Tutti noi vorremmo
esistesse un posto appartato dove far riemergere il nostro passato, un posto in
cui le occasioni perdute si ripresentano sotto forma di una veste insolita da
scegliere o rifiutare. Un ristorante, un menu che non prevede la lista delle
pietanze, ma quella delle nostre occasioni perdute, quelle che non abbiamo saputo
cogliere. Un’idea geniale quella di Antonella Boralevi, scrittrice, conduttrice
e autrice di programmi televisivi, un’idea che conquista sin dalle prime pagine
di questo romanzo scritto con sapiente coinvolgimento, in definitiva un libro
che si legge tutto d’un fiato.
La protagonista,
Mirella, è una donna che porta con sé molti interrogativi, una persona schiva
alla ricerca della felicità che i punti oscuri della sua vita non le hanno
permesso di ottenere. Mirella è in contrasto anche col suo nome, avrebbe voluto
chiamarsi Cosima, secondo lei, nome più autorevole che forse le avrebbe fatto guadagnare
il rispetto e la forza di fare la scelta giusta. Mirella è per lei sinonimo di
debolezza, di personalità scialba; un nome, in definitiva, troppo melenso per
ricevere attenzione. E con quel marchio di un nome sciocco, sin dall’infanzia
ha vissuto situazioni di disagio e di condizionamenti che non la lasceranno anche
da adulta, portandola sulla strada delle scelte subite, come se fosse il suo
nome privo di carattere a prendere il sopravvento.
Mirella è figlia
unica di una coppia di genitori molto belli che curano il loro aspetto e la
loro vita mondana dimenticandosi della figlia, la quale vive spiandoli e
desiderando quelle coccole che tutti i bambini aspettano. L’educazione della
piccola è affidata a una istitutrice tedesca che la segue nel suo percorso
formativo; in seguito sarà la nonna a occuparsi di lei: i genitori si allontano
spesso e amano viaggiare .
Mirella avrebbe
voluto essere abbracciata dalla madre e dal padre del quale è innamorata, e per
entrare nella vita dei suoi genitori li spia di nascosto attraverso una porta
semiaccostata: una stanza matrimoniale ha i suoi segreti che non saranno più
tali per la piccolina di solo sei anni. A sedici anni perderà i genitori che
periranno in un incidente d’auto e al capezzale del padre, che si trova fra la
vita e la morte, Mirella non ha il coraggio di esternare tutto il suo amore a
quel genitore che venera più d’ogni cosa.
Il percorso di
studi intrapreso si rivela quello non appropriato alle sue inclinazioni e non
giungerà mai al traguardo della laurea. All’età di soli ventidue anni si
ritrova anche sposa di un giovane che vedeva in lei, non la donna della sua
vita ma la madre futura dei suoi figli: decadendo questa possibilità da parte
di lei, il matrimonio s’interrompe. Mirella all’inizio della sua vita coniugale,
durante una festa, conosce il vero piacere sessuale con un ragazzo occasionale
del quale volutamente perderà le tracce: non lo cercherà più e cestinerà il suo
numero telefonico, forse fra le tante avrebbe potuto essere lui l’occasione
perduta?
Mirella ha ora più di quarant'anni, l’età in cui la vita è ancora da vivere, le scelte giuste potrebbero farle
ottenere la felicità rincorsa e dare risposte agli interrogativi sempre presenti. E quale migliore opportunità,
l’intimità di un locale parigino dall’ambiente retro ove si materializzano le
occasioni perdute e danno vita a una disamina del passato, ad una sorta di catarsi
che, scavando in se stessa, la porta a far chiarezza: l’occasione presente foriera di felicità è da cogliere, gettando alle spalle il passato ancora ingombrante.
Le Mirelle sono
tante, potremmo essere noi: a tutti capita di pensare se avessimo preso quel
treno, se avessimo colto quell’opportunità, se fossimo stati diversi. Ecco
questo è un libro che potrebbe riguardare anche noi con i nostri sogni, i
nostri rimpianti, le nostre opportunità perdute!
Certo che sì, le Mirelle siamo tante e ognuno di noi ha la sua bottega delle occasioni perdute. Penso, però, che sia inutile, se non dannoso, ripensarle in continuazione. Piuttosto costruire attorno e davanti ad esse. Indietro non si torna.
RispondiEliminaScrive bene la Boralevi? Mi succede che quando inquadro una persona per uno specifico settore, come per la Boralevi-conduttrice televisiva, poi fatico a riconoscere un nuovo segmento. Insomma, non mi sono ancora decisa a leggere la Boralevi scrittrice.
Anch'io non conoscevo la Boralevi scrittrice, val la pena leggerla: ha una scrittura accattivante e scorrevole. La protagonista non riesce a liberarsi del suo passato e solo scavando in esso potrà gettarlo alle spalle per ricominciare. Molti di noi non lo fanno e vivono di rimpianti.
RispondiEliminaGrazie, buona serata, carissima.
un abbraccio
annamaria
ciao Annamaria,
RispondiEliminaAntonella Boralevi è una buona penna, anche se tutto quello scrive e pensa è fortemente condizionato dal suo aver vissuto a Parigi, è una frequentatrice di salotti "in" e quindi conosce molto bene i profili psicologici femminili dell'alta società.
Il nome è importante, condiziona, questa è una verità, ricordo il film di Verdone "viaggi di nozze", quando Jessica e Ivano sono sul bordo di una piscina e lei dice di volere una figlia, una figlia da chiamare semplicemente Maria, un messaggio profondo.
Bravissima come sempre
TADS
Grazie mille per l'elogio. E' vero la Boralevi è un'ottima penna, il libro l'ho letto in brevissimo tempo, solo tre giorni, e tra l'altro non faccio solo quello. La scrittura è fluida e non stanca, doti importanti per chi vuole farsi leggere.
EliminaBuona giornata.
affettuosità
annamaria
Una bellissima recensione, cara amica!
RispondiEliminaUn bacio grande*
Grazie, cara, felice giornata.
Eliminacon affetto
annamaria