutti, divertente o struggente, ma sempre con una morale.
Ricordo, nonna, il tuo scaffale incassato nel muro con i libri allineati, i romanzi corposi, quei tomi dalle copertine consunte che avevano visto altri proprietari: era un passa mano del sapere, uno scambio di letteratura, di storie, di amore per la lettura. Cara nonna sapevi solo leggere e scrivere, ma amavi leggere i romanzi importanti e passavi i pomeriggi, durante l’attesa del ritorno del nonno, allo sgabello in cucina col romanzo fra le mani, del quale poi mi raccontavi la storia, aggiungendo particolari divertenti e interessanti.
Non ho mai visto i tuoi occhi spenti, rassegnati, apatici, stanchi, tu vivevi in nome dell’amore per la vita e per la famiglia. Avevi subito due guerre, varie vicissitudini eppure … non avevi perso l’entusiasmo per le cose, e anche nelle ristrettezze trovavi il bello della vita, tanto da trasformare una privazione in una gioia.
Ora sono qui a dirti grazie nonna: non mi hai riempito di smancerie da palcoscenico, ma mi hai dato tanto di più che vive ancora in me!
“Meglio agitarsi nel dubbio che riposare nell’errore!” Citazione importante di Alessandro Manzoni che mette in luce gli aspetti del dubbio, chi non ne ha non possiede gli strumenti per mettere in discussione una verità e si adagia nell’ottusità.
La conoscenza porta alla cogitazione, alla ricerca cavillosa della veridicità, al desiderio del sapere. L’uomo interessato dubiterà delle sue e altrui riflessioni: quanto più nascerà il dubbio, tanto più troverà le risposte. Colui che accetta ogni verità non cogliendone le differenze, vivrà per alcuni versi un’esistenza sbagliata non solo per se stesso, ma anche per gli altri: il suo operato potrebbe essere negativo e ricadere sul prossimo.
Immaginiamo una qualunque professione, se il dubbio non sorge negli animi di coloro che si approcciano di volta in volta, il miglioramento non avviene e si continua a offrire un lavoro scadente e poco creativo. Chi dà per certo ciò che pratica e non va alla ricerca del perfezionamento, continuerà a percorrere le strade dell’errore.
Quanti errori commettiamo, quante superficialità, quante imprecisioni? Se non nasce il dubbio, continueremo a errare in ogni campo. Purtroppo l’ignoranza chiude la mente alle sollecitazioni e il refolo prezioso non è percepito dalle menti dormienti, ma vi sono anche menti saccenti che non vengono sfiorate dal dubbio: le loro certezze sono inconfutabili. Ebbene anche questo è un errore: è come riposare sotto coltri tappezzate di damasco ma imbottite di paglia.
Chi dubita, analizza le situazioni, compie indagini e ricerche approfondite: la sua agitazione sarà prolifica e benefica per l'umanità, oltre che per se stesso. Il ricercatore del vero dubita delle false illusioni che gli sbarrano la strada: non si lascia abbindolare e scava nel profondo. Quindi per approdare alla verità occorre dubitare, ma al tempo stesso non mettere in discussione il dubbio stesso che ha generato l’opinabile!